Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3313 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3313 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/12/2022 della CORTE di ASSISE di APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che, riportandosi alla memoria depositata, chiede il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO che si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Assise di Appello di Bari, con sentenza del 21/12/2022, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata all’esito del processo celebrato con il rito abbreviato dalla Corte di Assise di Trani il 15/10/2021, ha ridotto la pena ad anni dieci reclusione e ha confermato nel resto la condanna nei confronti di COGNOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt. 575 e 4, comma 2, L. 110/1975.
NOME COGNOME è stato rinviato a giudizio e processato con le forme del rito abbreviato per avere cagionato la morte di NOME COGNOME, attinto da un fendente sferrato all’emitorace destro con uno strumento da taglio.
Secondo la conforme ricostruzione effettuata dai due giudici di merito tra l’imputato e la vittima è sorta una discussione per motivi di viabilità e poi, dopo che COGNOME ha fat cenno a COGNOME di seguirlo e questo lo ha “tallonato”, le due autovetture si sono fermate e la vittima ha colpito con pugni e calci l’autovettura dell’imputato.
Nei momenti immediatamente successivi COGNOME si è allontanato e COGNOME è sceso dalla macchina, situazione questa che ha indotto il primo a tornare sui suoi passi e a colpire con un violento pugno al volto l’attuale ricorrente che, a questo punto, ha colpito il torace contendente con un unico fendente. Subito dopo COGNOME si è allontanato. COGNOME ha fatto lo stesso e si recato, dapprima, presso la falegnameria dove lavorava e, successivamente, dal dentista dove aveva appuntamento. La vittima, invece, è deceduta a seguito della lacerazione al cuore che il fendente aveva causato.
All’esito del giudizio di primo grado la Corte di Assise, esclusa l’aggravante dei fut motivi e la recidiva, entrambe contestate, ritenuta la continuazione tra due reati applicata la diminuente del rito, ha condannato l’imputato alla pena di anni dodici e mesi uno di reclusione e al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.
Avverso la sentenza ha proposto appello l’imputato chiedendo che i fatti venissero qualificati quale omicidio colposo e, segnatamente, come eccesso colposo di legittima difesa ovvero quale omicidio preterintenzionale e, in ulteriore subordine, che venisse riconosciuta l’attenuante della provocazione, la diminuzione della pena e, da ultimo, l’assoluzione per il reato di porto abusivo del coltello, utilizzato per l’attività di fale
Nel corso della prima udienza di appello l’imputato e il difensore hanno rinunciato a tutti i motivi di impugnazione a eccezione di quelli relativi al mancato riconoscimento dell circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 2 cod. pen. e a quello sulla determinazione dell pena.
La Corte territoriale -ritenute infondate le doglianze relative all’invocata attenuante quanto la reazione dell’imputato, posta in essere accettando una sorta di sfida, sarebbe stata priva dei richiesti requisiti di adeguatezza e proporzionalità- ha ridotto comunque l pena che ha rideterminato in anni dieci confermando nel resto la condanna.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione.
In data 10 ottobre 2023 è pervenuta in cancelleria una memoria nella quale il AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa censura la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale in ordine all’attenuante della provocazione. Nello specifico nel ricorso
evidenzia che i tre profili indicati nella motivazione -l’essersi l’imputato p volontariamente in una posizione di pericolo accettando la sfida, l’inadeguatezza della condotta che avrebbe così interrotto il rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e reazione, l’assenza di un effettivo pericolo all’incolumità e alla sicurezza del ricorrent non sarebbero coerenti con la ricostruzione degli eventi effettuata dai giudici di merit (che pure ritengono che la condotta della vittima possa essere definita provocatoria) e contrasterebbero con i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità sul punto L’imputato, d’altro canto, avrebbe subito una condotta ingiusta da parte della vittima sfociata, da ultimo, in un violento pugno al volto, evento questo che si pone in un complesso di condotte che hanno determinato lo stato d’ira cui è seguita la reazione del ricorrente. Sotto tale profilo, pertanto, l’adeguatezza della reazione, esclusa la necessit che vi sia una proporzionalità con l’azione, avrebbe dovuto essere comunque considerata facendo riferimento a tutto il contesto e tenendo ben presente l’inaspettata violenza del pugno a due mani inferto da ultimo dalla vittima all’imputato.
La doglianza è infondata.
2.1. L’attenuante della provocazione è configurabile qualora la reazione dell’agente trovi origine in uno “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva che può anch protrarsi nel tempo, originato da un “fatto ingiusto altrui”, un fatto cioè connotato carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridic morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale (da ultimo Sez. 1, n- 19150 del 16/2/2023, COGNOME, Rv 284549-01).
Tra lo “stato d’ira” e il “fatto ingiusto”, cioè tra l’offesa e la reazione, d’altro deve sussistere un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità così che, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, è necessario che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta (così da ultimo Sez. 1, n- 19150 del 16/2/2023, COGNOME, Rv 284549-01 che testualmente riporta Sez. 1, n. 21409 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 275894).
In una corretta prospettiva, infatti, la circostanza attenuante non è configurabil laddove la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso sia talmente grav e macroscopica da escludere lo stato d’ira o il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ stessa (Sez. 5, n. 8945 del 19/01/2022, COGNOME, Rv. 282823 – 01; Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, M.C., Rv. 271799 – 01).
Ciò in quanto la proporzione tra fatto ingiusto e reazione, benché non costituisca elemento richiesto dalla legge per il riconoscimento della circostante attenuante, assume comunque rilievo al fine di verificare in concreto la sussistenza del nesso causale tra fatt provocatorio e reazione poiché, in presenza di una sproporzione di notevole entità, si deve ritenere che il fatto provocatorio sia una mera occasione della reazione, la quale in effett
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trova origine e spiegazione in altre ragioni inerenti essenzialmente alla personalità dell’agente (Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, M.C., Rv. 271799 – 01; Sez. 1, n. 7486 del 07/08/1984, COGNOME, Rv. 165718 – 01)
Per tale ragione, se per la sussistenza della circostanza attenuante della provocazione non è richiesta una vera e propria proporzione tra offesa e reazione, è comunque necessaria una relazione definibile di adeguatezza della risposta rispetto alla gravità del fatto ingiusto perché il nesso causale tra il secondo e la prima va escluso qualora l’evidente sproporzione tra i due sia tale da far scadere l’antecedente fattuale a mera occasione del dispiegamento del fatto violento successivo (Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, NOME, Rv. 271799 – 01; Sez. 1, n. 1214 del 06/11/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242622 – 01).
Il criterio della proporzione, quindi, a fronte della molteplicità delle spinte emotiv all’azione, rileva quale indicatore di una relazione di causalità psicologica al solo fine distinguere i casi in cui il fatto ingiusto altrui sia solo occasione o pretesto per l’azi violenta dai casi in cui questo sia stato effettivamente la causa dello stato d’ira e dell reazione violenta.
In tal senso, pertanto, si deve ribadire che «per quanto i criteri di adeguatezza e proporzione tra fatto ingiusto e reazione non siano propri della circostanza in esame, ciò nonostante una evidente e macroscopica differenza tra tali termini a raffronto induce a ritenere che non sia lo stato d’ira prodotto dal fatto altrui a scatenare la reazione lesiv quanto altri sentimenti, quali la vendetta, il malanimo, il desiderio di sopraffazione, co esclusione quindi del necessario nesso di casualità, rappresentando l’offesa precedente soltanto l’occasione per estrinsecare impulsi violenti» (così testualmente Sez. 1, n. 12816 del 31/1/2017, NOME COGNOME, n.m. e Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, M.C., Rv. 271799 01).
Più in generale, poi, si deve pure evidenziare che l’applicazione della circostanza attenuante della provocazione deve sempre essere esclusa qualora il soggetto agente accetti o porti una sfida per la risoluzione di una contesa o per dare sfogo ad un risentimento. In questo caso, infatti, è la stessa illiceità del comportamento di sfida, seppu occasionato da un precedente fatto dell’avversario, ad escludere in radice la sussistenza del richiesto nesso psicologico tra l’offesa e la reazione (Sez. 5, n. 12045 del 16/12/2020, dep. 2021, Gallace, Rv. 281137 – 03).
2.2. Nel caso di specie la Corte territoriale si è correttamente conformata ai principi indicati.
I secondi giudici, anche rinviando alla sentenza di primo grado, hanno dato conto di avere proceduto a un’analisi complessiva di quanto accaduto e la conclusione cui sono pervenuti appare corretta e la motivazione sul punto è coerente.
Come evidenziato da entrambi i giudici di merito il ricorrente, che peraltro ha per primo lanciato una sfida alla vittima invitando COGNOME a seguirlo con l’autovettura, seppure abbia subito un’aggressione fisica e verbale qualificabile come fatto ingiusto, ha posto in essere una reazione del tutto inadeguata e sproporzionata rispetto a quanto accaduto e ciò è stato correttamente ritenuto idoneo a escludere la sussistenza del necessario nesso psicologico tra offesa e reazione.
Nello specifico, d’altro canto, come indicato in prima battuta nella sentenza impugnata, allorché la vittima ha cessato di prendere a calci e pugni la macchina dell’imputato e si è allontanatq la “contesa” era terminata e, pertanto, il nesso psicologico tra fatto ingiusto e reazione si era comunque interrotto, così che la condotta tenuta dal ricorrente scendendo dalla propria autovettura con un’arma, per giunta pronta all’uso, ha determinato l’inizio di una serie causale ulteriore e autonoma rispetto alla precedente.
Né, d’altro canto, pure volendo analizzare solo questo nuovo segmento, potrebbe avere rilievo il pugno inferto dalla vittima all’imputato. Questa fase, infatti, è caratteriz dall’atteggiamento di sfida del ricorrente, incompatibile per la sua evidente antigiuridici con la configurabilità dell’invocata attenuante e ciò pure volendo prescindere dalle modalità dell’azione e dalla sproporzionata violenza della reazione al pugno a mani nude che, come detto e correttamente ritenuto, esclude l’esistenza del nesso psicologico richiesto per il riconoscimento della provocazione.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26 ottobre 2023.