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Provvedimento abnorme: quando un atto è impugnabile?

Un’imputata per esercizio abusivo della professione sanitaria ricorre in Cassazione sostenendo che l’ordinanza motivata di rinvio a giudizio costituisca un provvedimento abnorme. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, chiarendo che tale atto non è impugnabile e che la sua motivazione, sebbene non richiesta, non vizia il procedimento né crea un pregiudizio per il successivo giudizio, non configurando quindi alcuna abnormità.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Provvedimento Abnorme: la Cassazione fa chiarezza sull’udienza filtro

Nel complesso panorama della procedura penale, la nozione di provvedimento abnorme rappresenta una valvola di sicurezza del sistema, permettendo di impugnare atti del giudice altrimenti non contestabili. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23639/2024) offre un’importante occasione per analizzare i confini di questa figura, specialmente alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia, come la cosiddetta “udienza filtro”.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata per il reato di esercizio abusivo di professione sanitaria. La difesa contestava il provvedimento con cui il Tribunale, al termine dell’udienza filtro prevista dall’art. 554-ter c.p.p., aveva disposto la prosecuzione del giudizio dibattimentale. La doglianza principale si concentrava sulla natura dell’atto: secondo il ricorrente, il giudice aveva emesso un provvedimento motivato, spingendosi fino a formulare una “chiara ed evidente previsione di condanna”, ampliando di fatto la contestazione e anticipando valutazioni di merito. Questo comportamento, secondo la difesa, rendeva l’atto un provvedimento abnorme per carenza di potere in concreto, minando l’imparzialità del successivo giudizio.

La Questione Giuridica: Quando un Provvedimento è Abnorme?

Il cuore della questione legale risiede nel definire se la decisione motivata di un giudice di procedere al dibattimento possa qualificarsi come provvedimento abnorme. L’abnormità processuale si manifesta in due forme: “strutturale”, quando il giudice emette un atto che non rientra nei suoi poteri, e “funzionale”, quando l’atto, pur previsto dalla legge, è utilizzato in un contesto radicalmente diverso da quello per cui è stato concepito, causando una stasi processuale o una violazione dei diritti di difesa. La difesa sosteneva che il giudice, motivando la sua decisione, avesse travalicato i limiti del suo ruolo in quella fase, anticipando un giudizio di colpevolezza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sulla natura del provvedimento di rinvio a giudizio nell’ambito dell’udienza filtro e sui limiti del concetto di abnormità.

Natura del Provvedimento di Prosecuzione del Giudizio

I giudici di legittimità hanno innanzitutto qualificato l’atto in questione. La legge lo definisce genericamente “provvedimento”. La Corte, tuttavia, lo assimila a un decreto e non a un’ordinanza. La distinzione è fondamentale: mentre le ordinanze richiedono sempre una motivazione (art. 125 c.p.p.), i decreti la necessitano solo se espressamente previsto. La Corte basa questa interpretazione sul parallelismo tra la nuova udienza filtro per i reati a citazione diretta e la tradizionale udienza preliminare. In entrambi i casi, la funzione è quella di vagliare la fondatezza dell’accusa prima di arrivare al dibattimento. E come nell’udienza preliminare l’atto che dispone il processo è il “decreto che dispone il giudizio” (art. 429 c.p.p.), così anche in questo caso l’atto ha natura di decreto. Di conseguenza, la motivazione non è obbligatoria.

Assenza di Pregiudizio e di Abnormità

La Corte ha poi stabilito che, anche se la motivazione non è richiesta, la sua presenza non è nemmeno vietata e non genera di per sé un provvedimento abnorme. La presenza di una motivazione non determina un pregiudizio per l’imparzialità del giudice del dibattimento. Quest’ultimo, infatti, sarà un magistrato diverso da quello dell’udienza filtro e dovrà valutare le prove secondo un criterio molto più stringente: la colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio” (art. 533 c.p.p.), e non la semplice “ragionevole previsione di condanna” (art. 425, comma 3, c.p.p.) sufficiente per il rinvio a giudizio. L’atto del primo giudice non vincola in alcun modo il secondo. Pertanto, non sussiste né un’abnormità strutturale (il potere di disporre il rinvio a giudizio è previsto dalla legge) né funzionale (l’atto non crea stasi processuale né devia dal suo scopo legale).

Le Motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano su un’interpretazione sistematica delle norme processuali, alla luce della recente Riforma Cartabia. L’intento del legislatore, nel creare l’udienza filtro, era quello di replicare, per i reati a citazione diretta, il modello dell’udienza preliminare, al fine di deflazionare il carico dei dibattimenti. In quest’ottica, il provvedimento che dà il via al processo mantiene la sua natura di atto di impulso, non decisorio nel merito. La Corte sottolinea che considerare abnorme un provvedimento solo perché motivato creerebbe un “ircocervo procedurale”: un atto che, se qualificato come ordinanza, dovrebbe essere motivato ma non potrebbe essere impugnato né per abnormità né unitamente alla sentenza finale. La soluzione logica è quindi quella di considerarlo un decreto, la cui eventuale motivazione è un’aggiunta non necessaria e non pregiudizievole.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio cardine: l’impugnazione per abnormità è un rimedio eccezionale, da utilizzare solo in casi di palese sviamento del potere giurisdizionale. Un provvedimento di rinvio a giudizio, anche se corredato da una motivazione che anticipa valutazioni sulla fondatezza dell’accusa, non rientra in questa categoria. L’atto è inappellabile e la sua motivazione non lede il diritto di difesa, poiché il giudizio di merito si svolgerà in una sede diversa, davanti a un altro giudice e sulla base di un differente e più rigoroso standard probatorio.

È possibile impugnare l’atto con cui il giudice, nell’udienza filtro, dispone la prosecuzione del processo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di un provvedimento non impugnabile, che non presenta profili di abnormità anche se motivato.

Un provvedimento del giudice che contiene una motivazione, anche quando non richiesta dalla legge, è da considerarsi un ‘provvedimento abnorme’?
No, secondo la sentenza, la presenza di una motivazione non è vietata e non determina, di per sé, un pregiudizio per l’imparzialità del giudice del dibattimento. Pertanto, non configura un’abnormità né strutturale né funzionale.

Qual è la natura giuridica del provvedimento che dispone il processo dopo l’udienza filtro?
La Corte di Cassazione lo assimila a un decreto, non a un’ordinanza. Questa qualificazione si basa sul parallelismo con il ‘decreto che dispone il giudizio’ dell’udienza preliminare e implica che la motivazione non sia un requisito essenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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