Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 42837 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 42837 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato in Ecuador il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 08/11/2023 della Corte di appello di Torino, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Novara, emessa il 18 gennaio 2023, che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia in relazione al reato di rapina impropria.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto come rapina impropria anziché come furto aggravato.
La Corte non avrebbe considerato che, nel momento in cui il ricorrente aveva esercitato la violenza sui vigilanti, l’azione delittuosa si era esaurita, avendo egli già restituito alla persona offesa il portafogli sottrattole con destrezza all’interno di un supermercato.
Per tale ragione, l’imputato avrebbe potuto allontanarsi senza attendere l’arrivo delle forze dell’ordine e gli addetti alla vigilanza non avrebbero potuto trattenerlo, non vertendosi in un caso di arresto obbligatorio ad opera del privato, la cui condotta, pertanto, sarebbe scriminata ai sensi dell’art. 52 cod.pen. quale legittima difesa;
violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’omessa concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, il ricorrente avendo compiuto atti meramente difensivi e restituito il bene sottratto alla vittima.
Si dà atto che nell’interesse del ricorrente sono stati depositati motivi nuovi, con i quali è stato chiesto di ritenere il fatto di lieve entità alla luce della sentenza del Corte costituzionale n. 86 del 13 maggio 2024, emessa dopo la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto per motivi nel complesso infondati, deve essere rigettato.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorso non tiene conto della circostanza decisiva, sottolineata dalla Corte di appello, secondo cui l’imputato e la sua complice rimasta ignota, avevano esercitato violenza fisica nei confronti degli addetti alla vigilanza del supermercato, subito dopo la sottrazione del portafoglio di una cliente e nello stesso contesto spazio-temporale.
La violenza fisica, esercitata in combutta dai due correi, era consistita in spinte ed anche in una gomitata inferta ad uno dei vigilanti, finalizzata ad assicurare non il possesso del bene sottratto (che era stato restituito) ma l’impunità che, in effetti, la complice del ricorrente era riuscita ad ottenere.
Pertanto, risulta corretta la qualificazione giuridica del fatto come rapina impropria.
La pacifica giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, ritiene che in tema di rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi finanche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa ed in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità (Sez. 2, n. 43764 del 04/10/2013, COGNOME, Rv. 257310, n. 30127 del 2009, rv. 24481, n. 40421 del 2012, rv. 254171).
1 Quanto al secondo motivo, vero è che la sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 13 maggio 2024, impone oggi di valutare la possibilità di ritenere sussistente la circostanza della lieve entità del fatto anche per il reato di rapina.
Tuttavia, nella sentenza impugnata si rinvengono elementi per ritenere che i giudici di merito abbiano ritenuto il fatto non di lieve entità, dal momento che hanno negato la circostanza attenuante della speciale tenuità del fatto ai sensi dell’art. 62, comma 1, n. 4 cod.pen., sottolineando la non lieve offesa procurata alle vittime (una delle quali di anni 78, con consequenziale contestazione dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3quinquies cod. pen.) e, cioè, mettendo a fuoco l’esistenza di uno dei parametri di valutazione indicati dalla Corte costituzionale nella motivazione della sentenza citata ai fini della decisione di interesse (dalla motivazione di quella decisione: “mette conto ribadire quanto già osservato nella sentenza n. 120 del 2023 a proposito dell’estorsione, cioè che gli indici dell’attenuante di lieve entità del fatto – estemporaneità della condotta, scarsità dell’offesa personale alla vittima, esiguità del valore sottratto, assenza di profili organizzativi – garantiscono che la riduzione della pena «sia riservata alle ipotesi di lesività davvero minima, per una condotta che pur sempre incide sulla libertà di autodeterminazione della persona»; punto 7.9. del considerato in diritto). Tanto assorbe il contenuto dei motivi nuovi.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 16.10.2024.
NOME COGNOME GLYPH
NOME COGNOME