Prove Documentali nel Processo Penale: Il Consenso delle Parti Non è Necessario
Con l’ordinanza n. 25987/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in tema di acquisizione delle prove documentali nel processo penale. Questa decisione chiarisce che, a differenza di altre forme di prova, per l’ammissione di un documento non è richiesto il consenso esplicito delle controparti, ma solo che queste siano messe in condizione di esprimere il proprio dissenso.
Il Fatto alla Base del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente lamentava la violazione della legge processuale, sostenendo che nel precedente grado di giudizio fossero state acquisite delle prove in modo illegittimo. Nello specifico, il motivo di ricorso si concentrava sulla presunta inosservanza delle regole relative all’ammissione della prova documentale.
Il Principio dell’Acquisizione delle Prove Documentali
Il ricorrente basava la sua tesi su un’errata interpretazione dell’articolo 493, comma 3, del codice di procedura penale. Secondo la sua visione, l’acquisizione di documenti prodotti da una parte avrebbe richiesto il consenso esplicito delle altre. Questo avrebbe trasformato il diritto al dissenso in un vero e proprio potere di veto, capace di bloccare l’ingresso nel processo di elementi potenzialmente decisivi.
La Posizione della Corte di Cassazione sull’Acquisizione delle Prove Documentali
La Suprema Corte ha respinto questa interpretazione, giudicando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito la corretta procedura per l’acquisizione delle prove documentali, delineando con precisione i ruoli delle parti e del giudice.
Le Motivazioni
La Corte ha specificato che il giudice ha il potere-dovere di acquisire nel processo tutte le prove documentali richieste dalle parti o quelle che ritiene comunque necessarie ai fini della decisione. L’obbligo per la parte che intende produrre un documento è semplicemente quello di “offrirlo in lettura” alle altre parti. Questo adempimento garantisce il contraddittorio, dando alle controparti la facoltà di esaminare il documento e di esporre le ragioni del proprio dissenso alla sua acquisizione. Tuttavia, tale dissenso non ha un effetto vincolante per il giudice. Non è richiesto, infatti, alcun “consenso esplicito” per procedere. La valutazione sulla rilevanza e ammissibilità del documento spetta unicamente al giudice, che decide in autonomia. Richiamando un proprio precedente consolidato (Sez. 5, n. 23004 del 09/03/2017), la Corte ha rafforzato il principio secondo cui il dato meramente documentale segue un regime di ammissione semplificato rispetto ad altre prove, come quelle testimoniali.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che la strategia difensiva o accusatoria non può fondarsi su un mero ostruzionismo procedurale volto a impedire l’acquisizione di documenti. Il dissenso, per avere un peso, deve essere motivato con argomentazioni solide sulla non pertinenza o sull’inutilizzabilità della prova. In secondo luogo, ribadisce la centralità del ruolo del giudice come custode del materiale probatorio, il quale decide quali elementi sono essenziali per formare il proprio convincimento. La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a conferma della palese infondatezza delle sue doglianze.
È necessario il consenso di tutte le parti per introdurre prove documentali in un processo penale?
No, secondo la Corte di Cassazione, per l’acquisizione di prove documentali non è richiesto il consenso esplicito delle altre parti. Il giudice può ammetterle se le ritiene necessarie.
Qual è il diritto delle parti quando viene proposta una prova documentale?
Le altre parti hanno la facoltà di prendere visione del documento e di esporre al giudice le ragioni del loro eventuale dissenso, ma questo non è vincolante per la decisione finale sull’ammissione della prova.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si basa su un’errata interpretazione di questa regola?
Come avvenuto nel caso di specie, il ricorso viene dichiarato manifestamente infondato e quindi inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25987 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SORRENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il motivo unico di ricorso, con cui si deduce la inosservanza della legge processuale (art. 606, comma 1, lett. C, in riferimento all’art. 493, comma 3, cod. proc. pen. manifestamente infondato in diritto, atteso che il giudice acquisisce nel processo le pro documentali richieste dalle parti o comunque necessarie ai fini del decidere, dovendo solo la parte richiedente offrire il documento in lettura alle altre parti, che hanno facoltà di espo ragioni del dissenso ad una tale acquisizione, senza che tuttavia sia richiesto alcun consenso esplicito alla acquisizione del dato meramente documentale (Sez. 5, n. 23004 del 09/03/2017, Rv. 270218 – 01);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 21 maggio 2024.