Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23665 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23665 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Cosenza il 01/09/1990 avverso la sentenza del 23/10/2024 della Corte d’appello di Catanzaro; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 23/10/2024, la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa in data 1/7/2022 dal Tribunale di Cosenza nei riguardi di COGNOME NOME, condannato per due episodi di minaccia ai danni di COGNOME Lucia, così riqualificato il delitto di atti persecutori originariamente contestato. L’imputato, riconosciute a suo favore le circostanze attenuanti generiche e applicata la continuazione, è stato condannato a tre mesi di reclusione, con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel certificato del casellario giudiziale, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione il
COGNOME chiedendone l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio.
Il ricorso lamenta la mancata escussione di Montalto Angelo, inizialmente ammessa ex art. 507 cod. proc. pen. dal Tribunale, con ordinanza successivamente revocata senza una motivazione adeguata. Tale prova -si assume da parte ricorrente -sarebbe stata decisiva circa la valutazione di credibilità della parte civile, essendo il teste presente a uno degli episodi di minaccia (quello del gennaio 2019): sicché lo stesso avrebbe potuto chiarire aspetti fondamentali relativi a uno degli episodi contestati, fornire una versione diversa e potenzialmente contrastante con quella resa dalla persona offesa, ponendo in dubbio la sua credibilità o, quantomeno, richiedendo una diversa valutazione del suo racconto, trattandosi di un teste estraneo alle parti in causa.
Si deduce, inoltre, la violazione dell’art. 507 cod. proc. pen. e la totale assenza di motivazione circa la detta revoca dell’ordinanza ammissiva della detta testimonianza, nonostante l’originaria valutazione di necessità della prova: ciò in violazione del diritto di difesa, inficerebbe la condanna.
Si dà atto che alle ore 18,25 del 29/5/2025, dunque ad udienza ormai chiusa e dispositivo emesso, il difensore di parte civile, avv. NOME COGNOME ha inoltrato conclusioni scritte e nota spese, chiedendo il rigetto del ricorso: di cui, evidentemente, non si è potuto tener conto al momento della decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
È noto che la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato semplicemente oggetto di sollecito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269270-01; confronta, negli stessi termini: Sez. 2, n. 884 del 22/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285722-01; Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013, Rv. 254974-01).
Tale principio vale anche nel caso di revoca di una prova disposta d’ufficio, sempre che la stessa sia congruamente motivata. Infatti, non è sindacabile in sede di legittimità, per omessa assunzione di una prova decisiva, la revoca del
provvedimento di ammissione di una prova disposta d’ufficio su sollecitazione di parte, che sia congruamente motivata in riferimento alla raggiunta completezza del quadro istruttorio (Sez. 6, n. 13571 del 12/11/2010, dep. 2011, v. 24990601; confronta, negli stessi termini, tra le tante, Sez. 5, Sentenza n. 32064 del 11/6/2024, non massimata).
E, nella specie, la Corte d’appello, richiamando la decisione di primo grado, ha dato atto della affermata completezza del quadro istruttorio, oltre che della reiterata assenza del teste in questione, di cui si era persino disposto invano l’accompagnamento coatto (p. 3 sentenza d’appello) : rigettando, correttamente, la chiesta rinnovazione istruttoria.
Per giunta, l ‘illegittima revoca dell’ordinanza ammissiva di una prova potrebbe, al più, integrare una nullità relativa, che, però, resta sanata, ex art. 182 cod. proc. pen., laddove non eccepita immediatamente dopo il suo determinarsi (così Sez. 5, Sentenza n. 20264 del 15/4/2016, non massimata): laddove, nella specie, non risulta dal verbale d’udienza in data 1/7/2022 -e, invero, parte ricorrente neppure afferma -che la difesa abbia eccepito alcunché, subito dopo la revoca.
Infine, non è superfluo rammentare come l’ammissibilità dell’impugnazione dell’ordinanza che, all’esito dell’istruttoria, abbia revocato una prova testimoniale già ammessa sia subordinata all’illustrazione dei motivi per i quali la deposizione ritenuta superflua dal giudice debba considerarsi, invece, rilevante ai fini della decisione, in applicazione del principio di specificità di cui all’art. 581 cod. proc. pen. ( ex multis , Sez. 1, n. 49799 del 11/10/2023, Rv. 285580-01). Nella specie, la deduzione di parte ricorrente è del tutto generica ed ipotetica, sicché non risponde al requisito predetto.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. , alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 29/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME