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Querela via PEC: quando è valida la firma digitale?

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di improcedibilità, stabilendo la piena validità di una querela via PEC. Se l’avvocato, munito di procura speciale, invia l’atto dalla propria PEC e lo firma digitalmente, si considera autenticata la firma del cliente, garantendo la sicura provenienza dell’atto e applicando il principio del ‘favor querelae’.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela via PEC: La Cassazione ne conferma la validità con la firma digitale dell’avvocato

La presentazione di una querela via PEC è diventata una prassi consolidata, ma quali sono i requisiti che ne garantiscono la piena validità? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 44984/2024, fa luce su un punto cruciale: il valore della firma digitale dell’avvocato nell’autenticare la sottoscrizione del proprio cliente. Questo intervento chiarisce i dubbi procedurali e riafferma l’importanza del principio del favor querelae, volto a tutelare il diritto della persona offesa.

I Fatti del Caso: Una Querela Dichiarata Improcedibile

Tutto ha origine da un procedimento per lesioni colpose. Il Giudice di Pace, in prima istanza, aveva dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela. Secondo il giudice, la firma della persona offesa apposta sull’atto di querela non era stata autenticata dal difensore, rendendo l’atto invalido. Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la procedura seguita fosse, in realtà, pienamente conforme alla legge.

L’Analisi della Corte: I Requisiti di una valida querela via PEC

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ribaltando la decisione del Giudice di Pace. L’analisi dei giudici supremi si è concentrata sulle modalità concrete di presentazione della querela. L’atto, sottoscritto dalla persona offesa, era stato inviato tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) dal suo avvocato di fiducia. Elementi determinanti sono stati:

* La nomina contestuale: L’atto di querela conteneva anche la nomina del legale quale difensore di fiducia e procuratore speciale.
* L’invio tramite PEC del difensore: L’email certificata proveniva dall’indirizzo PEC del legale nominato.
* La firma digitale del difensore: L’avvocato aveva apposto la propria firma digitale all’atto inviato.
* L’allegato documento d’identità: Alla querela era stata allegata una copia del documento di identità del querelante.

Questo insieme di elementi, secondo la Corte, non lasciava dubbi sulla provenienza e sulla volontà del querelante.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nel valore attribuito alla firma digitale del difensore. La Cassazione ha chiarito che, quando un avvocato è già stato nominato difensore (come in questo caso, dove la nomina è contenuta nello stesso atto), la sua firma digitale apposta sull’atto di querela trasmesso via PEC equivale a un’attestazione della veridicità della firma del proprio assistito. In sostanza, l’avvocato, firmando digitalmente, certifica che la sottoscrizione autografa sul documento cartaceo (poi scansionato) appartiene effettivamente al suo cliente.

Questa interpretazione è supportata dal principio del favor querelae, richiamato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite. Secondo tale principio, ciò che conta non è il formalismo fine a se stesso, ma la certezza che la volontà di perseguire il reato provenga effettivamente dalla persona offesa. La combinazione della PEC, della procura speciale, della firma digitale del legale e del documento di identità fornisce una garanzia più che sufficiente di tale provenienza, rendendo la querela processualmente valida.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha quindi annullato senza rinvio la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al Giudice di Pace di Napoli per la prosecuzione del giudizio. Questa decisione ha un’importante implicazione pratica: consolida una procedura digitale efficiente e sicura per la presentazione delle querele. Si afferma che la firma digitale del difensore, in un contesto documentale coerente, è strumento idoneo ad autenticare la sottoscrizione del querelante, semplificando l’accesso alla giustizia per le vittime di reato e offrendo chiarezza agli operatori del diritto.

Una querela inviata tramite PEC dall’avvocato è valida se non c’è un’autentica di firma separata?
Sì, è valida. La Corte di Cassazione ha stabilito che se l’avvocato, già nominato difensore con procura speciale, invia la querela sottoscritta dal cliente tramite la propria PEC e vi appone la sua firma digitale, tale procedura è sufficiente per attestare la provenienza e la veridicità della firma del querelante.

Cosa significa il principio del ‘favor querelae’?
È un principio giuridico secondo cui, in caso di incertezza sui requisiti formali di una querela, si deve preferire l’interpretazione che ne salva la validità. L’elemento fondamentale, secondo la Corte, è che sia accertata con sicurezza la provenienza dell’atto dalla persona offesa.

L’avvocato deve essere nominato difensore prima di poter autenticare la firma sulla querela?
Sì. La sentenza chiarisce che il potere di autenticazione della sottoscrizione spetta al ‘difensore’. Nel caso specifico, la nomina a difensore e procuratore speciale era contenuta nello stesso atto di querela, rendendo pacifico che il professionista fosse già stato nominato al momento dell’invio e dell’apposizione della firma digitale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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