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Qualificazione del ricorso: Cassazione e appello cautelare

La Corte di Cassazione ha stabilito la corretta qualificazione del ricorso avverso un’ordinanza del GIP che nega l’inefficacia di un controllo giudiziario. La Corte ha convertito il ricorso per cassazione in appello cautelare ai sensi dell’art. 322-bis c.p.p., trasmettendo gli atti al tribunale competente, poiché l’appello è il rimedio generale per i provvedimenti cautelari reali.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Qualificazione del Ricorso: Quando un’Impugnazione si Trasforma in Appello Cautelare

Nel complesso mondo della procedura penale, la scelta del corretto mezzo di impugnazione è un passo cruciale che può determinare l’esito di una vicenda giudiziaria. Un errore in questa fase può precludere la possibilità di far valere le proprie ragioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo tema, offrendo un chiaro insegnamento sulla qualificazione del ricorso avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali, come il controllo giudiziario di azienda.

Il Contesto: La Richiesta Rigettata dal GIP

Il caso ha origine dalla decisione del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di rigettare la richiesta di un imprenditore volta a far dichiarare l’inefficacia di un decreto di controllo giudiziario sulla sua azienda. La difesa, ritenendo che il Tribunale del riesame non avesse rispettato i termini procedurali previsti dalla legge, aveva presentato un’istanza al GIP. Di fronte al rigetto, il difensore ha deciso di impugnare tale provvedimento proponendo direttamente ricorso per cassazione.

La Questione di Procedura e la Qualificazione del Ricorso

L’aspetto centrale della questione non riguarda il merito della misura cautelare, ma la procedura seguita per contestarla. La difesa ha scelto il ricorso per cassazione, il grado più alto di giudizio, per contestare l’ordinanza del GIP. Tuttavia, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha sollevato un’obiezione fondamentale, chiedendo una diversa qualificazione del ricorso: a suo avviso, lo strumento corretto non era il ricorso per cassazione, bensì l’appello cautelare, come previsto dall’articolo 322-bis del codice di procedura penale.

L’Intervento della Corte di Cassazione e il Principio di Diritto

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi del Procuratore Generale, chiarendo un principio fondamentale in materia di impugnazioni cautelari reali.

Il Ruolo dell’Art. 322-bis c.p.p.

I giudici supremi hanno spiegato che l’ordinanza emessa dal GIP rientra nella categoria delle ‘altre ordinanze’ in materia di misure cautelari reali. Per questa tipologia di provvedimenti, l’art. 322-bis c.p.p. stabilisce espressamente che il mezzo di impugnazione previsto è l’appello. La Corte ha ribadito che l’appello rappresenta il rimedio di carattere generale per tutti i provvedimenti cautelari reali diversi da quello che impone la misura per la prima volta. La scelta di presentare un ricorso per cassazione era, quindi, proceduralmente errata.

La Differenza con Altri Precedenti Giurisprudenziali

La difesa aveva citato un precedente della stessa Corte a sostegno della propria tesi. Tuttavia, la Cassazione ha precisato che quel caso era diverso, poiché riguardava un ricorso contro un provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, e non, come in questa vicenda, un’ordinanza del GIP.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione sistematica delle norme procedurali. L’ordinanza del GIP che decide su una richiesta di declaratoria di inefficacia di una misura cautelare reale non è il provvedimento impositivo originario, ma un atto successivo che rientra pienamente nel campo di applicazione dell’art. 322-bis c.p.p. Questo articolo delinea un sistema in cui l’appello funge da filtro e da giudizio di merito prima di un eventuale e successivo ricorso in Cassazione per sole questioni di legittimità. Scegliere la via del ricorso per cassazione ‘saltando’ l’appello (c.d. ‘per saltum’, quando non consentito) costituisce un errore procedurale. La Corte, applicando il principio della conversione del mezzo di impugnazione, non ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ma ha provveduto a correggerne la qualificazione giuridica, garantendo così il diritto di difesa della parte.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha qualificato l’impugnazione proposta dalla difesa come appello ai sensi dell’art. 322-bis del codice di procedura penale. Di conseguenza, ha disposto la trasmissione di tutti gli atti al Tribunale competente (in questo caso, quello di Agrigento) per la celebrazione del giudizio d’appello. Questa decisione sottolinea l’importanza vitale, per gli operatori del diritto, di individuare con precisione lo strumento processuale corretto per tutelare gli interessi dei propri assistiti, evitando ritardi e possibili declaratorie di inammissibilità.

Qual è il rimedio corretto contro un’ordinanza del GIP che rigetta una richiesta su una misura cautelare reale già in atto?
Secondo la Corte, il rimedio corretto è l’appello cautelare previsto dall’art. 322-bis del codice di procedura penale, e non il ricorso per cassazione.

Perché la Corte ha deciso per la qualificazione del ricorso da cassazione ad appello?
La Corte ha proceduto alla qualificazione del ricorso perché ha ritenuto che l’ordinanza del GIP rientrasse tra le ‘altre ordinanze’ per le quali l’art. 322-bis c.p.p. prevede espressamente l’appello come rimedio generale.

Cosa succede dopo che la Corte di Cassazione qualifica il ricorso come appello?
Dopo aver qualificato l’impugnazione come appello, la Corte di Cassazione dispone la trasmissione degli atti al Tribunale competente per la trattazione del merito dell’appello, che in questo caso è il Tribunale di Agrigento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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