Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27725 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 27725 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI BRESCIA nei confronti di:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha concluso per lainammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza impugnata, il G.U.P. del Tribunale di Brescia, decidendo, in sede di udienza preliminare, sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero nei confronti di COGNOME NOME in relazione al delitto di tentata rapina aggravata, previa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 624-bis quale tentato furto con strappo, ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero per l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio in relazione al fatto così come riqualificato.
2.Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Brescia il quale, con un unico motivo, denuncia erronea applicazione della legge, assenza di motivazione e abnormità del provvedimento impugNOME, giacchè il G.U.P ha determiNOME una indebita regressione del procedimento, mentre avrebbe dovuto procedere con la celebrazione dell’udienza preliminare e, all’esito, adottare i provvedimenti di competenza ai sensi degli artt. 425 ovvero 429 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1.Ritiene il collegio che il provvedimento impugNOME sia affetto dalla denunciata abnormità, in quanto il giudice dell’udienza preliminare ha aggirato la previsione contenuta, oggi, nell’art. 421, in relazione all’art. 417 lett. B) cod. proc. pen. laddove ha imposto, di fatto, la diversa qualificazione giuridica al Pubblico Ministero, per poi restituire gli atti, sottraendosi all’onere della celebrazion dell’udienza preliminare, fase destinata ad assicurare il consolidamento dell’imputazione ( cfr. in motivazione, Sez. Un. n. 5307 del 20/12/2007 (dep. 01/02/2008), COGNOME, richiamata sul punto da Sez. Un. n. 37502 del 28/04/2022 (dep. 05/10/2022), COGNOME).
1.1. Invero – secondo l’attuale configurazione dell’udienza preliminare – non è consentito al G.U.P. di restituire gli atti al Pubblico Ministero se non nell’ipotesi i cui, previa attivazione del meccanismo correttivo che consente al giudice dell’udienza preliminare si sollecitare il AVV_NOTAIO.M. alle opportune precisazioni e integrazione, questi non vi provveda, ciò che, tuttavia, non si è verificato nel caso di specie.
1.2. Secondo la formulazione dell’art. 423 comma 1 -bis cod. proc. pen., come introdotto dal D. I.vo n. 150/2022, laddove il Giudice dell’udienza preliminare rilevi che la definizione giuridica non è corretta, invita il pubblico ministero operare le necessarie modificazioni; solo nell’ipotesi in cui, nonostante tale sollecitazione, permanga la difformità, il Giudice, nel contraddittorio delle parti, potrà dichiarare nulla la richiesta di rinvio a giudizio, e disporre con ordinanza la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.
1.3.Nel caso di specie, come si è già ricordato, il Pubblico Ministero ha, invece, raccolto l’invito del Giudice, procedendo alla riformulazione dell’imputazione
viziata in conformità alla sollecitazione ricevuta dal G.U.P. in merito alla esatta qualificazione giuridica del fatto. A quel punto, il Giudice – secondo l’iter descritto dall’art. 421 comma 1 -bis, richiamato da comma 1 -ter dell’art. 423 cit. – avrebbe dovuto procedere all’inserimento dell’ imputazione modificata nel verbale di udienza e portarla a conoscenza dell’imputato, mediante contestazione diretta, se presente, ovvero a mezzo notifica del verbale, in caso di imputato assente.
1.4. Diversamente da quanto prescritto dal novellato art. 423 cit., il G.U.P. ha, invece, disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, sul presupposto che la nuova qualificazione giuridica del fatto comportasse l’esercizio dell’azione penale nelle forme della citazione diretta a giudizio.
Il RAGIONE_SOCIALEU.P. ha adottato una decisione proceduralmente errata.
E’ opportuno evidenziare che la previsione della restituzione degli atti conseguente alla mancata modifica della definizione giuridica perché non corrispondente agli atti è una novità per la fase dell’udienza preliminare (e della nuova udienza predibattinnentale, per cui l’art. 554-bis comma 6 cod. proc. pen. contiene analoga previsione), giacchè, in precedenza (fino all’intervento delle Sezioni Unite “COGNOME“) era consentito al giudice di modificare l’imputazione (nell’assunzione dei provvedimento di cui all’art. 425 o 429 cod. proc. pen.) per “rimediare” ad un possibile errore del pubblico ministero nella individuazione della fattispecie criminosa integrata.
2.1. La ratio dell’art. 423 comma 1 -bis cod. proc. pen. (e dell’art. 554-bis comma 6 cod.proc.pen.), secondo la relazione illustrativa al D. Lgs. 150/2022, è da ravvisarsi nella volontà del legislatore di evitare il “rischio tanto di istruttorie inutili quanto di modifiche (ex art. 516 ss. c.p.p.) o retrocessioni (art. 521 c.p.p.) in corso di dibattimento o, addirittura, in esito ad esso. Il tutto senza contare che proprio il tema dei rapporti tra giudice e pubblico ministero rispetto all’imputazione intesa in senso lato ha provocato numerose complicazioni, con soluzioni giurisprudenziali controverse e non soddisfacenti, da ritenersi superate dalla nuova norma”. Nella relazione illustrativa alla legge si è anche precisato che, al fine di consentire una imputazione espressa in forma “chiara e precisa”, “la locuzione della delega intendeva coprire sia lo spazio relativo a carenze attinenti alla descrizione del fatto, comprese le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, sia la qualificazione giuridica, come reso esplicito dal riferimento a possibili incongruenze nell’indicazione degli “articoli di legge”. Per questa ragione la norma articolata declina in termini più tecnicamente corretto il duplice spazio di intervento, facendo espressamente riferimento, accanto al controllo sui fatti, anche il controllo sulla «definizione giuridica». Ambedue gli interventi rispondono all’esigenza di celere definizione dei procedimenti, in quanto la completezza
dell’imputazione e la sua correttezza (in punto di fatto e di diritto), per di pi realizzata ( salvo contrasti) senza retrocessione degli atti e nel contraddittorio con le parti, per un verso, consente il più rapido superamento dei casi problematici, per altro verso, facilita l’accesso ai riti alternativi, soprattutto preclusi proprio dalla qualificazione giuridica o, in ogni caso, scoraggiati da fatti mal descritti o qualificazioni errate. La soluzione adottata, oltre a impedire il verificarsi dell’evento anomalo per cui è solo con il decreto di rinvio a giudizio che emerge la qualificazione ritenuta dal giudice, consente altresì di svolgere il dibattimento su un oggetto (in fatto e in diritto) corretto”.
2.2. Si è, quindi, previsto che il giudice possa invitare il pubblico ministero a modificare la “definizione giuridica” contenuta nell’imputazione. Ove la pubblica accusa non accolga l’invito, il giudice, previo contradditorio tra le parti, disporrà anche d’ufficio la restituzione degli atti al pubblico ministero, con una soluzione che, di fatto, raccoglie il “suggerimento” delle Sezioni unite “COGNOME“, che, valorizzando le indicazioni al riguardo fornite dalla Corte costituzionale (Corte cost., sent. n. 88 del 1994; n. 265 del 1994; 131 del 1995 e 384 del 2006), avevano delineato il percorso virtuoso che il g.u.p. deve seguire nel caso di genericità e indeterminatezza dell’imputazione, invitando il pubblico ministero a procedere alle integrazioni necessarie, solo in caso di persistente omissione potendo disporre la restituzione degli atti ai fini dell’emissione di una nuova richiesta di rinvio a giudizio. Le Sezioni Unite avevano, infatti, evidenziato che il principio del contradditorio e la necessità che l’accusa fosse “chiara e precisa” imponessero al giudice dell’udienza preliminare di richiedere, in caso di descrizione lacunosa del fatto costituente reato, una integrazione al pubblico ministero pur in difetto di espressa previsione normativa.
3. Ciò posto, e venendo alla natura, se abnorme o meno, di un siffatto provvedimento rectius, di un tale errore procedurale – la soluzione si rinviene nei princìpi affermati dalla sentenza a Sezioni Unite ” COGNOME“.
3.1. In quell’arresto, l’autorevole Consesso ha, preliminarmente, esplorato il nodo centrale della perinnetrazione della categoria della abnormità ( di creazione giurisprudenziale), venutasi ad affinare fino a essere ricondotta a due possibili filoni: il primo, dell’abnormità strutturale ( nella duplice articolazione del carenza di potere in astratto e in concreto), che si verifica quando l’atto, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell’ordinamento processuale, ovvero quando si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste: si tratt in tal ultimo caso, di un atto extra ordinem in quanto – a differenza dell’atto contra legem si sostanzia in un atto previsto dall’ordinamento ma, come puntualizzato in dottrina, in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge, e cioè completamente al di fuori dei casi
consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità del secondo tipo, c.d. funzionale, si concretizza quando l’atto, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del procedimento e l’impossibilità di proseguirlo. All’interno di tale categoria è ricondotto il fenomeno della regressione anomala o indebita del procedimento. Ha, quindi, osservato la sentenza ‘COGNOME‘, come le Sezioni Unite ‘COGNOME‘ fossero giunte ad affermare che “ogni indebita regressione costituisce un serio vulnus all’ ordo processus, inteso come sequenza logico-cronologica ordinata di atti, in spregio dei valori costituzionali dell’efficienza e della ragionevole durata del processo”, mentre /a giurisprudenza successiva ( a partire, in particolare, da Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, COGNOME, Rv. 2435909), ha ridimensioNOME tale approdo, facendo refluire la nozione di regressione anomala del procedimento nell’alveo dell’abnormità, non secondo meri automatismi, bensì soltanto allorquando la regressione abbia cagioNOME una stasi irreversibile del procedimento, per essere il pubblico ministero posto nella inestricabile condizione di ottemperare all’ordine del giudice compiendo un atto nullo ( cfr. da ultimo, Sez. 5 n. 36028 del 28 giugno 2022), e, quindi, inefficace, “rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo: solo in tali limiti il pubblico ministero può ricorrere, lamentando che il conformarsi minerebbe la regolarità del processo; altrimenti è tenuto ad ottemperare, in un sistema che non ammette la possibilità di conflitto in caso di contrasto tra pubblico ministero e giudice, senza che possa dirsi di per sé caratterizzante dell’abnormità l’effetto della regressione del processo ad una fase precedente.” Le sentenze successive, anche quando hanno ribadito la consolidata nozione di abnormità e fatto riferimento alla distinzione tra abnormità strutturale e funzionale (Sez. U, n. 40984 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 273581; Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, L., Rv. 257786), non hanno comunque inteso smentire le conclusioni della sentenza COGNOME o l’hanno espressamente condivisa, in una prospettiva di delimitazione della nozione di atto abnorme (Sez. U. n. 10728 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282807; Sez. U. n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.2. Dopo avere sottolineato come “l’abnormità si traduca in uno sviamento della funzione giurisdizionale, che si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento, tanto nel caso di atto strutturalmente eccentrico, quanto nell’ipotesi di atto normativamente discipliNOME ma utilizzato al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la ragion d’essere, essendo rilevante ai fini dell’abnormità dell’atto l’esistenza o meno del potere di adottarlo”, cosicchè “l’abnormità strutturale e quella funzionale sono riconducibili ad un fenomeno unitario, per cui se è riconoscibile l’attribuzione in ordine all’adottabilità di u atto, gli eventuali vizi possono essere solo quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che ne derivi la regressione del procedimento,
diversamente dovendosi ravvisare l’abnormità e l’esigenza di rimozione”, le Sezioni Unite COGNOME, operata tale ricostruzione, hanno sottolineato la diversità dell’ipotesi della restituzione degli atti, disposta ai sensi dell’art. 33-sexies cod proc. pen., previa riqualificazione del fatto, rispetto a tutte le altre e hanno evidenziato come, in tale quadro, assuma un rilievo decisivo la ricognizione, operata dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Sacco’ ( Sez. un. n. 48590 del 18/04/2019 Cc. (dep. 29/11/2019) GLYPH Rv. NUMERO_DOCUMENTO), GLYPH delle prerogative decisorie del giudice dell’udienza preliminare.
3.3. In tale ultimo arresto, che ha “esplicitamente ribadito quanto affermato dalla Corte costituzionale (Corte cost., sent. n. 88 del 1994) e dalle Sezioni Unite (sentenza COGNOME), nel senso che l’intervento del giudice per assicurare la costante corrispondenza dell’imputazione a quanto emerge dagli atti costituisce un atto doveroso e un’esigenza insopprimibile, non solo a garanzia del diritto di difesa dell’imputato e dell’effettività del contraddittorio, ma anche al fine di consentire che il controllo giurisdizionale sul corretto esercizio dell’azione penale si svolga in piena autonomia, si è nondimeno escluso che la riqualificazione possa giustificare la regressione del procedimento, dovendosi al contrario ritenere che la stessa possa accompagnarsi ai tipici esiti decisori dell’udienza preliminare, secondo l’alternativa tra sentenza di non luogo a procedere e rinvio a giudizio”. Ciò significa che “in sede di udienza preliminare è in radice esclusa la possibilità di restituzione ex art. 33-sexies cod. proc. pen., fondata sulla riqualificazione del fatto, e che dunque la regressione, che discenda da un siffatto provvedimento risulta atipica, in quanto disposta in assenza dell’attribuzione al giudice del relativo potere. Il provvedimento risulta abnorme in quanto altera l’ordo pro cessus, cioè l’ordiNOME svolgimento della sequenza procedimen tale, in violazione del principio di non regressione, con conseguente vulnus ai principi di efficienza e ragionevole durata del processo, e determina una situazione di stasi processuale, in quanto il pubblico ministero, che non può sollevare conflitto ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen. (sul punto Sez. U, n. 9605 del 28/11/2013, dep. 2014, Seghaier, Rv. 257989–01), si troverebbe costretto ad uniformarsi alla qualificazione prospettata dal giudice, di per sé implicante la citazione diretta, e nella sostanziale impossibilità di insistere sull’originari imputazione, attesa anche la preclusione di contestazioni suppletive, in forza della disciplina dettata dall’art. 521-bis cod. proc. pen.” Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.4.In definitiva – conclude la sentenza ‘COGNOME‘ -“al di là delle differenze strutturali rilevate nel caso della previa riqualificazione, suscettibile di specifica valutazione, deve comunque ritenersi, alla luce dei condivisi principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza COGNOME, che in tutti i casi di indebita restituzione degli atti ai sensi dell’art. 33-sexies cod. proc. pen., perché si proceda con citazione diretta a giudizio, ricorra almeno un’ipotesi di abnormità funzionale, da
cui discende una situazione di stasi, in quanto il provvedimento, di cui non può direttamente ravvisarsi e dichiararsi la nullità, si risolve nell’imposizione di un successivo adempimento, cioè l’atto di impulso consistente nell’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio, che è affetto da nullità rilevabile nell sviluppo del processo, nullità che nella sentenza COGNOME non è stata qualificata e che non deve essere inquadrata tra le nullità assolute. Conseguentemente il pubblico ministero, il quale non può opporsi al provvedimento, sollevando conflitto, ha uno specifico interesse alla sua rimozione, non essendo a tal fine sufficiente il meccanismo contemplato dall’art. 550, comma 3, cod. proc. peri., incentrato sulla successiva formulazione dinanzi al giudice del dibattimento di eccezione avente ad oggetto il mancato svolgimento della prevista udienza preliminare. “Non si tratta tanto di evitare il relativo, tortuoso meccanismo processuale quanto di prendere atto dell’esigenza di scongiurare l’imposizione di un atto derivante da una patologia processuale e affetto da nullità rilevabile, e del conseguente interesse a ricorrere, correlato all’esigenza di assicurare l’ordiNOME svolgimento del processo, secondo le cadenze prestabilite, evitando l’adozione di un successivo atto nullo, idoneo ad arrecare pregiudizio alle parti, la cui costituzione nel giudizio dibattimentale si sarebbe potuta prevenire con lo svolgimento dell’udienza preliminare”.
L’epilogo del presente scrutinio di legittimità è l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata, perché affetta da abnormità. Gli atti devono essere trasmessi al Tribunale Di Brescia per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Brescia per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, addì, 28 maggio 2024
[Il Consigliere relatore