Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 45816 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 45816 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Battipaglia il 25/10/1993
avverso l’ordinanza del 03/04/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 3 aprile 2024, e depositata l’8 aprile 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta avverso il decreto penale di condanna m emesso nei confronti di NOME COGNOME per il delitto di cui agli artt. 4, commi 1 e 4-bis, legge n. 401 del 1989.
Il Tribunale ha ritenuto che l’istanza, volta a ottenere la rateizzazione della somma di denaro dovuta in base al decreto penale di condanna, non potesse trovare accoglimento in considerazione delle condizioni economiche dell’imputato e dei suoi familiari, in quanto soggetti ritenuti, sulla base dei dati esposti nell’informativa della Guardia di Finanza dell’il gennaio 2024, «percettori di elevati redditi, nonché titolari di beni immobili e beni mobili registrati».
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo.
Con il motivo, si denuncia vizio di motivazione per travisamento della prova, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla quantificazione del reddito del nucleo familiare dell’imputato, presupposto sulla cui base ha negato il beneficio della rateizzazione.
Si deduce che il Giudice per le indagini preliminari ha errato nel ritenere, sulla base dell’informativa della Guardia di Finanza dell’Il gennaio 2024, che l’attuale ricorrente e i suoi familiari risultano percettori di elevati redditi, in quanto: a) reddito di NOME COGNOME (padre dell’imputato) è indicato al suo valore lordo; b) i beni immobili di NOME COGNOME (madre dell’imputato) sono riferibili solo per una minima parte alla stessa, specificamente la proprietà in INDIRIZZO di -Battipaglia solo per 1/9, e il terreno in Viggiano (di 3000 mq) solo per 2/9; c) le società di NOME COGNOME non hanno né producono reddito, non essendo più operative da tempo. Si osserva che, valutando le effettive condizioni economiche dell’imputato e del suo nucleo familiare, e attuando la volontà del legislatore, che mira ad incentivare l’utilizzo dello strumento del decreto penale di condanna a fini deflattivi del contenzioso, il Giudice avrebbe dovuto concedere la rateizzazione richiesta, conforme alla previsione di cui all’art. 133-ter cod. pen., richiamato dall’art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Il provvedimento impugnato non appartiene alla tipologia dei provvedimenti impugnabili, salvo che per abnormità, non dedotta, però, nel caso di specie, sicché l’impugnazione proposta avverso di esso è inammissibile a norma dell’art. 591, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.
Va premesso che il provvedimento impugnato – adottato in conseguenza di dichiarazione di opposizione a,decreto penale di condanna con la quale si chiedeva,
nell’interesse dell’imputato, la rateizzazione del pagamento dell’importo fissato in tale decreto – ha rigettato l’istanza di rateizzazione appena precisata e disposto procedersi nei confronti dell’imputato nelle forme del giudizio immediato.
Ciò posto, va rilevato, innanzitutto, che nessuna disposizione di legge prevede l’impugnabilità del provvedimento il quale, a seguito di opposizione avverso decreto penale di condanna, ordina procedersi con giudizio immediato nei confronti dell’imputato opponente. Proprio muovendo da questa premessa normativa, infatti, l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità ritiene che il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna sia inoppugnabile, salvo i casi di abnormità (cfr., per tutte, Sez. 4, n. 47373 del 25/09/2008, COGNOME, Rv. 242764 – 01), e che, di conseguenza, non sia impugnabile neppure il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna adottato sul presupposto, rivelatosi erroneo, dell’irreperibilità dell’imputato (così Sez. 3, n. 16786 del 28/02/2013, Barenbruch, Rv. 255093 – 01).
Va poi evidenziato che nessuna disposizione di legge prevede che il giudice che ha emesso il decreto penale possa successivamente modificare detto provvedimento al fine di disporre la rateizzazione del pagamento della pena pecuniaria inflitta. Invero, il legislatore contempla l’ipotesi della modificabilità del decreto penale esclusivamente nel caso di richiesta di applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 56-bis legge n. 689 del 1981. Inoltre, la giurisprudenza ha già precisato che, anche nel caso di decreto penale di condanna, il provvedimento di rateizzazione della pena pecuniaria è attribuito alla competenza del magistrato di sorveglianza dall’art. 660, comma 3, cod. proc. pen. (così Sez. 1, n. 22780 del 12/05/2009, COGNOME, Rv. 243955 – 01, pronunciatasi in relazione a conflitto negativo di competenza tra il magistrato di sorveglianza e il G.i.p. che aveva emesso il decreto penale di condanna).
Né, in generale, può ritenersi impugnabile un provvedimento che rigetta un’istanza diretta ad ottenere una pronuncia del giudice fuori dei casi previsti dalla legge e in relazione al quale l’ordinamento non prefigura alcun rimedio, posto il principio di tipicità dei mezzi di impugnazione di cui all’art. 568 cod. proc. pen.
Peraltro, appare utile precisare che l’inoppugnabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza di rateizzazione del pagamento della pena pecuniaria inflitta con il decreto penale, quando la stessa è proposta in sede di opposizione a quest’ultimo, non determina l’assenza di qualunque tutela per l’interessato.
In primo luogo, infatti, la richiesta di rateizzazione può essere senz’altro proposta nel giudizio conseguente all’opposizione. E questo in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza che, con riferimento all’ordinanza di rigetto della domanda di oblazione presentata in sede di opposizione a decreto i
penale di condanna, da un lato, ne esclude l’autonoma impugnabilità per l’assenza della previsione di rimedi impugnatori avverso la stessa, e, dall’altro, però, precisa che eventuali vizi di essa possono essere denunciati con l’impugnazione della sentenza che definisce il giudizio di opposizione (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 35550 del 26/04/2017, COGNOME, Rv. 271137 – 01, e Sez. 3, n. 23605 del 23/03/2001, COGNOME, Rv. 218935 – 01).
In secondo luogo, poi, come si è già rilevato, il destinatario del decreto penale che intende ottenere la rateizzazione può anche limitarsi a far maturare l’inoppugnabilità di tale provvedimento e rivolgersi quindi al magistrato di sorveglianza a norma dell’art. 660 cod. proc. pen. In particolare, può richiamarsi la disposizione di cui al comma 3, secondo periodo, dell’art. 660 cit., nel testo vigente dopo la riforma recata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150; detta disposizione, infatti, precisa espressamente: «L’ordine di esecuzione contiene inoltre l’avviso al condannato che, quando non è già stato disposto nella sentenza o del decreto di condanna, entro venti giorni, può depositare presso la segreteria del pubblico ministero istanza di pagamento rateale della pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 133-ter del codice penale».
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso l’11/09/2024.