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Reato di evasione: anche 30 minuti sono reato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione per il reato di evasione. Una persona in detenzione domiciliare era stata trovata in una sala giochi 30 minuti oltre l’orario consentito. Secondo la Suprema Corte, né la breve durata dell’assenza, né le “ragioni ludiche” possono escludere il reato, poiché l’allontanamento non autorizzato dal luogo di detenzione integra di per sé la fattispecie criminosa.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reato di Evasione: Anche 30 Minuti Fuori Casa per Giocare sono Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33775/2025, ha ribadito la severità con cui la legge considera il reato di evasione, anche quando l’allontanamento dal luogo di detenzione domiciliare è di breve durata e motivato da ragioni apparentemente futili. Questa decisione annulla un’assoluzione del Tribunale di Brescia, stabilendo che un ritardo di 30 minuti per giocare alle slot machine integra pienamente il delitto.

I Fatti del Caso: Un Ritardo di 30 Minuti

Il caso riguarda una persona sottoposta alla pena sostitutiva della detenzione domiciliare, la quale aveva ottenuto l’autorizzazione ad allontanarsi dalla propria abitazione in determinate fasce orarie. Le forze dell’ordine l’hanno sorpresa all’interno di una sala giochi, intenta a giocare alle slot machine, circa 30 minuti dopo l’orario in cui avrebbe dovuto fare rientro. La sala giochi si trovava a circa 2 chilometri di distanza dalla sua abitazione.

La Decisione del Tribunale: Una Condotta “Inoffensiva”

In primo grado, il Tribunale di Brescia aveva assolto l’imputata. I giudici avevano ritenuto la sua condotta inoffensiva, valorizzando tre elementi principali:

1. La durata trascurabile: il ritardo di soli 30 minuti era stato considerato un arco temporale minimo.
2. La breve distanza: la prossimità del luogo del controllo (2 km) all’abitazione.
3. Le “ragioni ludiche”: il fatto che l’allontanamento fosse motivato dal semplice desiderio di giocare, e non da intenti criminali, era stato interpretato come un fattore che diminuiva la gravità del comportamento.

Di fronte a questa decisione, il Procuratore Generale ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la piena sussistenza del reato.

Il reato di evasione secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. La motivazione del Tribunale è stata giudicata “manifestamente illogica” e in violazione dell’art. 385 del codice penale.

La Durata e la Distanza non Escludono il Reato

Contrariamente a quanto stabilito dal giudice di primo grado, la Cassazione ha chiarito che un ritardo di 30 minuti non può essere considerato minimale. Un aspetto cruciale è che l’imputata è stata fermata mentre era ancora nella sala giochi, non mentre stava rientrando a casa. Questo rende impossibile determinare per quanto tempo si sarebbe protratta la sua assenza se le forze dell’ordine non fossero intervenute. Inoltre, anche la distanza di 2 km è stata ritenuta un elemento che, anziché attenuare, dimostra l’offensività della condotta, non potendosi considerare “immediata vicinanza”.

L’Irrilevanza delle “Ragioni Ludiche”

Il punto centrale della decisione della Cassazione riguarda la motivazione dell’allontanamento. I giudici hanno affermato che la cosiddetta “ragione ludica” è del tutto irrilevante ai fini della configurazione del reato. Il delitto di evasione si perfeziona con il semplice mancato rientro nel luogo di detenzione all’orario stabilito. Non ha alcuna importanza se la persona si allontani per commettere altri reati o, come in questo caso, semplicemente per svago. L’interesse protetto dalla norma è il potere di vigilanza e controllo dell’autorità giudiziaria, che viene compromesso da qualsiasi allontanamento non autorizzato.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che la condotta dell’imputata rientrava appieno nella fattispecie incriminatrice astratta prevista dall’art. 385 c.p. e presentava la tipica offensività richiesta dalla norma. Il Tribunale ha errato nel ritenere inoffensiva una violazione che, nei fatti, ha sottratto la persona al controllo cui era sottoposta. Il mancato rientro nel luogo di detenzione integra il reato a prescindere dal fatto che la condotta sia o meno sorretta dall’intento di commettere altre attività illecite. La violazione delle prescrizioni imposte con la detenzione domiciliare è sufficiente, da sola, a ledere il bene giuridico tutelato.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sulla rigidità delle misure alternative alla detenzione. La detenzione domiciliare, pur essendo una pena meno afflittiva del carcere, impone obblighi precisi che non ammettono deroghe, neanche se ritenute di lieve entità. Qualsiasi allontanamento al di fuori degli orari e delle modalità autorizzate costituisce reato di evasione, indipendentemente dalla durata, dalla distanza o dalle motivazioni personali. Questa pronuncia chiarisce che il principio di offensività non può essere utilizzato per svuotare di significato le norme che disciplinano l’esecuzione della pena.

Un breve ritardo nel rientrare a casa durante la detenzione domiciliare costituisce reato di evasione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, anche un ritardo di 30 minuti integra il reato di evasione. La durata dell’allontanamento non autorizzato non esclude l’offensività della condotta, soprattutto perché è impossibile sapere per quanto tempo la persona si sarebbe trattenuta fuori se non fosse stata fermata.

Se mi allontano per motivi non illeciti, come giocare in una sala giochi, commetto comunque evasione?
Sì. La sentenza chiarisce che le “ragioni ludiche” o qualsiasi altro motivo non legato alla commissione di ulteriori reati sono del tutto irrilevanti. Il reato consiste nel semplice mancato rispetto delle prescrizioni sulla detenzione, a prescindere dall’intento della persona.

La distanza dall’abitazione influisce sulla valutazione del reato di evasione?
Sì, ma nel senso di rafforzare l’accusa. La Corte ha ritenuto che trovarsi a 2 km di distanza non fosse una “immediata vicinanza” e costituisse un ulteriore elemento a dimostrazione dell’offensività della condotta, confermando la sussistenza del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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