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Quasi flagranza: no all’arresto basato su indagini

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un Pubblico Ministero, confermando la non convalida di un arresto per rapina. La decisione sottolinea che non sussiste lo stato di quasi flagranza se la polizia individua il responsabile tramite un’attività di indagine, come l’ascolto di testimoni, anziché attraverso la percezione diretta e inequivocabile delle tracce del reato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quasi Flagranza: quando l’arresto non può essere convalidato

L’istituto della quasi flagranza rappresenta un confine delicato tra l’esigenza di reprimere i reati e la tutela della libertà personale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 5511/2025) torna a fare chiarezza sui presupposti necessari per la sua applicazione, specificando che un arresto non può essere convalidato se si fonda su un’attività di indagine della polizia giudiziaria, anziché sulla percezione diretta delle tracce del reato. Analizziamo insieme la vicenda.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva arrestato per il reato di rapina. Tuttavia, il Tribunale di Roma decideva di non convalidare l’arresto. Secondo il giudice, non sussistevano i presupposti della flagranza né della quasi flagranza, in quanto gli agenti di polizia intervenuti non avevano assistito all’azione criminosa e non avevano trovato addosso alla persona fermata alcun elemento che la collegasse al reato contestato. Inoltre, il Tribunale evidenziava alcuni ‘aspetti confusi’ nella denuncia presentata dalla persona offesa.

Contro questa decisione, il Pubblico Ministero proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente interpretato la legge. Secondo l’accusa, l’arresto era legittimo perché un privato cittadino aveva bloccato il sospettato fino all’arrivo delle forze dell’ordine, in conformità con quanto previsto dall’art. 383 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla quasi flagranza

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Roma. Gli Ermellini hanno stabilito che, per poter convalidare un arresto in stato di quasi flagranza, è indispensabile che vi sia una percezione immediata e autonoma, da parte di chi procede all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato.

Le motivazioni

La Corte ha precisato che la ricostruzione dei fatti proposta dal Pubblico Ministero nel ricorso era diversa da quella accertata dal giudice di prima istanza e, soprattutto, non era supportata da alcuna documentazione. Il punto centrale della motivazione risiede nel richiamo a un precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. Pen., Sez. 4, n. 36169/2021). Secondo questo principio, l’arresto operato dalla polizia giudiziaria non è legittimo se l’individuazione del responsabile avviene a seguito di un’attività di indagine, seppur rapida, come l’assunzione di informazioni da testimoni. La quasi flagranza richiede un nesso temporale e logico strettissimo tra il reato e l’apprensione del colpevole, basato su elementi oggettivi e immediatamente percepibili. Nel caso di specie, la polizia era giunta sul posto e aveva ricostruito l’accaduto sulla base delle dichiarazioni della vittima, senza osservare direttamente elementi che collegassero in modo indubitabile il fermato al reato.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale a garanzia della libertà individuale: l’arresto in flagranza o quasi flagranza è una misura eccezionale che limita la libertà personale prima di un accertamento giudiziario completo. Per questo motivo, i suoi presupposti devono essere interpretati in modo rigoroso. Non è sufficiente una semplice denuncia o una ricostruzione postuma dei fatti per giustificare l’arresto. È necessaria la percezione diretta e immediata di elementi materiali (le ‘tracce’ del reato) che leghino senza ombra di dubbio una persona al crimine appena commesso. Se le forze dell’ordine devono svolgere un’attività investigativa per collegare un sospettato al reato, allora non si può più parlare di quasi flagranza e l’arresto non può essere convalidato.

Quando è valido un arresto in stato di quasi flagranza?
Secondo la sentenza, l’arresto in quasi flagranza è valido solo se chi lo esegue percepisce in modo immediato, autonomo e diretto le tracce del reato e il loro collegamento inequivocabile con la persona fermata.

La polizia può arrestare qualcuno basandosi solo sulle informazioni fornite dalla vittima o da testimoni sul posto?
No. Se l’individuazione del responsabile avviene a seguito di un’attività di indagine, come l’assunzione di informazioni, non sussiste la condizione di quasi flagranza, che richiede una percezione diretta da parte degli operanti e non una ricostruzione dei fatti basata su dichiarazioni altrui.

Cosa succede se un cittadino privato blocca il presunto colpevole prima dell’arrivo della polizia?
L’intervento del privato non cambia i presupposti per la convalida dell’arresto. All’arrivo, la polizia giudiziaria deve comunque verificare autonomamente la sussistenza delle condizioni di quasi flagranza attraverso la percezione diretta di tracce del reato, non potendo basare la convalida esclusivamente sull’azione o sulle dichiarazioni del privato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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