Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21248 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21248 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Catania nel procedimento nei confronti di COGNOME COGNOME NOME e COGNOME Angelo avverso l’ordinanza del 20/12/2024 del Tribunale di Catania
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 dicembre 2024 il Tribunale di Catania ha dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 371-bis cod. pen., per essere l’avviso di conclusioni delle indagini stato notificato quando non era ancora stata disposta l’archiviazione nel procedimento principale per i fatti di reato, a cui le false dichiarazioni al pubblico ministero si riferivano.
Ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico ministero presso il Tribunale di Catania, che ha dedotto l’abnormità del provvedimento, evidenziando che la sospensione del procedimento, adottata ex art. 371-bis, comma 2, cod pen., non conferisce al giudice il potere di far regredire il procedimento alla fase delle indagini preliminari, quando la ragione della sospensione è venuta meno prima dell’esercizio dell’azione penale, pur se intervenuta dopo la notifica dell’avviso di conclusioni delle indagini. Nel caso in esame, infatti, l’efficacia della notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. p pen. è stata fatta decorrere dalla comunicazione al difensore dell’intervenuto decreto di archiviazione. L’ordinanza impugnata imporrebbe, quindi, uno stallo con un regresso del procedimento alla fase delle indagini preliminari e con necessità di reiterazione del medesimo avviso ex 415-bis cod. proc. pen., pur nella conoscenza da parte degli indagati dei medesimi atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va osservato che il tema dell’abnormità dei provvedimenti ha formato oggetto di numerose pronunce delle Sezioni unite, che – in difetto di una definizione codificata – hanno elaborato una nozione di atto abnorme, che è stata progressivamente affinata.
Si è, infatti, partiti dalla considerazione che può definirsi abnorme un provvedimento quando, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, tanto da legittimare il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Sez. U, n. 7 del 26/4/89, Goria, in motivazione), e si è poi affermato che si considera abnorme non solo il provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell’ambito dell’ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e dell ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite. Si è, quindi, precisato ch l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché per la sua singolarità, si ponga fuori dal sistema organico della legge processuale quanto il profilo funzionale, quando, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (seguendo l’evoluzione delle pronunce si segnalano, tra le altre, Sez. U, n. 17 del 10/12/97, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209603 -01; Sez. U, n. 26 del 24/11/99, dep. 2000, COGNOME, Rv 215094 – 01; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217244 – 01, n. 19289 del 25/2/2004, COGNOME, Rv. 227355 – 01).
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Con le più recenti pronunce, quanto ai rapporti tra giudice e pubblico ministero, le Sezioni unite di questa Corte hanno limitato l’ipotesi dell’abnormità strutturale al caso di esercizio di un potere non attribuito dall’ordinamento o di deviazione del provvedimento dallo scopo di modello legale, nel senso di esercizio di un potere previsto, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti. L’abnormità funzionale è rinvenibile, invece, nel caso di stasi del processo o di impossibilità di prosecuzione e ricorre solamente quando il provvedimento del giudice imporrebbe al pubblico ministero un adempimento che si risolva in un atto nullo, rilevabile nel futuro corso del procedimento.
Di seguito, le Sezioni Unite n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715 01 e Sez. U, n. 42603 del 13/7/2023, El Karti, Rv. 285213- 01 (in mot.) hanno ribadito il carattere di eccezionalità della categoria dell’abnormità e la sua funzione derogatoria rispetto al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione, sancito dall’art. 568 cod. proc. pen.: dunque, una categoria concettuale «riferibile alle sole situazioni in cui l’ordinamento non appresti altri rimedi idone per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti». Da siffatta evoluzione giurisprudenziale discendono due conclusioni: una, più generale, nel senso della progressiva restrizione dell’ambito di applicazione della categoria dell’abnormità, che implica necessariamente una stasi processuale; una, più specifica, nel senso che la stasi processuale, rilevante ai
In particolare, secondo il Supremo Collegio, «alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica» e, dall’altro – pur in un caso di indebita regressione del procedimento – l’abnormità è ravvisabile soltanto in mancanza di ulteriori strumenti di gravame lato sensu offerti dal sistema processuale per rimediare con prontezza all’anomalia della pronuncia giudiziale (Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, COGNOME, Rv. 238239 – 01; Sez. U, n. 25957 del 26/3/2009, Toni, Rv. 243590 – 01). In tale prospettiva, la decisione da ultimo indicata ha evidenziato la natura eccezionale della figura dell’abnormità, proprio in considerazione della deroga al principio di tassatività delle nullità e dei mezzi di impugnazione, chiarendo che l’abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario «imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso del futuro del procedimento o del processo», mentre negli altri casi il pubblico ministero è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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fini dell'abnormità, si determina quando il processo non può proseguire se non attraverso il compimento di un atto nullo da parte del pubblico ministero.
3. Nel caso in esame, il Tribunale ha dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio per essere l'avviso di conclusione delle indagini stato
notificato mentre il procedimento era stato dichiarato sospeso ai sensi dell'art.
371-bis, comma secondo, cod. pen.
Risulta dagli atti che l'avviso di conclusione delle indagini è intervenuto dopo che il pubblico ministero aveva iscritto la notizia di reato per
371-bis cod. pen. e
aveva disposto ai sensi dell'art.
371-bis, comma secondo, cod. pen. la
sospensione del procedimento, ma i termini di efficacia del medesimo avviso sono stati fatti decorrere dalla comunicazione dell'intervenuto decreto di
archiviazione e, quindi, l'esercizio dell'azione penale è avvenuto dopo che l'indagato ha avuto a disposizione il provvedimento di definizione del
procedimento presupposto.
Al di là della legittimità o meno, che non rileva in questa sede, il provvedimento impugnato non può definirsi abnorme.
Il Tribunale, infatti, aveva il potere di verificare se l'azione penale foss stata esercitata in presenza di cause di nullità e, in caso di sussistenza di quest'ultima, di disporre una regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari. Ove ciò fosse avvenuto con una valutazione erronea in diritto o per travisamento del fatto, ci si troverebbe al cospetto di un vizio d legittimità ma non di una abnormità.
Correlativamente, il pubblico ministero non è indotto a compiere un atto nullo nell'emettere un nuovo avviso di conclusione delle indagini e di decreto di citazione in giudizio.
In definitiva, il ricorso è inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., tale esito non comporta la condanna alle spese processuali e al pagamento della sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 27 marzo 2025.