Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35964 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35964 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 16/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Trev nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME, nato a Casale sul Sile il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa il 13/05/2025 dal G.i.p. del Tribunale di Treviso
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in persona del AVV_NOTAIO Procura Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore dell’COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo per la declaratoria di inammissibilità ovvero per il rigetto del rico
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 26/03/2024, il G.u.p. del Tribunale di Treviso, all’e dell’udienza preliminare, disponeva il rinvio a giudizio (accogliendo la richies
P.M. in data 02/09/2022) di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in relazione ai reati loro ascritti di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000.
Alla prima udienza del 04/02/2025, il Tribunale disponeva la “restituzione degli atti al G.i.p.” ravvisando, nell’imputazione formulata nel decreto introduttivo del giudizio, errori non materiali e non emendabili in sede dibattimentale.
All’udienza del 13/05/2025, il G.u.p. trevigiano ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti conseguenti, disponendo la trasmissione degli atti al P.M. La decisione è stata motivata evidenziando che le contestazioni di cui al capo 1), lett. b) e c), non risultavano pienamente intellegibili, “in quant sono presenti delle correzioni dalle quali non si comprende se si sia voluto eliminare o sostituire le frasi evidenziate”.
Avverso tale ordinanza, ritenuta abnorme, ricorre per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Treviso. Si deduce che la declaratoria di nullità e la conseguente restituzione degli atti al P.M. erano avvenute per ragioni diverse da quelle ravvisate a sostegno dell’ordinanza del Tribunale monocratico, e che l’indebita regressione comportava la necessità di rinnovare la richiesta di rinvio a giudizio. Si osserva ancora che comunque il G.u.p. aveva violato il disposto dell’art. 421 cod. proc. pen., non essendovi traccia, nel verbale dell’udienza del 13/05/2025, dell’invito al P.M. a riformulare l’imputazione, presupposto indispensabile perché il Giudice possa dichiarare d’ufficio la nullità della richiesta di rinvio e disporre la restituzione degli atti al P.M.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIO Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Si evidenzia, da un lato, che la regressione conseguente alla declaratoria di nullità non poteva farsi rientrare nella categoria dell’abnormità, così come ricostruita dalla più recente giurisprudenza di legittimità, essendo possibile – pur in mancanza dell’interlocuzione di cui all’art. 421 cod. proc. pen. – provvedere alla rinnovazione della richiesta di rinvio a giudizio senza incorrere in alcuna nullità.
Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore dell’COGNOME insiste per la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso del P.M.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Com’è noto, la tesi del AVV_NOTAIO Generale ricorrente trova uno specifico riscontro in una pronuncia delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (cfr. Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Battistella, Rv. 238240 – 01, secondo cui «è affetto da abnormità il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero per genericità o
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indeterminatezza dell’imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla, poiché, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logicocronologica»).
Altrettanto noto, peraltro, è il fatto che la categoria dell’abnormità, anche nelle applicazioni giurisprudenziali concernenti le ipotesi di patologica regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, è stata oggetto di successive rimodulazioni da parte del Supremo Consesso. A tale evoluzione si farà cenno qui di seguito, ovviamente nei termini di assoluta sintesi imposti dalla presente trattazione.
2.1. Viene in rilievo, anzitutto, Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, COGNOME, Rv. 243590 – 01, secondo la quale «non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento – rilevata l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione del indagini di cui all’art. 415 bis cod. proc. pen., in realtà ritualmente eseguita dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedimento che, lungi dall’essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo il AVV_NOTAIOM. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso».
A tali conclusioni, la sentenza COGNOME perveniva affermando, da un lato, la necessità di limitare «l’ipotesi di abnormità strutturale al caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto)». D’altro lato, si precisava che l’abnormità funzionale è riscontrabile «nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo», ovvero nelle ipotesi «in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo. Solo in siffatta ipotesi il pubblico ministero può ricorrere per cassazione lamentando che il conformarsi al provvedimento giudiziario minerebbe la regolarità del processo; negli altri casi egli è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice».
Applicando tali coordinate interpretative nel campo della regressione del procedimento ad una fase precedente, con specifico riguardo all’ipotesi di regressione cagionata da una errata declaratoria di nullità dell’atto introduttivo del giudizio, le Sezioni Unite chiarivano ulteriormente che «se l’atto del giudice è
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espressione di un potere riconosciutogli dall’ordinamento, si è in presenza di un regresso ‘consentito’, anche se i presupposti che ne legittimano l’emanazione siano stati ritenuti sussistenti in modo errato. Non importa che il potere sia stato male esercitato, giacché in tal caso esso sfocia in atto illegittimo, ma non in un atto abnorme» (cfr. pag. 10 della sentenza). D’altro lato, le Sezioni Unite attribuivano un centrale rilievo alle implicazioni funzionali della indebita regressione, “nel senso che il provvedimento adottato dal Giudice del dibattimento, sia pure fondato su una errata declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio, è illegittimo ma non è qualificabile sotto alcun profilo di abnormità, poiché il contenuto dell’atto non è avulso dal sistema e gli effetti di esso non sono tali da pregiudicare in concreto lo sviluppo successivo del processo” (cfr. pag. 9 della sentenza).
2.2. Nella medesima prospettiva si sono collocati altri più recenti arresti del Supremo Consesso, concernenti ulteriori ipotesi di (indebita) regressione procedimentale.
2.2.1. Si fa riferimento, in primo luogo, a Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715 – 01, la quale – nell’escludere l’abnormità il provvedimento con cui il G.i.p., investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, restituisca gli atti al pubblico ministero perché valuti la possibilità di chiedere l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. – ha espressamente inteso dar seguito ai principi affermati dalla sentenza COGNOME, ed ha motivatamente escluso la sussistenza, nell’ipotesi considerata, di profili di abnormità strutturale e funzionale delineati da quella pronuncia.
2.2.2. Assume altresì rilevanza, in secondo luogo, Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, COGNOME, Rv. 283552 – 01, concernente le ipotesi di indebita regressione conseguente alla erronea individuazione della composizione (monocratica o collegiale) del Tribunale competente a decidere. In tale pronuncia, i principi affermati nei precedenti arresti sembrano aver trovato una sorta di “definitiva consacrazione”, dal momento che – proprio muovendosi nella prospettiva “funzionale” elaborata dai precedenti arresti – la sussistenza dell’abnormità è stata ravvisata in una delle due ipotesi di erronea individuazione, ma non anche nell’altra.
In particolare, la sentenza COGNOME ha affermato che «è abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, l’ordinanza del giudice dell’udienza preliminare che, investito della richiesta di rinvio a giudizio, disponga, ai sensi dell’art. 33-sexi cod. proc. pen., la restituzione degli atti al pubblico ministero sull’erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio, trattandosi di un atto che impone al pubblico ministero di compiere una attività processuale contra legem e in violazione dei diritti difensivi, successivamente eccepibile, ed è
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idoneo, pertanto, a determinare una indebita regressione, nonché la stasi del procedimento».
La contraria soluzione, elaborata dal Supremo Consesso nell’ipotesi inversa, è stata ripresa e concretamente applicata dalla recentissima Sez. 5, n. 30514 del 04/06/2025, COGNOME, con un percorso argomentativo che appare qui opportuno in parte richiamare.
Nel sottolineare che la sentenza COGNOME si era esplicitamente collocata nel solco dei precedenti arresti, la Quinta Sezione ha posto in rilievo che tale pronuncia aveva «ritenuto che la restituzione indebita da parte del giudice dell’udienza preliminare al pubblico ministero per esercitare l’azione penale con citazione diretta sia abnorme nella misura in cui determina una regressione del procedimento, a cui il pubblico ministero può reagire solo con una nuova attività propulsiva foriera di una nullità; vale a dire l’errato esercizio dell’azione penale con citazione diretta per un reato per cui è invece prevista l’udienza preliminare, produttivo di una nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178, lett. c, cod. proc. pen., perché sottrae all’imputato una fase garantita come quella che si svolge dinanzi al giudice dell’udienza preliminare, con conseguente vulnus del suo diritto di intervento e assistenza. Viceversa, la stessa sentenza COGNOME esclude che alla medesima conclusione possa giungersi nell’ipotesi inversa, in cui il tribunale restituisca erroneamente gli atti al pubblico ministero affinché richieda il rinvio a giudizio al giudice dell’udienza preliminare, dal momento che, in un’ipotesi di tal fatta, alla nuova propulsione dell’azione penale come indicata dal giudice del dibattimento non conseguirà alcun vizio, perché la celebrazione dell’udienza preliminare assicura all’imputato un passaggio giurisdizionale ulteriore e, quindi, maggiori garanzie partecipative. Da tanto consegue che, in tale evenienza, la restituzione degli atti da parte del predetto primo Giudice al pubblico ministero non ha i caratteri dell’abnormità» (pag. 7 della sentenza COGNOME che, in applicazione del principio da ultimo evocato, ha ritenuto non abnorme il provvedimento che aveva determinato la regressione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’evoluzione giurisprudenziale qui sommariamente richiamata consente di escludere, in linea con quanto osservato dal AVV_NOTAIO Generale nella propria requisitoria, che nell’odierna fattispecie sia configurabile la denunciata abnormità: non essendovi ragioni, ad avviso del Collegio, per sostenere che i principi progressivamente consolidatisi, grazie ai successivi interventi delle Sezioni Unite, non siano applicabili alla specifica ipotesi di patologica regressione che qui rileva, in cui il G.u.p. ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, c conseguente restituzione degli atti al AVV_NOTAIO, senza prima sollecitare quest’ultimo alle opportune riformulazioni del capo di accusa.
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3.1. Come già accennato in precedenza, il Tribunale di Treviso, nella fase degli atti preliminari al dibattimento, aveva restituito gli atti al G.u.p. con ordinanza del 04/02/2025, ravvisando errori nell’imputazione non aventi carattere materiale, e non emendabili in fase dibattimentale.
Tali criticità, come osservato dallo stesso AVV_NOTAIO Generale ricorrente, emergono dal confronto tra l’imputazione allegata alla richiesta di rinvio a giudizio del 02/09/2022, da un lato, e – dall’altro – quella allegata al decreto di citazione dinanzi al Tribunale: mancando, in quest’ultima, l’intera lettera c) del capo 1 (ad eccezione delle ultime tre righe, totalmente avulse dal precedente capo b e per questo, in effetti, del tutto incomprensibili).
Si è visto anche che il G.u.p., all’udienza del 13/05/2025 fissata per il prosieguo, ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e degli att conseguenti, e la restituzione al P.M., osservando “che dalla richiesta di rinvio a giudizio non si riescono a comprendere in maniera totalmente intellegibile le contestazioni contenute nelle lettere b) e c) del capo 1), in quanto sono presenti delle correzioni dalle quali non si comprende se si sia voluto eliminare o sostituire le frasi evidenziate”.
È da ritenere che il riferimento alla presenza di “correzioni” sia da intendere alle interlineazioni, e alle “stellette” di richiamo, che si notano – apposte a mano proprio sulla parte della imputazione (lett. c) che, nella copia allegata al decreto di citazione a giudizio dinanzi al Tribunale monocratico, risultava mancante.
3.2. Il AVV_NOTAIO Generale ricorrente ha sostenuto l’abnormità di tale provvedimento. Ritiene peraltro il Collegio che tali conclusioni non possano essere condivise, ponendosi nella prospettiva ermeneutica indicata dalle Sezioni Unite.
Sul piano strutturale, è agevole osservare che, se è vero che il G.u.p. ha palesemente violato l’art. 421, comma 1, cod. proc. pen., dichiarando la nullità della richiesta di rinvio a giudizio senza aver prima invitato il P.M. a riformulare l’imputazione, altrettanto vero è che la possibilità per il giudicante di adottare tale declaratoria, con conseguente restituzione degli atti al P.M., è espressamente prevista dallo stesso comma 1 dell’art. 421, il quale prevede tra l’altro la possibilità di una declaratoria di ufficio, qualora il P.M. resti inerte pur se debitamente sollecitato. Si può allora certamente concludere nel senso che l’ordinanza in questa sede impugnata è certamente illegittima, ma – altrettanto certamente – non può dirsi viziata da profili di abnormità strutturale nel senso in precedenza evidenziato.
Sul piano funzionale, appare indubbia l’insussistenza di una “stasi patologica” nel senso prima chiarito: la criticità denunciata dal G.u.p. poteva ed anzi doveva certamente essere superata invitando il P.M. alle opportune riformulazioni, nel contraddittorio delle parti previsto dal comma 1 dell’art. 421 cod. proc. pen. Tuttavia, dinanzi ad una erronea regressione conseguita ad una declaratoria di
nullità senza sollecitare il P.M., è certamente possibile, per quest’ultimo, superare l’impasse senza incorrere in alcuna nullità, reiterando la richiesta di rinvio a giudizio corredata da una imputazione priva di omissioni e correzioni.
Le considerazioni fin qui svolte evidenziano che il ricorso del AVV_NOTAIO Generale è stato presentato fuori dai casi consentiti, e deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 16 ottobre 2025
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Il Presidente