Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46301 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 1 Num. 46301 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sui ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TARANTO il 05/08/1965
avverso l’ordinanza del 16/07/2024 del GIP del TRIBUNALE di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l’adozione delle statuizioni consequenziali;
i
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 16 luglio 2024 ai sensi dell’art. 8 d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME di revoca dei decreti penali del 29.05.2003, del 13.11.2003 e ancora del 13.11.2003, tutti esecutivi, con i quali COGNOME era stato condannato alla pena della multa, rispettivamente di euro 100,00, euro 73,34 ed euro 103,29, per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri in quantitativi in tutti i casi inferiori a 10 kg.
Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto infondata la richiesta di revoca in considerazione del fatto che il condannato era recidivo, elemento reputato idoneo a determinare l’esclusione dei suddetti reati dall’area della depenalizzazione stabilita dal d.lgs. n. 8 del 2016; in tal senso, ha specificato che con il decreto del 29.05.2003 la recidiva era stata espressamente contestata e, con riguardo agli altri due decreti penali, rilevava il disposto dell’art. 5 d.lgs n. 8 del 2016 (norma la quale stabilisce che per i reati trasformati in illeciti depenalizzati, quando le relative disposizioni prevedono ipotesi aggravate fondate sulla recidiva ed escluse dalla depenalizzazione, per recidiva è da intendersi la reiterazione dell’illecito depenalizzato), posto che il condannato aveva commesso le relative violazioni rispettivamente in data 8.04.1994 e in data 7.12.1994, dopo che fra il 1991 e il 1994 aveva già riportato altre trentanove condanne per il medesimo reato depenalizzato, per cui si è desunto che anche tali reati esclusi dalla depenalizzazione.
Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento sulla base di un unico motivo con cui lamenta la violazione dell’art. 1, comma 2, in relazione all’art. 5, del d.lgs. n. 8 del 2016.
Secondo l’interpretazione del ricorrente, il coordinamento delle due indicate norme non esclude – ma implica – che per l’esclusione dall’area della disposta depenalizzazione occorre verificare che la violazione oggetto di imputazione sia stata prima contestata e poi ritenuta come aggravata dalla recidiva: solo in questa ipotesi, la sussistenza delle recidiva preclude la depenalizzazione.
Posto tale inquadramento, la difesa evidenzia che la contestazione della recidiva è mancata con riferimento ai due decreti penali di condanna emessi il 13.11.2003, i quali hanno contemplato la contestazione e l’accertamento di reati di contrabbando semplice.
Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità
dell’impugnazione, assumendo che la norma richiamata dal ricorrente non prevede la formale contestazione della recidiva, ma contempla soltanto il rilievo della reiterazione dei reati per escludere la revoca delle condanne riportate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si verte in ipotesi di revoca dei decreti penali di condanna richiesta al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., in relazione alla specifica disciplina dettata dall’art. 8 d.lgs. n. 8 del 2016, recante disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’art. 2, comma 2, legge 28 aprile 2014, n. 67; richiesta complessivamente rigettata dal giudice adito.
In base all’art. 8, comma 2, cit. (rubricato con riferimento all’applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni anteriormente commesse), “se i procedimenti penali per i reati depenalizzati dal presente decreto sono stati definiti, prima della sua entrata in vigore, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. Il giudice dell’esecuzione provvede con l’osservanza delle disposizioni dell’articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale”.
Chiaro è, dunque, il richiamo al procedimento inaudita altera parte che contempla l’emissione del provvedimento de plano, senza formalità e senza che venga fissata l’udienza di comparizione delle parti per l’espletamento del contraddittorio: provvedimento che viene comunicato al pubblico ministero e notificato all’interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione innanzi alla stesso giudice che procede ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen.
Di conseguenza, quando il giudice dell’esecuzione abbia reso il provvedimento de plano, ma anche lì dove abbia irritualmente anticipato il contraddittorio a tale prima fase, gli interessati possono proporre solo opposizione innanzi allo stesso giudice dell’esecuzione, che dovrà però trattare le relative questioni in procedimento partecipato, regolato dalle forme dell’incidente di esecuzione di cui all’art. 666 c.p.p., previa convocazione delle parti e dei difensori per un’udienza camerale.
Nel caso in esame, come si è premesso, proposta da COGNOME l’istanza di revoca dei suddetti decreti penali di condanna irrevocabili per dedotta applicazione ai reati accertati a suo carico della depenalizzazione introdotta dal d.lgs. n. 8 del 2016, il giudice dell’esecuzione ha rigettato de plano l’istanza e non ha revocato nessuno dei tre decreti penali oggetto della stessa.
La difesa di COGNOME ha proposto avverso questo atto ricorso immediato per cassazione: ricorso che non può, però, dare luogo all’esame del motivo sopra richiamato per la ragione spiegata. Infatti, se si procedesse in questa sede omisso medio, le parti resterebbero private della fase della rivalutazione del provvedimento da parte del giudice dell’originario provvedimento che, a differenza del giudice di legittimità, ha cognizione piena della doglianza ed è il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni che le parti non hanno ancora sottoposto al giudice di merito, in una materia in relazione alla quale il legislatore ha – con il richiamo del rito di cui all’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. – previsto la fase dell’opposizione proprio per le corrispondenti peculiarità.
Tuttavia, il ricorso non va dichiarato inammissibile, ma va qualificato come opposizione, per il principio generale di conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis, in applicazione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., dovendo ritenersi consentita la qualificazione dell’atto di impugnazione per la piena osservanza dell’indicato principio generale, di cui l’ultimo comma dell’art. 568 cit. costituisce chiara manifestazione (Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220221 – 01; Sez. 1, n. 33007 del 09/07/2013, COGNOME, Rv. 257006), non apparendo consentaneo al citato principio far discendere l’effetto della declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione dall’erronea qualificazione della stessa (per l’applicazione del rito de plano con qualificazione del ricorso come opposizione Sez. 1, ord., n. 8294 del 09/02/2021, COGNOME. Rv. 280533 – 01; Sez. 1, ord., n. 19498 del 08/02/2018, COGNOME, non mass., e, nell’analoga fattispecie di cui all’art. 101, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, Sez. 1, n. 51405 del 08/11/2016, Tega, non mass.).
3. Una volta qualificato il ricorso come opposizione, si deve procedere alla conseguente trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto affinché venga espletato il giudizio di opposizione, ai sensi degli artt. 8 d.lgs. n. 8 del 2016, 667, comma 4, e 666 cod. proc. pen.
P.Q.M.
atti al Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Taranto per l’ulteriore o GLYPH Qualificata l’impugnazione come opposizione, dispone la trasmissione degli orso.
— O GLYPH Così deciso il 29 ottobre 2024