Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18588 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18588 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Montreal (Canada) il 21/04/1968
avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Perugia 1’11/06/2024;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata; lette le conclusioni dell’Avv.ta NOME COGNOME difensore del ricorrente, che h per l’accoglimento del motivo di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Perugia ha dichiarato, con ordinanza de plano, inammissibile la richiesta di revisione, presentata ai sensi dell’art. 630 lett. c) cod. pro sentenza emessa dal Tribunale di Cassino 1’08/02/2021 – divenuta irrevocab 07/07/2021 – con cui NOME NOME è stato condannato per il reato di calunn concorso con NOME COGNOME, per avere incolpato falsamente, con un atto di opposi a precetto, NOME Vittorio, presidente del collegio sindacale della società s.p.a., di aver falsamente sottoscritto, con firma a nome della legale rapprese
detta società RAGIONE_SOCIALE, due cambiali emesse in favore dello stesso COGNOME ei cui riguardi la società era debitrice.
COGNOME, marito della Soave ed ex amministratore della società, sarebbe stato in realtà l’autore materiale della sottoscrizione dei due titoli e colui che materialmente li avreb consegnati a Martone.
La richiesta di revisione è stata proposta sulla base delle dichiarazioni assunte, a sensi dell’art. 391 bis cod, proc. pen., da NOME che non aveva reso dichiarazioni nel processo, e che costituirebbero “prova nuova”; con dette dichiarazioni NOME avrebbe riferito che, al momento della proposizione dell’atto di opposizione al precetto, il marito era separato da lei, dimorava altrove, non si occupava delle vicende della società, non aveva conferito il mandato per l’opposizione e neppure concordato la strategia di tale opposizione e il suo contenuto calunnioso.
La Corte ha ritenuto inidoneo il contenuto della prova.
Ha proposto ricorso per cassazione Cornia articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Si assume che, insieme alle dichiarazioni della coimputata, erano stati depositati alcuni documenti volti a riscontrare l’attendibilità di Soave, tra cui il contra locazione di un immobile a Carpi dove avrebbe vissuto Cornia negli anni in questione, quelli relativi al cantiere a Carpi da cui risulterebbe che fosse proprio Cornia a seguirl nonché la dichiarazione di tale COGNOME confermativa del fatto che fosse Cornia a seguire il cantiere.
Si aggiunge che la procura al difensore per la causa contro COGNOME fu rilasciata solo da Soave e che COGNOME non avrebbe falsificato quei titoli e comunque non avrebbe falsamente incolpato COGNOME.
Dunque, COGNOME, separato di fatto da Soave, non seguiva le vicende giudiziarie della società e la Corte di appello, nella fase rescindente del giudizio di revisione, avrebb dovuto valutare la sola capacità dimostrativa astratta della “prova nuova” rispetto all invocata pronuncia di proscioglimento, senza entrare nel merito della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
In tema di revisione, è consolidato il principio secondo cui per prove nuove rilevanti, a norma dell’art. 630 lett. c) cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilit relativa istanza, devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate, neanche
implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superfl dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’er giudiziario (Sez. U., n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220443).
Dunque, una prova sopravvenuta ovvero una prova preesistente e non “deducibile” – nel senso che la parte non aveva potuto a suo tempo portarla alla cognizione del giudice per causa di forza maggiore o per fatto del terzo o perché materialmente “scoperta” successivamente, ovvero, ancora, una prova dedotta ma nemmeno implicitamente valutata.
La prova, oltre ad essere “nuova”, deve possedere il necessario requisito della “dimostratività” ai fini dell’accertamento dell’errore di giudizio da rescindere.
Il novum posto a base di tale giudizio deve dunque presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche delle prove a suo tempo acquisite, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base si pervenuti al giudicato oggetto di revisione, dal momento che, ove così non fosse, qualsiasi elemento in ipotesi favorevole potrebbe essere evocato a fondamento di un istituto che, da rimedio straordinario, si trasformerebbe ineluttabilmente in una non consentita impugnazione tardiva.
Si è inoltre osservato in giurisprudenza che la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta, proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prov nuova, deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e l congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta. (Sez. 1, n. 34928 del 27/06/2012, Conti Mica, Rv. 253437).
Alla luce di tale quadro di riferimento, il motivo di ricorso rivela la sua strutt inammissibilità.
Sotto un primo profilo, la Corte di appello ha spiegato come l’esame della coimputata, NOME fu ammesso nel corso del processo e non assunto per assenza ella dichiarante.
Dunque, nel caso di specie, la richieda di revisione è fondata su un mezzo di prova che obiettivamente avrebbe potuto essere assunto nel corso del processo: non una prova sopravvenuta alla sentenza definitiva di condanna, non una prova scoperta successivamente ad essa, e neppure una prova preesistente e non “deducibile”, nel senso che la parte non aveva potuto a suo tempo portarla alla cognizione del giudice per causa di forza maggiore o per fatto del terzo.
Nel caso di specie, la richiesta di revisione è sostanzialmente fondata sulla richiesta di esercitare il diritto alla prova in maniera diversa e più ampia di quanto non sia stat fatto nel giudizio di cognizione.
Si è tuttavia affermato in modo condivisibile che l’istituto della revisione non configura come un’impugnazione tardiva che permette di dedurre in ogni tempo ciò che nel processo, definitivamente concluso, non è stato rilevato o non è stato dedotto, ma costituisce un mezzo straordinario di impugnazione che consente, nei casi tassativi, di rimuovere gli effetti della cosa giudicata, dando priorità alle esigenze di giustizia rispe a quelle di certezza dei rapporti giuridici.
La risoluzione del giudicato non può avere come presupposto né una diversa valutazione del dedotto, né un’inedita disamina del deducibile (il giudicato, infatti copr entrambi) quale, ad esempio, la richiesta di esercitare in modo più efficace un diritto quello alla prova – che è stato esercitato nel giudizio in modo sincopato.
Quella in esame era una richiesta di revisione inammissibile ad origine
Sotto altro profilo, come detto, la prova, oltre ad essere “nuova”, deve possedere il necessario requisito della obiettiva esistenza e GLYPH della “dimostratività”, ai fini dell’accertamento, dell’errore di giudizio da rescindere.
Il novum posto a base di tale giudizio deve cioè presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche delle prove a suo tempo acquisite, come un fattore obiettivo, un fatto accertato nella sua obiettività, che disarticoli il co fattuale posto a fondamento della sentenza di condanna.
Nel caso di specie, la prova “nuova” a cui il ricorrente fa riferimento non costituisc un fattore obiettivo nuovo, non offre cioè una conoscenza diretta del fatto disarticolante il ragionamento probatorio posto a fondamento del giudizio di responsabilità, ma è finalizzato solo a far rivalutare la capacità dimostrativa delle prove già acquisite.
La circostanza che NOME potesse in quel periodo avere interessenze a Carpi, non dimostra in via diretta la sua estraneità rispetto ai fatti di causa.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2024.