Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23433 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23433 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della repubblica presso il TRIBUNALE DI NAPOLI nei confronti di:
COGNOME NOME nato a POZZUOLI il 18/01/1978
avverso il decreto del 06/12/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli, per l’ulteriore corso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto indicato in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari di Napoli, rilevata la mancanza nel capo di imputazione della p.o., COGNOME NOME, e che mancava il capo di imputazione, relativo al furto subito da COGNOME, come dichiarato nella querela del 13/2/2023, dichiarava, “ai sensi dell’art.554 bis, comma 5 e 6, cod. proc. pen., la nullità del D. C.” emesso nei confronti di NOME COGNOME e disponeva “la restituzione degli atti al PM.”
Avverso la suindicata ordinanza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli propone ricorso, affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta vizio di inosservanza e di erronea applicazione di legge, in relazione agli artt.336 e 554 bis cod. proc. pen., deducendo la abnormità della ordinanza in quanto ha dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio al di fuori dei casi indicati dall’art. 554 bis cod. proc. pen., e precisamente, nel caso di reato ulteriore e diverso da quelli indicati nelle imputazioni elevate, sebbene connesso o collegato ad esse. Si deduce, altresì, che la contestazione di cui al capo 3) del decreto di citazione a giudizio, in relazione alla condotta in danno di COGNOME NOME, era indicata nella imputazione come improcedibile per difetto di querela, ed avanzata richiesta di archiviazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato poiché il Tribunale è incorso in evidente violazione di legge pervenendo alla pronuncia di un provvedimento da considerarsi abnorme.
L’art. 554-bis, comma 5, cod. proc. pen., introdotto dal D. Lvo 10 ottobre 2022 n. 150, in vigore a far data dal 30 dicembre 2022, prevede che, nel corso dell’udienza di comparizione predibattimentale, a seguito di citazione diretta il giudice – ove rilevi la violazione della disposizione di cui all’art. 552, comma 1, lettera c), del codice di rito per genericità ovvero indeterminatezza dell’imputazione – anche d’ufficio e sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l’imputazione medesima e, ove lo stesso non vi provveda, dichiara, con ordinanza la nullità dell’imputazione e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero.
La disposizione in parola assegna all’udienza predibattimentale (come già previsto per l’udienza preliminare) «il compito di definire l’oggetto del giudizio, consentendo al giudice e alle parti di esaminare l’imputazione articolata, ai sensi
dell’art. 552, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., sotto i plurimi profili connessi alla sua corrispondenza, in punto di fatto o di definizione giuridica, agli atti d’indagine» (così la Relazione della Commissione Ministeriale sul punto). Inoltre, a norma dell’art. 89-bis del citato decreto legislativo, tale disposizione riguarda i procedimenti penali nei quali il decreto di citazione a giudizio viene emesso in data successiva a quella della sua entrata in vigore.
2.1 Tanto premesso, non vi è dubbio che la descritta scansione processuale potesse trovare applicazione nel caso di specie, atteso che il procedimento de quo risulta essere stato iscritto nel registro delle notizie di reato nell’anno 2023, per fatto di reato commesso dopo il 30.12.2022, che l’imputazione è relativa al delitto di cui all’art. 624 cod. pen. per il quale è prevista la citazione diretta e che, a seguito di opposizione a decreto penale, è stato instaurato il giudizio dibattimentale.
La mancata indicazione del nome della persona offesa, nel capo di imputazione non è causa di nullità, ex art. 552, commi 1, lett. c), e 2, cod. proc. pen.
Invero, l’omessa indicazione, come altra persona offesa, anche del nominativo di COGNOME NOME, non è requisito essenziale e di validità del capo di imputazione, in quanto la contestazione va riferita non soltanto al capo d’imputazione in senso stretto, ma anche agli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere in modo più ampio l’addebito e gli consentono di difendersi compiutamente (Sez. 3 , Sentenza n. 9314 del 16/11/2023, dep. 2024, Rv. 286023 – 01).
Quanto al rilievo della mancata contestazione del furto subito da COGNOME, come correttamente dedotto dal ricorrente, non si verte in ipotesi di fatto diverso, che consente al giudice, in virtù del disposto di cui all’art. 554-bis, comma 6, cod. proc. pen., di invitare il pubblico ministero a modificare l’imputazione e disporre, laddove la difformità indicata fosse rimasta, anche d’ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero, ma di fatto nuovo e ulteriore rispetto a quelli oggetto di contestazione.
L’ordinanza con la quale il giudice ha disposto la trasmissione degli atti al PM, ai sensi dell’art. 554 bis c.p.p., avverso la quale non è previsto alcun mezzo di impugnazione, in tanto può essere oggetto di ricorso in Cassazione in quanto si configuri atto abnorme.
Nel solco dell’insegnamento giurisprudenziale, l’abnormità si lega a due complementari ed indefettibili caratteristiche dell’atto, l’una strutturale, per essere il provvedimento avulso dal sistema e, dunque, non solo dalle norme processuali,
ma anche dall’intero ordinamento, tanto da doversi considerare, postulando la sua adozione una assoluta carenza di potere, non previsto né prevedibile dal legislatore, e l’altra, invece, funzionale per essere l’atto causa di una stasi del procedimento, non potendo altro organo o parte del processo ovviare alla determinazione giudiziale con gli ordinari strumenti processuali (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590).
Ciò è quanto si è verificato nel caso in esame, in cui il provvedimento del Tribunale appare abnorme, in relazione al profilo funzionale.
Nella specie, la restituzione degli atti al PM, pur prevista dall’ordinamento dall’art. 554 bis cod. proc. pen., non si fonda sull’ipotesi di un fatto diverso da quello contestato, ossia non corrispondente a quanto emerge dagli atti – per circostanze di luogo o di tempo, per modalità difformi da quelle descritte nell’imputazione – nel qual caso incombe sull’organo requirente la modifica della contestazione -, ma sul rilievo della mancata contestazione di una ulteriore fattispecie di reato, postulando, perciò, il provvedimento impugnato non già la sussistenza di un fatto diverso, ovverosia incompatibile con la ricostruzione iniziale, bensì la sussistenza di un fatto nuovo, non contestato.
L’abnormità dell’ordinanza in esame è insita nel fatto che restano in piedi le originarie imputazioni, senza essere approdate al fisiologico epilogo decisorio, determinandosi in tal modo una stasi dell’intero procedimento, regredito con riguardo a tutte le imputazioni, già contestate, alla fase delle indagini preliminari, con l’effetto di vincolare, comunque, l’organo requirente ad una contestazione ulteriore ed autonoma rispetto alle imputazioni originarie, peraltro improcedibile per difetto di querela, come espressamente indicato nella contestazione di cui al capo 3).
A fronte dell’esercizio dell’azione penale, in relazione ai fatti originariamente contestati, il giudice avrebbe dovuto comunque emettere sentenza ai sensi dell’art. 554 ter cod. proc. pen., suscettibile di impugnazione.
L’art. 554 bis cod. proc. pen., invero, circoscrive il potere del giudice di restituire gli atti al Pubblico Ministero alla sola ipotesi di fatto diverso, co esclusione dell’ipotesi dell’emergere di fatto nuovo o di reato concorrente. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che è abnorme il provvedimento con cui il giudice, in relazione ad un fatto nuovo, accertato in dibattimento, non si limiti ad ordinare la trasmissione degli atti al pubblico ministero relativamente ad esso, ai sensi dell’art. 521, comma secondo, cod. proc. pen., ma determini la regressione dell’intero procedimento, senza pronunciarsi in ordine al fatto originariamente contestato e perciò vincolando l’organo requirente a contestare
un’accusa formulata dallo stesso giudicante (Sez. 4, n. 17213 del 09/03/2017,
P.M. in proc. COGNOME Rv. 269459; Sez. 2, n. 15991 del 07/01/2016, Rv. 266836).
L’ordinanza impugnata non solo è affetta da violazione di legge ma presenta anche i caratteri dell’abnormità poiché, seppure non estranea al sistema
normativo, ha determinato un’indebita regressione del procedimento, in ragione della presenza di una disposizione normativa che contempla uno specifico
strumento volto a rimuovere nella fase dibattimentale l’eventuale causa di nullità
del decreto di citazione a giudizio per indeterminatezza ovvero genericità
dell’imputazione: ed in tal senso, la SRAGIONE_SOCIALE. (Sez. U, n. 5307/2008, cit.) ha espressamente riconosciuto che “… alla luce del principio costituzionale della
ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata
sequenza logico-cronologica” (nello stesso sostanziale senso, Sez. U, n. 26 del
24/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215094; Sez. 2, Sentenza n. 6800 del
13/02/2025, Rv. 287576 – 01).
Si è dunque verificata, nella specie, un’alterazione dell’ordinata sequenza procedimentale con violazione dei principi di rilievo costituzionale dell’efficienza e della ragionevole durata del processo i quali, pur nel contemperamento con il diritto dell’imputato ad una contestazione chiara e completa dell’accusa a lui mossa, impongono la razionalizzazione dei tempi, dell’organizzazione del giudizio e, quindi, l’effettività della giurisdizione penale.
Il provvedimento impugnato deve, pertanto, essere annullato, senza rinvio, con restituzione degli atti al Tribunale di Napoli per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone restituirsi gli atti al Tribunale di Napoli per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma il 25/03/2025.