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Provvedimento abnorme e rito: la Cassazione decide

La Procura ricorre contro un’ordinanza del GUP che, per un reato di droga, aveva imposto la citazione diretta a giudizio basandosi sulla legge vigente al momento del fatto. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, definendo l’ordinanza un ‘provvedimento abnorme’. Viene stabilito che le norme processuali seguono il principio ‘tempus regit actum’: si applica la legge in vigore quando l’atto processuale viene compiuto. Poiché una nuova legge aveva innalzato la pena prima della richiesta del PM, la procedura corretta era l’udienza preliminare. L’ordinanza viene quindi annullata.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Provvedimento Abnorme: la Cassazione sul Principio del ‘Tempus Regit Actum’

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44096 del 2024, ha affrontato un’interessante questione di procedura penale, chiarendo i confini del cosiddetto provvedimento abnorme e ribadendo la centralità del principio ‘tempus regit actum’. La decisione scaturisce da un conflitto tra Pubblico Ministero e Giudice dell’udienza preliminare (GUP) sulla corretta procedura da seguire a seguito di una modifica legislativa che ha inasprito la pena per un reato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un procedimento per un reato in materia di stupefacenti di lieve entità, commesso nel giugno 2022. Al termine delle indagini, il Pubblico Ministero formulava una richiesta di rinvio a giudizio, attivando così la procedura che prevede il passaggio davanti al GUP.

Tuttavia, il GUP, con un’ordinanza, restituiva gli atti al Pubblico Ministero. Secondo il Giudice, la procedura corretta avrebbe dovuto essere la citazione diretta a giudizio, un rito più snello che non prevede l’udienza preliminare. La motivazione del GUP si basava sul fatto che, al momento della commissione del reato, il limite di pena per quella fattispecie rientrava nei casi di citazione diretta. Il Giudice riteneva quindi nulla la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal PM.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il Concetto di Provvedimento Abnorme

Il Pubblico Ministero decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo che l’ordinanza del GUP costituisse un provvedimento abnorme. Il punto cruciale del ricorso era una modifica legislativa intervenuta dopo la commissione del reato ma prima della richiesta di rinvio a giudizio. Una nuova legge aveva aumentato il limite massimo della pena per quel reato, facendolo uscire dall’ambito di applicazione della citazione diretta e rendendo obbligatoria l’udienza preliminare.

Il PM sosteneva che il GUP avesse erroneamente applicato i principi della successione di leggi penali (favorevoli all’imputato), che valgono per il diritto sostanziale, a una questione puramente processuale. Per le norme processuali, vige invece il principio del tempus regit actum (il tempo regola l’atto), secondo cui si applica la legge in vigore nel momento in cui l’atto processuale viene compiuto.

Obbligare il PM a procedere con citazione diretta, secondo la Procura, significava imporgli un atto nullo e causare un’indebita regressione e una stasi del procedimento, elementi tipici del provvedimento abnorme.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dato piena ragione al Pubblico Ministero, annullando l’ordinanza del GUP. I giudici supremi hanno ribadito che un provvedimento abnorme è tale non solo quando è bizzarro o stravagante, ma anche quando, pur apparendo legittimo, determina una paralisi o un’irragionevole regressione del processo a una fase già conclusa.

La Corte ha chiarito la distinzione fondamentale:

1. Diritto Penale Sostanziale: Riguarda la definizione dei reati e delle pene. Qui vige il principio del favor rei, secondo cui si applica la legge più favorevole all’imputato tra quella vigente al momento del fatto e quelle successive.
2. Diritto Processuale Penale: Riguarda le regole del processo. Qui vige il principio del tempus regit actum. La norma da applicare per determinare il rito corretto è quella in vigore al momento dell’esercizio dell’azione penale (in questo caso, al momento della richiesta di rinvio a giudizio).

Poiché al momento della richiesta del PM la pena massima era stata innalzata dalla nuova legge, la citazione diretta non era più applicabile. La richiesta di rinvio a giudizio era, pertanto, l’unica procedura corretta. L’ordinanza del GUP, imponendo un rito non più previsto dalla legge, si è posta al di fuori del sistema, ha determinato un’indebita regressione e ha costretto il PM a compiere un’attività contra legem, integrando così tutti gli estremi del provvedimento abnorme.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione consolida un importante principio giurisprudenziale: le modifiche normative che incidono sui limiti di pena rilevanti per la scelta del rito processuale si applicano immediatamente secondo la regola del tempus regit actum. Un giudice non può ‘guardare indietro’ alla legge in vigore al momento del reato per decidere una questione procedurale. La decisione del GUP è stata quindi annullata senza rinvio, e gli atti sono stati ritrasmessi al Tribunale per la corretta prosecuzione del giudizio attraverso l’udienza preliminare, come originariamente richiesto dal Pubblico Ministero. Questo caso serve da monito sulla necessità di distinguere nettamente tra norme sostanziali e processuali per evitare la paralisi della giustizia.

Quale legge processuale si applica se la norma cambia tra il momento del reato e l’inizio del processo?
Si applica la legge in vigore nel momento in cui l’atto processuale viene compiuto, secondo il principio ‘tempus regit actum’, e non quella vigente al momento della commissione del reato.

Quando un’ordinanza del giudice può essere considerata un provvedimento abnorme?
Un’ordinanza è considerata un provvedimento abnorme quando, per la sua singolarità, si pone al di fuori del sistema normativo processuale oppure quando, pur essendo formalmente prevista, determina una stasi del processo o una sua inammissibile regressione a una fase già superata.

Perché il Giudice dell’udienza preliminare non poteva restituire gli atti al Pubblico Ministero in questo caso?
Non poteva farlo perché il Pubblico Ministero aveva correttamente applicato la legge processuale in vigore al momento della sua richiesta. A quella data, una modifica legislativa aveva aumentato la pena per il reato contestato, rendendo obbligatoria l’udienza preliminare e non più possibile la citazione diretta. L’ordine del giudice si basava sull’erronea applicazione della vecchia normativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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