Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21586 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21586 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 11/03/2025
R.G.N. 821/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria nei confronti di: NOME COGNOME nato ad Alessandria il 12/02/2000 avverso l’ordinanza del 09/12/2024 del Magistrato di sorveglianza di Alessandria udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che, con requsitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 15 marzo 2024 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Alessandria ha condannato COGNOME mediante il rito del patteggiamento, alla pena di quattro anni di reclusione, sostituita dalla detenzione domiciliare per il medesimo periodo, quale responsabile del reato di cui all’art. 589-bis cod. pen.
La sentenza Ł divenuta definitiva in data 10 luglio 2024 ed Ł stata trasmessa al magistrato di sorveglianza di Alessandria, per l’esecuzione. Questi, con provvedimento emesso in data 09 dicembre 2024, ha stabilito le prescrizioni applicate al condannato, e ha concluso l’atto imponendo al pubblico ministero di emettere l’ordine di esecuzione e di annotarlo, insieme al fine pena, sullo stato di esecuzione.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il procuratore presso il Tribunale di Alessandria, lamentandone l’abnormità per violazione degli artt. 661 cod. proc. pen. e 62 legge n. 689/1981.
Il provvedimento impugnato risulta emesso al di fuori di ogni previsione di legge, e determina una stasi nell’esecuzione della pena. Le norme della c.d. riforma Cartabia hanno modificato completamente il sistema delle sanzioni sostitutive, anche quanto alla loro esecuzione. L’art. 660 cod. proc. pen. continua ad attribuire al pubblico ministero la competenza per l’esecuzione delle pene detentive e delle pene pecuniarie, ma l’art. 661 cod. proc. pen., che deve essere coordinato
con gli artt. 62, 63 e 71 legge n. 689/1981, attribuisce al solo magistrato di sorveglianza la competenza sulla esecuzione della detenzione domiciliare, mentre in ordine al lavoro sostitutivo dispone che provveda lo stesso giudice che ha emesso la sanzione. Tali norme non prevedono in alcun caso la comunicazione al pubblico ministero dell’ordinanza del magistrato di sorveglianza, diversamente da quanto previsto dall’art. 100 d.P.R. n. 230/2000 nel caso della detenzione domiciliare concessa quale misura alternativa alla detenzione in carcere, con la conseguenza che il fine pena non può essere calcolato dal pubblico ministero, il quale non determina l’inizio dell’esecuzione e neppure ne viene informato. Il fine pena, pertanto, deve necessariamente essere calcolato dal magistrato di sorveglianza ed inserito nell’ordinanza da questi emessa ai sensi dell’art. 56 legge n. 689/1981, essendo tale ordinanza notificata al condannato ed iniziando l’esecuzione dalla sua notifica. Anche nel caso di sospensione della esecuzione della misura sostitutiva, l’art. 68 legge n. 689/1981 stabilisce che sono il magistrato di sorveglianza o il giudice a determinare la durata della pena residua ancora da espiare, e a trasmettere direttamente il proprio provvedimento al direttore dell’istituto di pena.
Secondo il pubblico ministero ricorrente, pertanto, l’attuale assetto normativo esclude che il pubblico ministero debba emettere un ordine di esecuzione, essendo competente per l’esecuzione solo il magistrato di sorveglianza, ed essendo il pubblico ministero escluso anche dalle comunicazioni relative all’esecuzione della sanzione. Alla luce della sentenza n. 9282/2024 della Corte di cassazione, al pubblico ministero spetta solo di dare impulso all’esecuzione trasmettendo la sentenza esecutiva al magistrato di sorveglianza, ma da quel momento quest’ultimo Ł l’unico soggetto competente ad assumere tutte le determinazioni necessarie per l’esecuzione stessa.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, per assenza della necessaria abnormità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato, e deve essere accolto.
Il provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza in data 09/12/2024 Ł errato nella parte in cui «impone alla Procura della Repubblica competente di emettere ordine di esecuzione e di annotarlo, insieme al fine pena, sullo stato di esecuzione», in quanto prescrive l’emissione di un atto non previsto, nel caso di specie, dall’ordinamento processuale, e impone al pubblico ministero un’attività che esula dalle sue competenze e dalle sue oggettive possibilità.
Il sistema delle sanzioni sostitutive, come modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, stabilisce la competenza esclusiva del magistrato di sorveglianza sulla esecuzione di tali sanzioni, ad eccezione del solo lavoro di pubblica utilità.
L’art. 661, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dalla c.d. riforma Cartabia, stabilisce che, quando deve essere eseguita una condanna alla pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare, «il pubblico ministero trasmette la sentenza al magistrato di sorveglianza, che provvede senza ritardo ai sensi dell’articolo 62 della legge 24 novembre 1981 n. 689». L’art. 62 della legge 689/1981, a sua volta, stabilisce che il pubblico ministero trasmette la sentenza che dispone una delle predette sanzioni sostitutive al magistrato di sorveglianza, e questi «procede a norma dell’art. 678, comma 1-bis, del codice di procedura penale», e quindi emette senza formalità l’ordinanza con cui conferma o modifica le modalità esecutive e le prescrizioni della pena. Tale ordinanza, come stabilito dalla norma stessa, «Ł immediatamente trasmessa per l’esecuzione all’ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato Ł domiciliato», o in mancanza all’Arma dei Carabinieri, nonchØ all’UEPE. L’ordinanza Ł immediatamente esecutiva, dal momento che l’organo di polizia, «appena ricevuta l’ordinanza», ne consegna copia al condannato
ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni e di presentarsi immediatamente all’UEPE, nonchØ adotta le ulteriori misure indicate dalla norma.
La norma indicata, pertanto, attribuisce al magistrato di sorveglianza ogni competenza sulla esecuzione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della detenzione domiciliare, perchØ la loro esecuzione inizia con la consegna al condannato dell’ordinanza emessa dal magistrato stesso, senza che sia prevista l’emissione di alcun ordine di esecuzione da parte del pubblico ministero, ordine la cui finalità risulta del tutto assente nell’ambito della procedura delineata dal d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022. L’iniziativa della esecuzione della sentenza di condanna Ł attribuita al pubblico ministero, nel rispetto del sistema delineato dal codice di procedura penale, ma si esaurisce nella trasmissione dell’atto al magistrato di sorveglianza, dopo la sua irrevocabilità.
2.1. La competenza esclusiva del magistrato di sorveglianza nella cura dell’esecuzione delle predette sanzioni sostitutive risulta confermata dalle procedure stabilite agli artt. 64, 66 e 68 legge n. 689/1981: i provvedimenti di modifica delle loro modalità esecutive, di revoca a causa dell’inosservanza delle prescrizioni, di sospensione della loro esecuzione sono adottati dal magistrato di sorveglianza senza alcuna iniziativa o coinvolgimento del pubblico ministero, in quanto gli organi di polizia e l’UEPE, che controllano il condannato sottoposto a tali sanzioni, riferiscono eventuali problematiche o violazioni al magistrato stesso, il quale provvede direttamente, senza interessare il pubblico ministero o acquisire il suo parere.
L’art. 64 legge n. 689/1981 stabilisce, infatti, che «le prescrizioni imposte con l’ordinanza prevista dall’articolo 62» possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza «su istanza del condannato da inoltrare tramite l’ufficio di esecuzione penale esterna», e il provvedimento di modifica deve essere trasmesso non all’ufficio del pubblico ministero, bensì esclusivamente all’UEPE, all’organo di polizia o al direttore del carcere competenti per il controllo sull’adempimento delle prescrizioni (competenza attribuita a tali soggetti dall’art. 65 legge n. 689/1981).
Analogamente l’art. 66, secondo comma, legge n. 689/1981 stabilisce che i soggetti competenti per il controllo circa l’adempimento delle prescrizioni informano di ogni violazione «il giudice che ha applicato il lavoro di pubblica utilità ovvero il magistrato di sorveglianza che ha emesso l’ordinanza prevista dall’articolo 62», e lo stesso magistrato di sorveglianza svolge gli accertamenti che ritiene necessari e procede alla revoca della sanzione sostitutiva, con la procedura di cui all’art. 666 cod. proc. pen.
Infine l’art. 68, terzo comma, legge n. 689/1981, stabilisce che, nel caso debba disporsi la sospensione della esecuzione della sanzione sostitutiva a causa del sopravvenire di una misura a carattere detentivo imposta per altra causa, «il giudice ovvero il magistrato di sorveglianza determinano la durata residua della pena sostitutiva e trasmettono il provvedimento al direttore dell’istituto in cui si trova il condannato», il quale deve informare anticipatamente l’organo di polizia della cessazione dell’esecuzione della detenzione, che determina automaticamente il ripristino della sanzione sostitutiva.
2.2. L’intero sistema dell’esecuzione delle predette sanzioni sostitutive e del controllo sull’adempimento delle loro prescrizioni esclude, pertanto, l’intervento del pubblico ministero, al quale non Ł attribuito alcun potere di iniziativa nØ di segnalazione di eventuali violazioni, e neppure alcun coinvolgimento mediante la richiesta di pareri preventivi. Questa Corte, nella parte motiva della sentenza Sez. 1, n. 9282 del 12/01/2024, Rv. 285915, emessa per dirimere un conflitto di competenza tra il magistrato di sorveglianza e il giudice per le indagini preliminari, ha già fornito tale interpretazione del sistema normativo relativo all’esecuzione delle sanzioni sostitutive, affermando, al punto 2.2. del «Considerato in diritto», che «l’impulso avente ad oggetto l’avvio dell’esecuzione … Ł affidato dalle indicate norme al pubblico ministero che ha il compito di trasmettere la sentenza al magistrato di sorveglianza … E’ poi il magistrato di sorveglianza a dover provvedere ‘senza ritardo’
al compimento delle attività disciplinate dall’art. 62 cit.», e al punto 2.3. ha precisato che «Il sistema, quindi, non contempla l’emersione di una competenza diversa da quella del magistrato di sorveglianza dall’avvio dell’esecuzione determinato dalla trasmissione da parte del pubblico ministero del titolo esecutivo al suddetto magistrato. Da quel momento Ł il magistrato di sorveglianza a dover assumere le conseguenti determinazioni».
2.3. Il provvedimento impugnato, che ordina al pubblico ministero di emettere l’ordine di esecuzione e di annotarlo, insieme al fine pena, sullo stato di esecuzione, impone pertanto a detto ufficio un adempimento non previsto dall’ordinamento e che Ł del tutto privo di efficacia, dal momento che l’esecuzione della sanzione ha inizio con la consegna al condannato dell’ordinanza stessa. Tale imposizione, inoltre, contempla anche un’attività che il pubblico ministero non può eseguire, quella dell’annotazione del fine pena, perchØ il pubblico ministero non Ł in grado di determinarlo, in quanto ignora il momento di inizio dell’esecuzione della sanzione sostitutiva, non essendo prevista la comunicazione al medesimo della data di consegna dell’ordinanza al condannato, e non contenendo essa alcuna indicazione circa la durata della sanzione, durata che può invece essere determinata dal magistrato di sorveglianza sulla base della condanna irrogata.
L’ordinanza impugnata, pertanto, Ł manifestamente errata quanto a tale parte del suo contenuto, e contrasta con le norme relative all’esecuzione della sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare, applicata al condannato.
Deve però valutarsi se il provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza, oltre che errato, sia abnorme, al fine di verificare l’ammissibilità del ricorso presentato dal pubblico ministero. Questi, infatti, ha proposto impugnazione in un caso non espressamente previsto dall’ordinamento.
3.1. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo ritenuto ammissibile il ricorso in cassazione avverso un provvedimento affetto da abnormità, anche nei casi in cui tale mezzo di impugnazione non Ł previsto, in deroga al principio di tassatività delle impugnazioni. Le Sezioni Unite hanno ripetutamente affermato la necessità di eliminare quegli atti per i quali non Ł stabilito uno specifico mezzo di impugnazione, ma che risultano affetti da una patologia non riconducibile alle categorie di vizio tipizzate, in quanto appaiono estranei al regolare iter procedimentale, ovvero costituiscono esercizio di un potere non attribuito all’organo decidente, e sono idonei a comportare una stasi nel procedimento.
Come precisato da Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590, «l’atto abnorme … può essere sottoposto a ricorso immediato per cassazione per la sua eccentricità», in quanto «la sua imprevedibilità non consente l’inserimento di esso tra gli atti impugnabili come tali tassativamente previsti. Peraltro … la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto indispensabile consentire di porre rimedio … con l’impugnazione in cassazione al fine di rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema o che si pone di impedimento allo sviluppo processuale». La medesima pronuncia, ribadendo principi consolidati, ha individuato una possibile abnormità di natura strutturale, rappresentata dai provvedimenti che, per singolarità o stranezza del contenuto, si pongono al di fuori del sistema organico della legge processuale, ovvero un’abnormità di natura funzionale quando l’atto stesso, pur non estraneo al sistema normativo e costituente, in astratto, manifestazione di legittimo potere da parte dell’organo che lo ha emesso, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo.
Tale sentenza, in merito ai rapporti tra giudice e pubblico ministero, ha ritenuto necessario limitare «l’ipotesi di abnormità strutturale al caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale … ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale» e di limitare l’abnormità funzionale «all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo». Il principio di diritto ivi formulato recita, per la parte che qui interessa, che «non Ł abnorme il
provvedimento del giudice emesso nell’esercizio del potere di adottarlo se ad esso non consegua la stasi del procedimento»: la stasi procedimentale, infatti, costituisce sempre una situazione di abnormità e comporta un grave vulnus ai diritti della persona, perchØ palesemente contrasta con il principio della ragionevole durata del processo, posto dall’art. 111, comma 2, Cost. tra le garanzie tipiche del «giusto processo».
3.2. Nel presente caso il provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza comporta, per quanto emerge dagli atti, una stasi procedimentale, in quanto l’imposizione al pubblico ministero di emettere l’ordine di esecuzione appare subordinare a tale attività l’effettivo inizio dell’esecuzione della sanzione sostitutiva stessa, e l’ordine al medesimo organo di annotare il fine pena sullo stato di esecuzione, senza determinarlo, impedisce di stabilire la durata della sanzione a cui l’ordinanza dovrebbe dare esecuzione e di comunicarla al condannato e ai soggetti competenti per il controllo sull’adempimento della prescrizioni, così di fatto ostacolando, o addirittura impedendo, lo svolgimento della predetta sanzione.
Deve pertanto affermarsi che l’ordinanza impugnata Ł affetta da abnormità di natura funzionale: essa Ł stata emessa dall’organo giudiziario competente e ne costituisce, almeno in astratto, manifestazione di legittimo potere, ma impone ad un diverso organo giudiziario l’emissione di un atto non previsto dall’ordinamento ed estraneo alle sue competenze, apparentemente collegando ad esso l’esecuzione della sanzione sostitutiva, a cui invece deve essere data esecuzione mediante la consegna dell’ordinanza stessa al condannato, nonchØ impone a detto organo di compiere ulteriori attività, in particolare la determinazione del fine pena, che non rientrano nei suoi poteri, con riferimento alla sanzione sostitutiva da eseguire, e che esso non Ł in grado di compiere. Tale provvedimento, pertanto, determina la stasi della fase procedimentale dell’esecuzione della pena, perchØ il magistrato di sorveglianza, apparentemente, non attribuisce efficacia esecutiva all’ordinanza da lui emessa ai sensi dell’art. 62 legge n. 689/1981, ma impone al pubblico ministero l’emissione di un ordine di esecuzione, che questi non ha il potere di emettere e che risulterebbe del tutto privo di efficacia, e gli impone altresì la determinazione della durata della sanzione sostitutiva stessa, necessaria per la verifica della sua corretta esecuzione, ma che il pubblico ministero non può effettuare, ignorando la data di inizio dell’esecuzione stessa.
Il ricorso proposto dal pubblico ministero, pertanto, deve essere ritenuto ammissibile, in quanto presentato avverso un provvedimento abnorme nella parte in cui impone alla Procura della Repubblica gli adempimenti sopra indicati, non previsti dalle norme processuali.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, essendo necessario eliminare un provvedimento estraneo al sistema della esecuzione delle sanzioni sostitutive e in grado di determinare una stasi procedimentale, e deve disporsi la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza di Alessandria, per l’adozione dei necessari provvedimenti conseguenti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al magistrato di sorveglianza di Alessandria per l’ulterore corso
Così deciso il 11/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME