Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15990 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15990 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 450/2025
CC – 27/03/2025
NOME COGNOME
NOME SESSA
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PAGANI il 13/09/1984 avverso l’ordinanza del 08/11/2024 della Corte d’appello di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dr.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi la inammissibilità del ricorso; letta la memoria difensiva, presentata dagli avv.ti prof. NOME COGNOME e
NOME COGNOME che hanno ribadito le conclusioni già indicate in ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il provvedimento impugnato ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione della sentenza della Corte di Assise di Salerno del 23/11/2009, confermata dalla Corte di Assise d’appello di Salerno il 9/07/2015 e divenuta definitiva il 15/09/2016 a seguito di rigetto del ricorso per cassazione, con la quale COGNOME NOME è stato condannato alla pena di anni trenta di reclusione per il reato di omicidio volontario di COGNOME NOME e connessi reati in materia di armi.
La Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile la richiesta rilevando che le nuove allegazioni – anche volendole ritenere tali – non sono in grado di portare un contributo decisivo idoneo a sovvertire l’intero quadro probatorio che aveva condotto all’affermazione di responsabilità penale.
Con due ricorsi, uno a firma dell’Avvocato NOME COGNOME, l’altro a firma dell’Avvocato NOME COGNOME, COGNOME NOME ha impugnato l’ordinanza che ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione fondata sull’assunto della sopravvenienza di due prove nuove consistenti: nella consulenza fonica dell’ing. NOME COGNOME e nella consulenza tecnica sui filmati del sistema di videosorveglianza elaborata dall’ing. COGNOME
Il ricorso proposto dall’avv. COGNOME con un unico articolato motivo espone e lamenta quanto segue.
Tale ricorso, dopo aver ripercorso il complesso iter procedurale caratterizzato da due annullamenti con rinvio da parte di questa Corte delle precedenti sentenze di conferma della decisione di primo grado emesse dalla Corte di assise di appello di Salerno, ed avere altresì analizzato questioni affrontate nel corso del giudizio di merito, quali quella relativa all’attribuzione al Fezza dell’utenza telefonica tramite la quale vennero captate le conversazioni a telefono aperto e quella relativa all’attendibilità delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME e sottolineato i profili di criticità delle indagini tecniche aventi ad oggetto il materiale fonico oggetto di valutazione da parte della Corte di assise di appello, deduce l’erroneità della declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione per inosservanza dell’art. 634, comma 1, del codice di rito, nonché la manifesta illogicità della motivazione.
Innanzitutto si rappresenta che, a differenza di quanto si assume nel provvedimento impugnato, le conclusioni raggiunte dal consulente della difesa, ing. COGNOME ponendosi in chiaro contrasto con quanto sostenuto dai periti nel primo giudizio di rinvio, hanno evidenziato, anche solo in via indiretta, la inattendibilità dei sistemi informatici, oramai obsoleti, utilizzati durante il giudizio, stigmatizzando l’attendibilità delle metodologie utilizzate dal collegio peritale laddove afferma che la prova di ascolto effettuata dal perito COGNOME è una <>. Il consulente ha quindi indicato gli errori metodologici delle perizie disposte nel corso del giudizio introducendo un thema probandum di indubbia novità.
In ogni caso, pur volendo recepire le argomentazioni dell’ordinanza impugnata in merito al fatto che la consulenza tecnica di parte opera solo una diversa valutazione di un materiale probatorio già compiutamente analizzato, la Corte di appello di Napoli incorre comunque in una evidente contraddizione con gli orientamenti giurisprudenziali richiamati in tema di novità della prova scientifica.
Ed invero, pure ammettendo che la prova nuova che si fondi su nuove metodologie può condurre alla diversa valutazione tecnico-scientifica di elementi fattuali già valutati, la Corte di appello ha concluso per la mancanza del requisito della novità in relazione alla prova della consulenza dell’ingegnere COGNOME.
Tale consulenza, invece, va necessariamente qualificata come prova nuova in quanto la diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito ed esaminato nel giudizio trova fondamento proprio nelle innovative e più evolute tecniche scientifiche adoperate dal consulente rispetto a quelle utilizzate nell’ambito del primo giudizio di rinvio. Risulta altresì, per altro verso, indiscutibile che, a differenza di quanto si assume da parte del giudici di merito, l’ingegnere COGNOME abbia esplicitato in modo approfondito gli elementi di novità di carattere tecnicoscientifico rispetto a quelli utilizzati nella perizia disposta nell’ambito del primo giudizio di rinvio, nonché la metodologia scientifica impiegata, metodologia capace di fornire, come in effetti accaduto, elementi probatori nuovi rispetto a quelli posti a fondamento della sentenza di condanna a carico del COGNOME.
Con riferimento poi alla rilevanza del novum posto a sostegno della richiesta di revisione la Corte di appello di Napoli osservava come essa non fosse comunque idonea ad incidere sui dati probatori accertati in via definitiva rappresentati dalla localizzazione dell’utenza in uso al Fezza sul luogo del delitto e sulla circostanza che quest’ultimo effettivamente contattò il fratello nei momenti antecedenti la commissione del delitto.
Appare evidente, però, come la corretta trascrizione della conversazione progressivo n. 3504 consenta di escludere la riconducibilità della frase captata al COGNOME, profilo questo idoneo a destituire di fondamento le argomentazioni poste a sostegno della sentenza di condanna. La nuova trascrizione della frase ‘fratm non risponde’ in quella di ‘frate non risponde’, che esclude la sicura riconducibilità di tale affermazione al COGNOME, fa venir meno il presupposto logico in base al quale veniva attribuita sempre al condannato anche la frase ‘scende col mezzo SH’, e ciò anche alla luce dell’utilizzo promiscuo dell’utenza telefonica intercettata; utenza che, così come emerso anche nel corso del giudizio, veniva adoperata da ben 45 persone diverse.
Difetta di conseguenza di qualunque riscontro estrinseco la dichiarazione accusatoria del collaboratore di giustizia COGNOME valorizzata dal giudice del rinvio per affermare il proprio convincimento sulla penale responsabilità del COGNOME.
La motivazione della pronuncia impugnata è censurabile perché in definitiva offre una lettura parcellizzata delle risultanze istruttorie poste a fondamento della richiesta di revisione.
Essa presenta ulteriori criticità tecniche laddove considera inconferente, se non addirittura irrilevante, un profilo assolutamente nuovo introdotto con la consulenza redatta dall’ingegnere COGNOME sull’attività di videosorveglianza. Quest’ultimo ha infatti evidenziato, attraverso la selezione dei fotogrammi che si riferiscono ai motocicli e all’ingrandimento delle immagini delle relative targhe, la costante presenza nella ripresa dei luoghi videosorvegliati di due motocicli del tipo Honda SH riconducibili alla zia dei fratelli COGNOME e alla sorella dei fratelli COGNOME. Tale novum probatorio fornisce un ulteriore elemento idoneo ad escludere che la frase ‘scende col mezzo SH’ di cui al progressivo 3505 veniva pronunciata per segnalare l’arrivo della vittima a bordo del proprio scooter. Tuttavia, la Corte di appello di Napoli ha ritenuto che ove riferita al motociclo condotto dal fratello, la frase in esame non potrebbe che essere attribuita al condannato, il che ne varrebbe ancor più a dimostrare la presenza nel luogo dell’agguato e ad avvalorare la lettura fornita dai periti.
Anche tali considerazioni risultano viziate da evidente illogicità in quanto non si comprende il motivo per cui la frase ‘scende col mezzo SH’ vada necessariamente attribuita al condannato sol perché riferita al motociclo condotto dal fratello, atteso che, proprio sulla scorta della consulenza dell’ingegner COGNOME, la difesa aveva escluso la riconducibilità di tale frase al COGNOME.
Quindi si insta per l’annullamento dell’ordinanza impugnata che solo in apparenza ha fondato la declaratoria di inammissibilità sull’inidoneità delle allegazioni difensive, articolando invece valutazioni viziate da evidente illogicità attesa l’attitudine dei nova ad escludere, per un verso, la riferibilità delle conversazioni di cui ai progressivi 3503, 3504, 3505 a COGNOME NOME e, dall’altro, l’attinenza di tali conversazioni all’omicidio del COGNOME.
Il ricorso proposto dall’avv. COGNOME a sua volta, deduce la nullità dell’ordinanza impugnata per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché per travisamento della prova in relazione alla mancata valutazione delle consulenze tecniche prodotte e dell’istanza di revisione con relativi allegati. La Corte di appello finisce per affermare che gli elementi prospettati dalla difesa sono privi dei necessari requisiti della novità e della decisività nel senso
richiesto dall’art. 630. comma 1, lett. c) del codice di rito, sulla base di una valutazione apparente dei nuovi elementi emersi dalle consulenze prodotte dalla difesa e di una motivazione generica ed apodittica che rende impossibile individuare le ragioni su cui si fonda la decisione.
Quanto alla valutazione della consulenza tecnica redatta dall’ingegnere COGNOME, relativa alle tre conversazioni captate a cornetta sollevata, l’ordinanza impugnata rivela l’evidente vizio di motivazione che l’affligge, arrivando, essa, ad escludere ogni carattere di novità delle metodologie e delle strumentazioni impiegate nell’indagine, pur avendo la difesa puntualmente illustrato le caratteristiche innovative della documentazione e della strumentazione impiegata e della metodologia applicata dall’ingegnere COGNOME In particolare, si era rappresentato il carattere di scientificità dei dati acquisiti, attraverso strumenti attuali in grado di superare i criteri adottati in precedenza, che ne garantivano la maggiore affidabilità. Tuttavia, tali deduzioni non sono state in alcun modo valutate neppure per venire citate o disattese nell’ordinanza impugnata.
Così in particolare si era evidenziato che il c.t. aveva osservato, in relazione alla frase ‘Scende col mezzo SH’, che l’intensità del segnale era meno forte rispetto a quella del segnale relativo alla voce che profferisce la frase ‘frate non risponde’ ed aveva quindi concluso che la frase pronunciata con un tono più basso non potesse essere riferita ad una voce vicina al microfono del telefono. E a tali diverse conclusioni il perito era giunto impiegando una sofisticata tecnica di analisi elettroacustica del segnale che rappresentava anche per immagini con una rappresentazione sonografica, e non per via di una valutazione soggettiva, come fatto in precedenza.
La difesa aveva inoltre svolto una serie di deduzioni anche in ordine all’incidenza delle nuove prove sull’elemento della riconducibilità dell’utilizzo delle due utenze di interesse all’imputato e al fratello al momento dell’omicidio, la cui valutazione è stata anche in questo caso pretermessa.
Anche in riferimento alle conclusioni raggiunte nell’altra consulenza redatta dall’ing. COGNOME relativa ai filmati del sistema di videosorveglianza esistente sul luogo dell’omicidio, la motivazione del provvedimento impugnato utilizza argomenti scarni per escluderne la rilevanza sul compendio probatorio già acquisito e sul connesso giudizio di colpevolezza.
I ricorsi sono stati trattati cartolarmene a norma dell’art. 611 cod. proc. pen.
Indi, il Procuratore generale della Corte di cassazione, in persona del sostituto dr.ssa NOME COGNOME ha concluso, per iscritto, chiedendo a questa Corte di dichiarare la inammissibilità del ricorso.
I difensori del ricorrente, con la memoria versata in atti, hanno insistito nell’accoglimento dei ricorsi, contro-deducendo ai rilievi esposti dal P.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, di seguito trattati congiuntamente, sollevando censure comuni e ponendo questioni sostanzialmente analoghe, sono inammissibili.
1.1. Si deve, preliminarmente, precisare – avendo anche nella memoria i difensori messo in dubbio la legittimità e adeguatezza della valutazione posta a base della declaratoria di inammissibilità pronunciata de plano – che in realtà nel caso di specie la richiesta è stata dichiarata inammissibile perché proposta fuori delle ipotesi previste dall’art. 630 cod. proc. pen., avendo la Corte di merito ritenuto che gli elementi prospettati dalla difesa non fossero dotati dei necessari requisiti della novità e della decisività nel senso richiesto dall’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Nella specie le prove indicate come nuove erano già allegate alla richiesta di revisione con la conseguenza che la valutazione circa il loro carattere di novità e di decisività poteva ben essere fatta, come accaduto, d’ufficio ex art. 634 cod. proc. pen.
Ciò che conta è che la valutazione di inammissibilità è stata svolta, a differenza di quanto assume la difesa, in maniera ampia, esaustiva e completa, avendo, essa, affrontato tutti gli aspetti posti in rilievo con l’istanza originaria di revisione che erano, evidentemente, di immediato accertamento e non necessitavano quindi di essere trattati con procedimento camerale partecipato (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 34945 del 09/07/2015, Rv. 264740 – 01).
A fronte dell’argomentato provvedimento della Corte di merito, i rilievi riproposti coi ricorsi in scrutinio si appalesano generici e meramente reiterativi, e soprattutto non hanno in debito conto i principi che governano la cd. prova nuova in sede di revisione.
A partire dall’autorevole contributo fornito dalle Sezioni Unite con la sentenza COGNOME (Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. il 09/01/2002, COGNOME, Rv. 220443 01), s’intende integrato il requisito di ‘novità’ della prova, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di revisione, non solo dalle prove noviter repertae , sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna, e da quelle noviter productae , scoperte successivamente ad essa, ma anche dalle prove non acquisite nel precedente
giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice (principio di recente ribadito in Sez. U. n. 6141 del 25/10/2018 – dep. 2019, Milanesi, Rv.27462701), con la ulteriore precisazione che nella nozione di nuove prove rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, non rientrano quelle esplicitamente valutate dal giudice di merito, anche se erroneamente per effetto di travisamento, potendo, in tal caso, essere proposti gli ordinari mezzi di impugnazione (Sez. 3, n. 34970 del 03/11/2020, Rv. 280046 – 01).
È pertanto inammissibile, per manifesta infondatezza, la richiesta di revisione fondata non sull’acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, sono inidonee ictu oculi a determinare un effetto demolitorio del giudicato (Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, COGNOME, Rv. 271071). Ed invero, per potersi pervenire alla fase rescissoria del giudizio di revisione occorre ‘ verificare che la “nuova prova” dedotta sia intrinsecamente idonea a determinare, da sola o congiuntamente alle prove già valutate, il proscioglimento dell’imputato, rimanendo preclusa in questa sede qualsiasi valutazione di elementi estranei alla stessa’ (Sez. 1, Ordinanza n. 3789 del 18/10/2000 – dep. 31/01/2001).
Va altresì precisato, fondandosi la richiesta di revisione sugli esiti di due consulenze di parte finalizzate a far emergere l’incongruenza della ricostruzione del coinvolgimento dell’istante nell’omicidio operata dai giudici di merito, che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione, una diversa valutazione tecnico-scientifica di elementi fattuali già noti può costituire “prova nuova”, ai sensi dell’art. 630, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., quando risulti fondata su nuove metodologie, più raffinate ed evolute, idonee a cogliere dati obiettivi nuovi, sulla cui base vengano svolte differenti valutazioni tecniche (Sez. 6, n. 13930 del 14/02/2017, Rv. 269460 – 01).
Laddove nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che erano stati già espletati accertamenti tecnici nel giudizio, l’istante non ha svolto alcuna specifica deduzione in ordine al metodo osservato in precedenza dai periti – meramente supposto e qualificato come obsoleto in base all’epoca in cui la perizia fu espletata – e a quello successivamente impiegato dai consulenti.
Né ha specificamente esplicitato l’elemento di novità rispetto al metodo tecnico già osservato, né ha argomentato in maniera puntuale in ordine alla effettiva capacità degli esiti del nuovo accertamento ad incidere sul complessivo quadro probatorio pregresso, limitandosi ad una prospettiva in termini
conseguenziali-difensivi. E ha in definitiva finito con l’incentrare la sua impugnazione sul fatto che la Corte di appello avrebbe trascurato o travisato i dati contenuti negli accertamenti in atti.
1.2. Nell’istanza di revisione, come sostanzialmente anche nei ricorsi in scrutinio, i ricorrenti -dopo avere ripercorso il complesso iter procedurale caratterizzato da due annullamenti con rinvii da parte di questa Corte delle precedenti sentenze di conferma della decisione di primo grado emesse dalla Corte di assise di appello di Salerno, analizzato questioni già ampiamente superate dal giudicato, quali quella relativa all’attribuzione al Fezza dell’utenza telefonica tramite la quale vennero captate le conversazioni a telefono aperto e quella relativa all’attendibilità delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME sottolineando i profili di criticità delle indagini tecniche aventi ad oggetto il materiale fonico, anch’essi già compiutamente analizzati nel corso del procedimento ed oggetto di specifica valutazione da parte della Corte di assise di appello assumono, in buona sostanza, che: 1) la consulenza fonica, basata su nuove tecnologie più sofisticate, consentirebbe di ritenere che la frase ‘fratm non risponde’, captata a telefono aperto, che la sentenza assumeva essere stata pronunciata dal ricorrente, fosse, in realtà, ‘frate non risponde’; 2) che la consulenza sui filmati consentirebbe di affermare che, in diversi giorni, si registrava il transito di due motocicli Honda SH, riconducibili agli imputati COGNOME (e al fratello NOME) e l’altro a COGNOME e ai relativi nuclei familiari, ripresi dalle telecamere anche il giorno dell’omicidio, onde la concreta possibilità che la frase ‘scende con l’SH’ doveva essere intesa come riferita al motociclo condotto dal fratello dell’imputato e non a quello a bordo del quale viaggiava la vittima allorquando venne raggiunta dai colpi di arma da fuoco.
Secondo quanto evidenziano gli stessi ricorsi, il consulente fonico COGNOME non sarebbe incorso in una valutazione meramente soggettiva basata sul mero ascolto finalizzato alla trascrizione, perché avrebbe analizzato il segmento di segnale relativo alla frase in questione – COGNOME non risponde – eseguendo una serie di accertamenti e misurazioni, e su tale base sarebbe giunto alla conclusione che, così analizzata, la prima parola pronunciata in realtà si avvicinerebbe molto di più alla parola ‘frate’ e non a quella ‘fratm’. Sempre secondo la stessa prospettazione difensiva il consulente fonico della difesa, attraverso un’accurata operazione di voice ehnancement (che, tradotto, significa ‘miglioramento’), avrebbe osservato che l’intensità del segnale relativo alla frase ‘Scende con mezzo SH’ sarebbe meno forte rispetto a quella del segnale relativo alla voce che profferisce la frase ‘Frate non risponde’, con la conseguenza che la seconda frase pronunciata con tono più basso non avrebbe potuto essere riferita ad una voce vicina al microfono e che si
sarebbe dovuto concludere che le due frasi – a differenza di quanto avevano concluso i periti – erano state pronunciate da due persone diverse.
Di là della esattezza, e della effettiva maggiore affidabilità delle conclusioni raggiunte dai consulenti – pur sempre sulla base di valutazioni e non di certezze scientifiche – a ben vedere la novità dell’accertamento sarebbe consistita, secondo la stessa prospettazione difensiva, in misurazioni, anche del segmento di segnale, effettuate mediante strumentazioni tecniche innovative e metodologie scientifiche all’avanguardia. Nulla di specifico, tuttavia, si dice in ordine al carattere effettivamente innovativo e scientifico delle strumentazioni e metodologie impiegate, che in tesi difensiva avrebbero peraltro avuto il vantaggio di rendere oggettiva la valutazione del consulente di parte. Nulla di concreto si esplicita neppure a tale ultimo riguardo, laddove, trattandosi, innanzitutto, di stabilire la cifra dell’innovazione tecnica del nuovo accertamento rispetto al precedente, si sarebbe dovuto operare una compiuta comparazione tra gli strumenti e il metodo adoperato in precedenza dai periti e quelli impiegati dai consulenti.
Si adduce, invece, genericamente l’utilizzo di tecniche moderne rispetto a quelle obsolete esistenti all’epoca della perizia.
È, per altro verso, evidente che versandosi nell’ambito di una accertamento tecnico, le eventuali controdeduzioni in ordine alle modalità di esecuzione della stessa avrebbero potuto essere svolte nel contraddittorio espletato nel giudizio di merito. Ed invero, in assenza di una specifica indicazione circa la effettiva novità della tecnica impiegata dal consulente di parte, gli argomenti esposti si risolvono infatti in rilievi afferenti il precedente accertamento, tacciato di obsolescenza per il solo fatto che fosse trascorso del tempo dalla sua esecuzione. In quanto tali, gli argomenti difensivi rimangono confinati nell’alveo della rivalutazione probatoria, restando fuori dai confini propri della revisione che non può giammai risolversi in un ulteriore grado di giudizio di merito.
Per prova scientifica nuova si intende, infatti, come sopra esposto, solo una diversa valutazione tecnico-scientifica di elementi fattuali già noti, che si fondi su nuove metodologie, più raffinate ed evolute, idonee a cogliere dati obiettivi nuovi, sulla cui base vengono svolte differenti valutazioni tecniche. E tali più evolute e raffinate metodologie devono emergere con chiarezza affinché la prova tecnica addotta sulla base di esse possa essere definita prova scientifica nuova.
Ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione, possono, invero, costituire “prove nuove” ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., quelle che, pur incidendo su un tema già divenuto oggetto di indagine nel corso della cognizione ordinaria, siano fondate su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza
disponibili (tra tante, Sez. 5, Sent. n. 10523 del 20/02/2018, Rv. 272592 – 01). La condizione è che le nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative siano tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili (Sez. 4, n. 28724 del 14/07/2021, Rv. 281740 – 01).
Sicché, in mancanza di una significativa novità del metodo scientifico impiegato, deve escludersi il requisito di ‘novità’ ad una diversa valutazione tecnica o scientifica di dati già valutati, in quanto quest’ultima si traduce in un apprezzamento critico di emergenze già conosciute e delibate nel procedimento, sostanziandosi in una mera “rilettura” di un medesimo dato di fatto già processualmente accertato in via definitiva, mentre la prova può definirsi “nuova” a norma dell’art. 630 c.p.p. quando mira ad introdurre elementi di fatto diversi da quelli già presi in considerazione nel precedente giudizio (Sez. 6, Sent. n. 53428 del 05/11/2014 Rv. 261840 – 01).
Nello stesso ricorso si evidenzia come l’ing. COGNOME abbia piuttosto sottolineato la inaffidabilità delle metodologie utilizzate dal collegio peritale laddove afferma che la prova di ascolto effettuata dal perito, dott. COGNOME è una metodologia inaffidabile in quanto dotata di un elevatissimo grado di soggettività per il quale nessuno esperto potrà mai esprimere il livello di attendibilità di un’eventuale compatibilità rilevata tra le due voci a confronto. Laddove, peraltro, come affermato anche nella sentenza di rigetto di questa Corte, è fuori discussione che le frasi in argomento siano state attribuite al Fezza non già in virtù della comparazione tra le voci ma in base ad una pluralità di elementi che depongono per la certezza della loro attribuzione al ricorrente.
E, con riguardo alla visione delle immagini delle telecamere, non vi è proprio alcun riferimento all’eventuale tecnologia innovativa che sarebbe stata posta a base della visione medesima, onde quella che si propone è una mera rilettura del dato scientifico già analizzato e valutato nel giudizio di merito.
1.3. La Corte territoriale, facendo buon governo dei principi sopra enunciati, ha escluso che le prove addotte rivestissero il carattere di novità e più in generale la rilevanza e decisività delle doglianze proposte con la richiesta di revisione.
Evidente è dunque la genericità delle doglianze proposte o, meglio, della stessa originaria richiesta di revisione, a fronte dell’orientamento costante di questa Corte che assegna ben altra valenza al concetto di prova nuova, in particolare a quella che si fonda su un nuovo accertamento tecnico o che avrebbe mirato ad esso.
E’ altresì evidente che il ricorrente, attraverso i rilievi dedotti, anche di tipo tecnico, abbia in realtà contestato la valutazione probatoria svolta dalla Corte di Assise di appello, ossia il merito di tale pronuncia suscettibile di essere rivalutato
solo attraverso l’impugnazione ordinaria; impugnazione che è stata proposta nel caso di specie ed ha avuto come esito il rigetto del ricorso in cassazione che aveva attinto anche proprio l’assunto travisamento probatorio che si intende ora superare attraverso la revisione proposta.
Sicché la richiesta di revisione è stata correttamente ritenuta nel provvedimento impugnato inammissibile, risolvendosi essa piuttosto nella domanda di un diverso apprezzamento critico di dati di fatto processualmente acquisiti in via definitiva ovvero di una loro lettura alternativa rispetto a quella contenuta nella sentenza (cfr. ex multis , Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017 – dep. 29/09/2017, COGNOME, Rv. 27107101, nonché Sez. 3, n. 31309 del 21/05/2019, COGNOME Rv. 27659401; Sez. 6 n. 13930 del 2017 Rv. 269460 – 01), in assenza di un dato che potesse ritenersi effettivamente nuovo perché frutto di una innovata e più attendibile tecnica accertativa.
Più in particolare, con riguardo all’accertamento fonico, la Corte di appello ha, per altro verso, ben motivato anche circa la irrilevanza del nuovo dato che si vorrebbe far emergere, in definitiva non ritenuto idoneo ad escludere l’attribuzione della voce al COGNOME NOME, e potendo comunque dedursi dagli altri elementi di prova, anche di tipo logico, che egli fosse presente nel luogo da cui è partita la comunicazione e che la voce captata fosse quella del ricorrente.
A fronte di ciò i ricorsi, nel censurare l’ordinanza sotto il profilo motivazionale oppure per violazione di legge, ripropongono gli stessi argomenti già sottoposti al giudice della revisione, senza mai confrontarsi, effettivamente e compiutamente, con il provvedimento impugnato.
Discende la genericità dell’impugnazione, poiché la mancanza di specificità del motivo dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, non potendo questa ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 c.p.p., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità degli atti di ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/3/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME