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Qualifica soggettiva corruzione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza di condanna per corruzione, ridefinendo la qualifica soggettiva del presunto corrotto. Il caso riguardava l’amministratore di una società privata accusato di aver corrotto il presidente di una società a partecipazione pubblica per un appalto. La Corte ha stabilito che la corretta qualifica soggettiva corruzione non era quella di ‘pubblico ufficiale’, ma di ‘incaricato di pubblico servizio’, data l’assenza di poteri deliberativi o autoritativi. Questa distinzione, insieme alla necessità di accertare l’esatto momento dell’accordo corruttivo in relazione al cambio di assetto societario della partecipata, ha reso necessario un nuovo esame del caso.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Qualifica soggettiva corruzione: la Cassazione traccia i confini tra Pubblico Ufficiale e Incaricato di Pubblico Servizio

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 6 Penale, n. 22282 del 2024, offre un’importante analisi sulla corretta qualifica soggettiva corruzione nell’ambito dei reati contro la Pubblica Amministrazione. Il caso esaminato riguarda il presidente di una società a partecipazione pubblica e chiarisce i criteri per distinguere tra la figura del ‘pubblico ufficiale’ e quella dell’ ‘incaricato di pubblico servizio’, con notevoli conseguenze sulla configurabilità del reato e sulla determinazione della pena.

I Fatti del caso

Il procedimento vedeva imputato l’amministratore di una società privata, accusato di aver corrotto il presidente del consiglio di amministrazione di una società a partecipazione pubblica operante nel settore del compostaggio e riciclo dei rifiuti. L’accordo corruttivo, secondo l’accusa, era finalizzato a favorire la società privata nell’ambito di un’operazione di partenariato pubblico-privato per la realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti. La presunta tangente consisteva nella promessa di 100.000 euro, mascherata attraverso un incarico di progettazione affidato a un intermediario.

Il ricorrente, condannato in primo grado e in appello, ha basato il suo ricorso in Cassazione su diversi motivi, tra cui:

* L’errata qualificazione del presidente della società partecipata come ‘pubblico ufficiale’.
* La natura della società che, al momento del fatto (dicembre 2018), era a maggioranza privata (98%), perdendo quindi la natura di organismo di diritto pubblico.
* L’errata valutazione della natura dell’operazione economica, a suo dire una mera contrattazione privata e non un partenariato pubblico-privato.

La decisione sulla qualifica soggettiva corruzione

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza impugnata e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame. Il punto cruciale della decisione risiede proprio nell’analisi della qualifica soggettiva corruzione.

La Suprema Corte ha ritenuto fondata la censura relativa alla qualificazione del presunto corrotto. I giudici di legittimità hanno evidenziato come i giudici di merito abbiano errato nel considerare il soggetto un ‘pubblico ufficiale’, senza un’adeguata analisi dei poteri effettivamente esercitati. Viene inoltre sottolineata la superficialità con cui è stato trattato l’aspetto temporale, ovvero la determinazione esatta del momento in cui l’accordo corruttivo si sarebbe perfezionato, un elemento decisivo data la trasformazione della compagine societaria da maggioranza pubblica a privata.

Le Motivazioni

La distinzione tra Pubblico Ufficiale e Incaricato di Pubblico Servizio

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la qualifica di ‘pubblico ufficiale’ spetta a chi, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, forma e manifesta la volontà della Pubblica Amministrazione o esercita poteri autoritativi, deliberativi o certificativi. Al contrario, l’ ‘incaricato di pubblico servizio’ è colui che, pur agendo in un contesto pubblico, svolge mansioni prive di tali poteri, di natura prevalentemente esecutiva o materiale.

Nel caso di specie, il ruolo del presidente del CdA della società partecipata, secondo la Corte, non implicava l’esercizio di tali poteri. La sua attività concorreva alle scelte gestionali della società, ma non alla formazione della volontà della P.A. in senso stretto. Pertanto, la sua corretta qualificazione è quella di ‘incaricato di pubblico servizio’ ai sensi dell’art. 358 c.p., con conseguente applicazione del più mite regime sanzionatorio previsto dall’art. 320 c.p.

L’importanza del momento consumativo del reato e la natura della società

La Corte ha inoltre censurato la mancata verifica, da parte della Corte d’Appello, della natura giuridica della società partecipata al momento esatto del patto corruttivo. Se l’accordo fosse avvenuto quando la società era a maggioranza pubblica, essa avrebbe potuto essere qualificata come ‘organismo di diritto pubblico’, con l’applicazione della disciplina sui contratti pubblici. Se, invece, fosse intervenuto dopo la trasformazione in società a maggioranza privata, la configurabilità stessa del reato di corruzione di un soggetto pubblico sarebbe stata più complessa e subordinata alla verifica di altre condizioni normative (come quelle previste per le società miste in operazioni di PPP).

Questo accertamento fattuale, omesso nei precedenti gradi di giudizio, è stato ritenuto essenziale e pregiudiziale per la corretta qualificazione giuridica dei fatti.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante vademecum sulla qualifica soggettiva corruzione. Stabilisce che non è sufficiente ricoprire una carica apicale in una società a partecipazione pubblica per essere automaticamente considerati ‘pubblici ufficiali’. È necessario un accertamento in concreto dei poteri esercitati. La decisione impone ai giudici di merito un’analisi più rigorosa e puntuale, non solo sulla natura dei poteri del soggetto agente, ma anche sulla precisa collocazione temporale dell’accordo illecito, specialmente in contesti societari mutevoli. L’annullamento con rinvio obbligherà la Corte d’Appello a riconsiderare l’intera vicenda alla luce di questi principi, con possibili esiti significativi sia sulla qualificazione del reato che sulla commisurazione della pena.

Qual è la differenza fondamentale tra ‘pubblico ufficiale’ e ‘incaricato di pubblico servizio’ ai fini dei reati di corruzione?
Secondo la sentenza, la differenza risiede nei poteri esercitati. Il ‘pubblico ufficiale’ detiene poteri decisionali che manifestano la volontà della Pubblica Amministrazione (autoritativi, deliberativi, certificativi). L’ ‘incaricato di pubblico servizio’, invece, svolge attività di pubblico interesse ma senza tali poteri, limitandosi a compiti prevalentemente esecutivi o materiali.

Perché il momento esatto in cui avviene un accordo corruttivo è così importante?
Il momento è cruciale perché la natura giuridica dei soggetti coinvolti può cambiare nel tempo. Nel caso specifico, la società partecipata è passata da una maggioranza pubblica a una privata. Se l’accordo è avvenuto prima del cambio, la società era un organismo di diritto pubblico, rendendo più diretta la configurazione del reato. Se è avvenuto dopo, la qualificazione del reato dipende da normative più complesse relative alle società miste, che richiedono specifici accertamenti.

Il presidente di una società a partecipazione pubblica è sempre un pubblico ufficiale?
No. La sentenza chiarisce che la qualifica non deriva automaticamente dalla carica ricoperta. È necessario valutare in concreto i poteri effettivamente detenuti. Se il presidente, come nel caso di specie, partecipa a scelte gestionali senza esercitare poteri che formano la volontà della Pubblica Amministrazione, deve essere qualificato come ‘incaricato di pubblico servizio’ e non come ‘pubblico ufficiale’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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