Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3368 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3368 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il TRIBUNALE DI VENEZIA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a SOAVE il 29/10/1990 COGNOME nato a VALDAGNO il 09/02/1990 avverso l’ordinanza del 31/07/2024 del TRIBUNALE del RIESAME di VENEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; letta la memoria del difensore di COGNOME COGNOME, avvocato NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità ovvero rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Venezia, in sede di riesame, ha annullato la custodia cautelare in carcere disposta per COGNOME NOME e gli arresti domiciliari applicati a Casagrande Maichel, in relazione a due episodi di furto aggravato dalla violenza sulle cose ed esposizione alla pubblica fede commessi a Torri di Quartesolo il 16 e 22 gennaio 2024: tanto per carenza delle condizioni di procedibilità.
In particolare, in relazione al primo furto il Tribunale del riesame ha dato
atto della remissione di querela da parte delle persone offese, mentre, in relazione al secondo, ha rilevato che la persona offesa avesse, il 22/01/2024, semplicemente sporto denuncia, laddove l’assunta querela agli atti, del 26/02/2024, non avrebbe potuto essere considerata validamente proposta, trattandosi di documento inviato per e -mail, privo di sottoscrizione autenticata, senza il rispetto delle formalità previste dall’articolo 337 cod. proc. pen.
Ha proposto ricorso a questa Corte il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza, richiamando, per il secondo episodio, al fine di ritenere la querela validamente proposta, la giurisprudenza secondo cui si debbono preferire, laddove possibili, quelle interpretazioni degli atti per le quali la querela si sia validamente formata, piuttosto che quelle opposte.
Ha evidenziato che, nella specie, dato che all’originaria denuncia del 22/01/2024 era seguita, quale atto meramente esplicativo, la richiesta espressa di punizione con comunicazione effettuata per email dalla persona offesa in data 26/02/2024, tanto doveva far ritenere sussistente la condizione di procedibilità, essendo certa quale fosse la volontà della vittima, come desumibile da tali atti.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ha depositato memoria il difensore di COGNOME chiedendo dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e l’ordinanza va annullata con rinvio per un nuovo giudizio.
Nella specie è pacifico e documentato che l’originaria denuncia sia stata sporta dalla vittima del furto, che fu compiutamente identificata mediante passaporto, e che in essa non si leggano termini quali “querela” o “istanza di punizione”.
Tuttavia, su richiesta dello stesso Pubblico Ministero, la Polizia Giudiziaria ha ricevuto per email una dichiarazione a nome della vittima, non autenticata, ma munita della copia del medesimo passaporto già utilizzato per l’identificazione della persona offesa in sede di denuncia e facente chiaro riferimento a quest’ultima, indicata anche col relativo numero identificativo: dichiarazione in cui si evidenzia la volontà di punizione per il patito furto.
Orbene, sostiene, in definitiva, la difesa, in accordo col Tribunale del riesame,
che tale atto, in mancanza di una formale autentica, non possa ritenersi una valida proposizione di querela e, prima ancora, non possa dirsi di certa provenienza.
Tuttavia, tale affermazione – laddove non si confronta coi menzionati dati fattuali (allegazione alla email di copia del medesimo documento utilizzato dalla persona offesa allorché identificata in sede di denuncia ed esplicito riferimento a quest’ultima) e con la giurisprudenza secondo cui sia la volontà punitiva che la stessa identificazione della persona offesa possono esser desunte da circostanze parimenti certe, rispetto a quelle formali previste dal codice di rito – va annullata.
È stato, in particolare, evidenziato che l’identificazione della persona che proponga istanza di punizione non debba essere necessariamente formale, onde il querelante può essere accertato nella sua identità anche in ragione di una precedente identificazione o in qualsiasi altro modo a tanto idoneo: sicché «una volta accertata la sicura provenienza dell’atto, la eventuale mancata identificazione del depositante non rileva» (Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, Rv. 255584-01).
Proprio in un caso analogo al presente, in cui la querela risultava «contenuta in un atto già completo e così consegnato all’ufficiale di polizia giudiziaria» senza alcuna formale identificazione di chi lo stava depositando (in modo analogo a quanto nella specie accaduto con l’invio della email anzidetta), questa Corte ha avuto modo di ribadire che «non è causa di invalidità, dando invece luogo ad una mera irregolarità irrilevante ai fini della procedibilità dell’azione penale, l’omessa identificazione, da parte dell’autorità ricevente, del soggetto che propone o deposita la querela, ove sia ugualmente certo che l’atto provenga dal soggetto legittimato» (Sez. 4, n. 5446 del 23/01/2019, Rv. 274979-01).
Al riguardo, in altre occasioni, in modo condiviso da questa Corte, è stato evidenziato che anche fatti successivi – quali la costituzione di parte civile della persona offesa – possono essere valorizzati al fine di interpretare quale querela l’atto che porti a conoscenza dell’autorità giudiziaria un reato non perseguibile d’ufficio (in tal senso, ad esempio, Sez. F, n. 32190 del 24/07/2002, Rv. 22254601 e Sez. 5, n. 30300 del 10/4/2012, non massimata). Tanto significa che anche fatti successivi, avvenuti a distanza di tempo e pure oltre il termine previsto dalla legge per proporre querela, quali la costituzione di parte civile, possono corroborare la conclusione che un pregresso atto, non munito di tutte le forme previste per la proposizione della querela, sia in realtà da considerarsi tale.
«Va, difatti, ribadito che la ratio legis dell’art. 337 cod. proc. pen. consiste nell’evitare che si metta in moto un procedimento penale senza che si abbia la certezza della volontà punitiva da parte del soggetto leso da un reato punibile, appunto, su querela. Tuttavia, nessuna disposizione prevede né la nullità della
querela né l’improcedibilità dell’azione penale in caso manchino le formalità previste, sicché, costituendo principi generali dell’ordinamento processuale sia il principio della conservazione degli atti (v. Sez. 3, n. 5457 del 13/02/1979 ud. dep. 15/06/1979, Rv. 142230 – 01, che fa applicazione dell’art. 1362 cod.civ. alla querela quale atto negoziale) che quello del favor querelae (Sez. 1, n. 15180 del 19/06/1978 ud. – dep. 01/12/1978, Rv. 140482 – 01), l’atto può conseguire il suo effetto (ossia la pretesa punitiva) ove si abbia ugualmente la certezza che il medesimo provenga dal soggetto legittimato» (ancora Sez. 4, n. 5446 del 23/01/2019, Rv. 274979-01, in motivazione).
Ora, come anticipato, il Tribunale del riesame non si è confrontato coi detti elementi fattuali, unitamente considerati e non solo per il loro dato formale, omettendo di verificare se da essi, conformemente ai menzionati indirizzi giurisprudenziali, possa desumersi che la persona offesa abbia, oppure no, manifestato con certezza, nei modi consentiti dall’ordinamento, la sua volontà punitiva.
Tanto comporta l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, per una nuova valutazione in conformità dei principi sopra riportati.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato limitatamente al furto commesso in data 22 gennaio 2024 in danno di NOME COGNOME con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Venezia.
Così è deciso, 28/11/2024
CORTE bt CASSAZIONE V SEZIONE PENALE