Rapina impropria: la Cassazione traccia il confine con il furto
Capire la differenza tra furto e rapina è fondamentale nel diritto penale, ma la distinzione diventa ancora più sottile quando si parla di rapina impropria. Questo reato si verifica quando la violenza non precede la sottrazione del bene, ma la segue immediatamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22171/2024) ha ribadito un principio chiave per distinguere le due fattispecie, chiarendo come la continuità temporale tra il furto e la successiva violenza sia l’elemento decisivo.
I fatti di causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona che, dopo aver commesso un furto all’interno di un grande negozio di elettronica, ha usato violenza nei confronti del personale del punto vendita. L’aggressione è avvenuta nel tentativo di garantirsi la fuga e, di conseguenza, l’impunità per la sottrazione appena commessa. La difesa dell’imputata aveva presentato ricorso in Cassazione, chiedendo che il reato venisse riqualificato come semplice furto, sostenendo che le due azioni (sottrazione e violenza) non fossero sufficientemente collegate per configurare la più grave ipotesi di rapina.
La decisione della Cassazione sulla rapina impropria
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della qualificazione giuridica operata dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che il ricorso era manifestamente infondato, in quanto basato su un’errata interpretazione della norma e dei principi giurisprudenziali consolidati in materia.
Le motivazioni: il nesso tra furto e violenza nella rapina impropria
Il cuore della decisione risiede nell’analisi del legame tra la condotta di sottrazione e l’uso successivo della violenza. La Corte ha spiegato che per la configurazione della rapina impropria è sufficiente che tra i due momenti non intercorra un arco temporale tale da interrompere l’unitarietà dell’azione criminale. In altre parole, se la violenza viene esercitata in una fase immediatamente successiva al furto, come parte di un unico piano volto a impedire al derubato di recuperare i beni o ad assicurare la propria impunità, il reato commesso è quello di rapina impropria.
Nel caso specifico, la violenza contro il personale del negozio era stata posta in essere proprio per finalizzare il progetto criminoso: non solo appropriarsi dei beni, ma anche allontanarsi senza conseguenze. Le due condotte, furto e aggressione, si sono succedute “senza soluzione di continuità”, integrando così tutti gli elementi del reato più grave. La Corte ha richiamato precedenti pronunce conformi, consolidando un orientamento giurisprudenziale chiaro e univoco.
Conclusioni e implicazioni pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio di diritto di notevole importanza pratica. La qualificazione di un fatto come furto aggravato dalla violenza o come rapina impropria ha conseguenze significative in termini di pena. Questa decisione chiarisce che l’elemento distintivo non è la sequenza formale delle azioni, ma la loro connessione finalistica e temporale. Chiunque utilizzi violenza o minaccia, anche dopo aver sottratto un bene, per assicurarsi il profitto del reato o l’impunità, commette il reato di rapina. La sentenza, pertanto, serve da monito: la violenza successiva a un furto, se contestuale e funzionale a esso, trasforma l’illecito in un crimine ben più grave, con un trattamento sanzionatorio decisamente più severo.
Quando un furto si trasforma in rapina impropria?
Un furto si trasforma in rapina impropria quando, immediatamente dopo la sottrazione del bene, l’autore usa violenza o minaccia contro una persona per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, oppure per garantirsi l’impunità.
È necessario un lungo intervallo di tempo tra il furto e la violenza per escludere la rapina impropria?
No, al contrario. La Corte di Cassazione ha specificato che la rapina impropria si configura proprio quando non intercorre un arco temporale significativo tra la sottrazione e l’uso della violenza, in modo da non interrompere l’unitarietà dell’azione criminosa.
Qual è stata la decisione finale della Corte e quali sono state le conseguenze per la ricorrente?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, confermando la qualificazione del fatto come rapina impropria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22171 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22171 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TORTONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che l’unico motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di furto, è manifestamente infondato; la Corte di merito ha fatto corretto uso del principio di diritto secondo cui per la perfezione del reato di rapina impropria è sufficiente che, come nel caso di specie, tra la condotta di sottrazione e l’uso della violenza o della minaccia non intercorra un arco temporale tale da interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità (cfr. Sez. 7, Ordinanza n. 34056 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 273617- 01; Sez. 2, n. 2111 del 17/11/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata). Applicando tale prospettiva interpretativa, condivisa dal Collegio, alla fattispecie concreta in esame, non appare revocabile in dubbio la correttezza della qualificazione giuridica operata dalla Corte territoriale, deliberazione fondata sul fatto che le condotte di sottrazione ed uso della violenza si sono succedute senza soluzione di continuità e che l’aggressione del personale del centro Euronics è stata posta in essere per conseguire l’impunità per l’indebita sottrazione (pag. 5 della sentenza impugnata).
osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in RoTa, il 23 aprile 2024 Il GLYPH ig1/e i Estensore GLYPH
Il Pr ‘dente