Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12624 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12624 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della repubblica presso il TRIBUNALE DI SIENA
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a QUARTO il 04/10/1973
avverso l’ordinanza del 08/10/2024 del TRIBUNALE di Siena
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
v
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, pronunziata all’udienza dell’8 ottobre 2024 nel procedimento per il reato di furto aggravato celebrato con rito direttissimo nei confronti di COGNOME Marco, il Tribunale di Siena dichiarava la nullità assoluta dell’udienza di convalida dell’arresto tenutasi il precedente 5 ottobre ed il conseguente provvedimento applicativo di misura cautelare non detentiva adottato all’esito della medesima e disponeva la restituzione degli atti al pubblico ministero, rilevando l’omessa citazione del difensore di fiducia dell’imputato per la menzionata udienza del 5 ottobre. Nel corso della stessa, una volta instaurato il rito direttissimo, rilevata l’assenza del difensore d fiducia, all’esito della convalida dell’arresto era stato disposto il rinvio del giudi direttissimo a seguito della richiesta di termine a difesa avanzata dal difensore dell’imputato nominato d’ufficio in sostituzione di quello di fiducia.
Avverso l’ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siena.
In via preliminare, si lamenta l’erroneità del presupposto logico su cui si fonda il provvedimento impugnato, evidenziando come il difensore di fiducia, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice, sia stato, in realtà, tempestivamente avvisato dell’udienza del 5 ottobre 2024, come emergerebbe dal relativo verbale e dalla memoria ex art. 121 cod. proc. pen. depositata dallo stesso difensore.
Venendo al merito delle doglianze, il ricorrente, rilevata in punto di diritto la non attinenza degli enunciati ermeneutici posti dal giudice a fondamento della propria decisione alla peculiarità del caso in esame, eccepisce l’abnormità strutturale e funzionale dell’ordinanza in esame sotto un triplice profilo.
In primo luogo, il vizio del provvedimento discenderebbe dalla carenza di potere in capo al giudice nel dichiarare la nullità dell’udienza e dell’ordinanza di convalida dell’arresto, lamentando come l’omessa comunicazione al difensore fosse un vizio suscettibile di essere rilevato solo con autonoma impugnazione mediante ricorso per cassazione avverso la successiva ordinanza di convalida.
Ancora, si denuncia l’abnormità dell’ordinanza anche in riferimento alla violazione del principio di autonomia tra provvedimento di convalida e provvedimento applicativo della misura cautelare, evidenziando come il giudice avrebbe indebitamente fatto dipendere la nullità di quest’ultimo dal vizio di cui sarebbe inficiato il primo. In maniera analoga, si denuncia l’abnormità anche in relazione alla dichiarazione di nullità dell’udienza celebrata con rito direttissimo, la cui autonomia rispetto alla fase della convalida dell’arresto emergerebbe, secondo il ricorrente, ancora più nitidamente nel caso di specie, dal momento che le due fasi si sono tenute in due giorni diversi, dato il
rinvio disposto nella precedente udienza, e dato che il difensore di fiducia ha sicuramente ricevuto avviso per la partecipazione all’udienza dibattimentale dell’8 ottobre.
Da ultimo, si lamenta l’abnormità del provvedimento anche in relazione alla violazione dei limiti imposti dalla legge circa i poteri esercitabili dal giudice in sede di cognizione osservando come quest’ultimo non avrebbe potuto disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero, determinando così un’indebita regressione del procedimento all’atto di esercizio dell’azione penale e creando una stasi processuale non risolvibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
In primo luogo, fondata è la doglianza relativa alla non attinenza al caso di specie dei principi giurisprudenziali evocati dal Tribunale a sostegno della sua decisione. In particolare, si osserva come le conclusioni a cui è pervenuta questa Suprema Corte con le sentenze evocate dal giudice del merito (Sez. 3, n. 46714 del 03/12/2012, COGNOME, Rv. 253873 e Sez. 5, n. 1760 del 13/12/2004, Cerenza, Rv. 231291) riguardano ipotesi in cui il rito direttissimo si è celebrato ed è stato concluso in continuità con l’udienza di convalida e vi è stato un errore o una carenza di comunicazione al difensore della fissazione sia dell’udienza di convalida che del successivo giudizio direttissimo.
Nel caso in esame, invece, le due fasi hanno conosciuto una netta cesura temporale. In particolare, è accaduto che alla prima udienza per direttissima del 5 ottobre, nonostante il rito fosse stato aperto subito dopo la convalida dell’arresto, non era stata compiuta alcuna attività processuale, in quanto il Tribunale ha accolto la richiesta di termine a difesa presentata del difensore d’ufficio, disponendo il rinvio all’udienza dell’8 ottobre, della cui fissazione è stato poi correttamente dato avviso al difensore di fiducia dell’imputato, poi ritualmente comparso.
La Corte ritiene fondate anche le ulteriori doglianze formulate dal pubblico ministero in merito alla natura abnorme dell’ordinanza impugnata.
3.1 In via preliminare, tralasciando il profilo della sussistenza di una rituale notifica a difensore di fiducia data la sua irrilevanza nel caso di specie, occorre richiamare i principi sanciti dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo la quale è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la sua singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur
essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite (Sez. U., n. 10728 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282807; Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, Rv. 273581; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni Rv. 243590). In tal senso è stato chiarito che l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sist organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. In definitiva, l’atto può essere dichiarato abnorme quando concorrano almeno i seguenti requisiti: a) sia affetto da un vizio per il quale non sono previste cause di nullità o inutilizzabilità; b) non sia altrimenti impugnabile; c) non si inquadrabile nella struttura procedimentale prevista dall’ordinamento, ovvero determini una stasi processuale non altrimenti superabile, con la precisazione che, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica.
I principi ora enunciati trovano applicazione nel caso in esame, in quanto l’ordinanza impugnata, nel restituire gli atti al pubblico ministero, ha determinato un’indebita regressione del procedimento, alterando così l’ordinata sequenza processuale e creando una paralisi irrisolvibile.
3.2 Un primo profilo di abnormità viene correttamente rilevato dal ricorrente in ordine alla decisione del giudice di dichiarare la nullità dell’udienza e dell’ordinanza di convalida dell’arresto.
In particolare, coglie nel segno la doglianza nella parte in cui evidenzia che la convalida dell’arresto è del tutto autonoma rispetto alle fasi successive, con la conseguenza che un eventuale vizio di nullità rilevato in quella sede non inficia la validità del successivo giudizio celebrato con rito direttissimo. Infatti, il vizio di omessa comunicazione al difensore è suscettibile di essere rilevato solo con autonoma impugnazione mediante ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di convalida ai sensi dell’art. 391, comma 4, cod. proc. pen.
Quanto osservato trova conforto nella consolidata giurisprudenza di questa Corte richiamata nel ricorso, secondo la quale l’arresto, una volta convalidato, non può essere messo in discussione nelle successive fasi processuali, perché non può essere il giudice della cognizione a conoscere della legittimità o meno dell’arresto. La mancata impugnazione dell’ordinanza di convalida, dunque, preclude la rilevabilità del vizio relativo alla costituzione delle parti ed alla invalidità derivata degli atti compiu nell’udienza di convalida (ex multis Sez. 2, n. 17442 del 113.2009, COGNOME Rv.
234348; Sez. 1, n. 16587 del 18/12/2015, dep. 2016, Stiranets, Rv. 267366 e Sez. 3, n. 36945 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276886).
Da quanto fin qui osservato discende l’abnormità dell’ordinanza anche sotto il profilo della denunciata violazione del principio di autonomia tra provvedimento di convalida e provvedimento applicativo della misura cautelare. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità osserva che il difensore dell’imputato, solo dopo aver impugnato l’ordinanza di convalida e ottenuto il riconoscimento della sua nullità deducendo il vizio relativo alla costituzione delle parti, avrebbe potuto eccepire l’invalidità dell’interrogatorio e l’eventuale inefficacia della misura cautelare applicata all’esito dell’udienza di convalida (Sez. 1, n. 16587 del 18/12/2015, cit.).
3.3 Infine, un ultimo profilo di abnormità dell’ordinanza impugnata viene fondatamente lamentato dal ricorrente in riferimento alla decisione del Tribunale di dichiarare la nullità dell’udienza per direttissima del 5 ottobre 2024 e di disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero per l’ulteriore corso del procedimento. In particolare, si evidenzia come il giudice, posto che nell’udienza precedente non era stata compiuta alcuna attività processuale, abbia esercitato poteri al di fuori della sua sfera di competenza, in palese violazione del secondo comma dell’art. 184 cod. proc. pen. Infatti, il Tribunale, di fronte all’eccezione di nullità promossa dal difensore di fiducia avrebbe potuto solo disporre un rinvio dell’udienza per direttissima, concedendo un ulteriore termine a difesa, ma giammai avrebbe potuto disporre una regressione del procedimento all’atto di esercizio dell’azione penale, la quale era già stata ritualmente esercitata dal suo titolare.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Siena per l’ulteriore corso.
Così deciso il 15/1/2025