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Reati tributari: il confine con la truffa aggravata

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un Pubblico Ministero, confermando l’annullamento di un sequestro preventivo. Il caso riguardava una frode fiscale per ottenere rimborsi indebiti tramite dichiarazioni fraudolente. La Corte ha stabilito che, in assenza di un profitto ulteriore e diverso dalla mera evasione fiscale, si applica la normativa speciale sui reati tributari e non quella generale sulla truffa. Poiché gli importi contestati erano al di sotto delle soglie di punibilità previste dalla legge tributaria, il sequestro è stato ritenuto illegittimo per mancanza del ‘fumus commissi delicti’.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reati Tributari e Truffa: La Cassazione Traccia il Confine Definitivo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30539 del 2025, offre un chiarimento fondamentale sul confine tra i reati tributari e la truffa aggravata ai danni dello Stato. La decisione, che conferma l’annullamento di un sequestro preventivo, ribadisce il consolidato principio di specialità, secondo cui le norme specifiche sui reati fiscali prevalgono sulla fattispecie generale della truffa, a meno che la condotta non produca un vantaggio illecito ulteriore rispetto alla semplice evasione d’imposta.

I Fatti del Caso: Un Sequestro Annullato

Il caso trae origine da un’indagine su un’ampia frode fiscale. Un contribuente era accusato di aver presentato due modelli 730 per gli anni 2016 e 2017, indicando crediti d’imposta inesistenti per ottenere rimborsi non dovuti per circa 4.000 euro. Questa condotta si inseriva in un presunto schema organizzato che coinvolgeva centinaia di dichiarazioni fraudolente, tutte studiate per rimanere sotto la soglia di controllo dell’Agenzia delle Entrate.
Il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro preventivo della somma ritenuta profitto del reato. Tuttavia, il Tribunale del Riesame, in accoglimento della difesa, aveva annullato tale provvedimento.

La Riqualificazione del Fatto da Parte del Tribunale del Riesame

Il Tribunale ha riqualificato il fatto da truffa aggravata a dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. 74/2000). Secondo i giudici, la condotta si era esaurita nella mera indicazione di dati falsi nella dichiarazione dei redditi, senza la presenza di ‘ulteriori artifici o raggiri’ che potessero configurare il più grave reato di truffa. Poiché gli importi evasi erano inferiori alle soglie di punibilità previste dalla normativa sui reati tributari, il Tribunale ha concluso per l’insussistenza del fumus commissi delicti, facendo così venir meno il presupposto per il sequestro.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il Ruolo degli Artifici

Il Pubblico Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente ignorato le condotte decettive ‘ulteriori’ che caratterizzavano il caso. Tra queste, la creazione di falsi profili di operatori CAF, l’uso di sedi fittizie e di identità digitali false. Secondo l’accusa, queste attività organizzate dimostravano un disegno criminoso più ampio, finalizzato non solo all’evasione, ma anche all’arricchimento di un’intera struttura criminale, configurando così il reato di truffa.

Le motivazioni della Suprema Corte: Il Principio di Specialità nei Reati Tributari

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, allineandosi pienamente alla decisione del Tribunale del Riesame. Richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 1235/2011), i giudici hanno ribadito il principio di specialità che governa i rapporti tra reati tributari e truffa. Secondo tale principio, qualsiasi condotta fraudolenta finalizzata all’evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno della normativa tributaria speciale. Il reato di truffa può concorrere solo se dalla condotta deriva un profitto ‘ulteriore e diverso’ rispetto al mero risparmio d’imposta, come l’ottenimento di pubbliche erogazioni non collegate a un rimborso fiscale. Nel caso di specie, la Corte ha osservato che tutte le attività fraudolente descritte dall’accusa (falsi CAF, false credenziali) erano meramente strumentali alla presentazione delle dichiarazioni infedeli. Esse non costituivano artifici autonomi, ma erano parte integrante dell’unica condotta finalizzata a ottenere l’indebito rimborso. Di conseguenza, il fatto ricade interamente nell’alveo dei reati tributari.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale. La linea di demarcazione è netta: se gli artifici e raggiri sono esclusivamente funzionali a presentare una dichiarazione falsa per evadere le imposte o ottenere rimborsi indebiti, si applicano le norme speciali sui reati tributari. Per configurare il più grave reato di truffa, è necessario che la condotta fraudolenta sia diretta a ottenere un vantaggio patrimoniale distinto e ulteriore rispetto al solo debito/credito fiscale. Questa pronuncia offre quindi un’importante guida per distinguere le fattispecie e determina l’applicazione o meno delle relative soglie di punibilità, con conseguenze dirette sulla legittimità di misure cautelari come il sequestro.

Quando una dichiarazione fiscale fraudolenta costituisce reato di truffa aggravata e non un semplice reato tributario?
Secondo la Corte, si configura il reato di truffa aggravata solo quando dalla condotta deriva un profitto ulteriore e diverso rispetto alla mera evasione fiscale, come l’ottenimento di pubbliche erogazioni non fiscali. Se la condotta è finalizzata unicamente a ottenere un indebito rimborso o a non versare le imposte, si applica la normativa speciale sui reati tributari.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che le complesse attività fraudolente (creazione di falsi profili, false sedi CAF) non configurassero il reato di truffa?
Perché tali attività, sebbene complesse e organizzate, sono state considerate strumentali e funzionali esclusivamente alla presentazione delle dichiarazioni fiscali infedeli. Non costituivano artifici e raggiri autonomi, ma erano parte integrante del meccanismo per ottenere l’indebito rimborso, venendo così assorbite dalla fattispecie speciale del reato tributario.

Qual è il ‘principio di specialità’ applicato in questo caso tra reati tributari e truffa?
Il principio di specialità stabilisce che quando una stessa condotta è regolata sia da una norma generale (la truffa) sia da una norma speciale (i reati tributari), prevale quest’ultima. Pertanto, una condotta fraudolenta diretta all’evasione fiscale è punita secondo le leggi tributarie, a meno che non produca un profitto illecito aggiuntivo e di natura diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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