Prova Decisiva: Quando la Perizia non Salva dal Processo
Nel processo penale, la richiesta di una prova decisiva è uno strumento fondamentale per la difesa. Ma cosa succede quando la prova richiesta è una perizia tecnica, come un’analisi fisionomica? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui il diniego di una perizia può essere contestato, stabilendo un principio fondamentale sulla discrezionalità del giudice e sulla natura di questo mezzo di prova.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria inizia con una condanna in primo grado per furto e per un altro reato. In appello, la Corte riforma parzialmente la sentenza, prosciogliendo l’imputato dall’accusa di furto per mancanza di querela, ma confermando la sua responsabilità per l’altro reato contestato.
L’elemento chiave dell’accusa era l’identificazione dell’imputato, avvenuta attraverso due principali fonti di prova:
1. Le immagini di un circuito di videosorveglianza di uno sportello bancomat, dove erano stati effettuati prelievi illeciti.
2. Il riconoscimento, definito dai giudici “senza alcuna incertezza”, effettuato da un vicebrigadiere dei carabinieri.
A rafforzare il quadro probatorio, il giorno successivo ai fatti, l’imputato era stato trovato in possesso di effetti personali appartenenti alla vittima.
Il Ricorso in Cassazione: la Mancata Perizia come Prova Decisiva
La difesa ha presentato ricorso per cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione di legge per la mancata assunzione di una prova decisiva. Nello specifico, sia in primo grado che in appello, l’avvocato dell’imputato aveva richiesto una perizia comparativa fisiognomica e antropometrica. L’obiettivo era accertare scientificamente se la persona ritratta nei filmati della videosorveglianza fosse effettivamente l’imputato. Secondo la difesa, il rifiuto di disporre tale accertamento tecnico ledeva il diritto di difesa e integrava la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d), del codice di procedura penale.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Le motivazioni della Corte si basano su due pilastri argomentativi.
In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che l’identificazione dell’imputato non si fondava unicamente sulle immagini video, ma era corroborata da altri elementi forti e convergenti: il riconoscimento certo da parte delle forze dell’ordine e il possesso dei beni della vittima. Pertanto, il ricorso appariva come un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
In secondo luogo, e qui risiede il principio di diritto più importante, la Corte ha ribadito un orientamento consolidato delle Sezioni Unite (sent. n. 39746 del 2017). La perizia non può essere considerata una prova decisiva ai sensi della norma invocata dalla difesa. Questo perché la perizia è un mezzo di prova “neutro”, non è nella disponibilità delle parti ma è rimesso alla discrezionalità del giudice. L’articolo 495, comma 2, del codice di procedura penale, richiamato dalla difesa, si riferisce esclusivamente alle prove a discarico (come testimonianze o documenti) che hanno carattere di decisività. La perizia, invece, serve al giudice per formare il suo convincimento su questioni tecniche e non è un diritto della parte ottenerla.
Le Conclusioni
La decisione riafferma un principio cruciale: la scelta di ammettere o meno una perizia rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Il suo diniego non può essere automaticamente contestato in Cassazione come omessa assunzione di una prova decisiva. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente richiedere un accertamento tecnico per poter poi lamentare una violazione di legge in caso di diniego. È necessario che il quadro probatorio complessivo sia così incerto da rendere l’accertamento peritale l’unico strumento per arrivare a una conclusione, e anche in quel caso la valutazione finale spetta al giudice. La sentenza, quindi, traccia una linea netta tra le prove a discarico, che la difesa ha diritto di introdurre se decisive, e i mezzi di prova come la perizia, la cui gestione è affidata alla prudente valutazione del magistrato.
La mancata ammissione di una perizia richiesta dalla difesa è sempre motivo di ricorso per cassazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la perizia è un mezzo di prova “neutro” la cui ammissione è rimessa alla discrezionalità del giudice. Pertanto, non rientra nel concetto di “prova decisiva” a discarico il cui diniego possa, da solo, costituire motivo di ricorso ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.
Su quali basi è stata confermata l’identificazione dell’imputato in questo caso?
L’identificazione si è basata su una pluralità di elementi: le immagini estrapolate dal circuito di videosorveglianza, il riconoscimento definito “senza alcuna incertezza” da parte di un vicebrigadiere dei carabinieri e il ritrovamento di effetti personali della vittima in possesso dell’imputato il giorno successivo ai fatti.
Cosa si intende quando un ricorso viene definito “manifestamente infondato”?
Significa che le argomentazioni legali presentate nel ricorso sono palesemente prive di pregio giuridico, al punto che la sua infondatezza è evidente fin da una prima analisi, portando a una dichiarazione di inammissibilità senza un esame approfondito del merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37432 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37432 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/11/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME MINUTILLO TURTUR
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/03/2025 della Corte d’appello di Torino dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza in data 13 luglio 2023 del Tribunale di Asti, ha dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di furto ai danni di NOME per mancanza di querela, mentre ha confermato l’affermazione della penale responsabilità dell’COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 493-ter cod. pen. procedendo alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Il reato Ł contestato come commesso in data 20 settembre 2019 e all’imputato risulta contestata e ritenuta la recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen.
Considerato che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo con motivo unico violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. per mancata assunzione di prova decisiva richiesta nell’istruttoria dibattimentale di primo grado ed in sede di appello relativa a perizia comparativa fisiognomica antropometrica finalizzata ad accertare se il soggetto ritratto dal circuito di videosorveglianza dell’Ufficio Postale fosse o meno l’imputato.
Rilevato che il ricorso Ł manifestamente infondato avendo la Corte di appello (v. pag. 3 della sentenza impugnata) affermato che l’individuazione dell’imputato Ł avvenuto non solo in base al riconoscimento operato ‘senza alcuna incertezza’ dal vicebrigadiere dei carabinieri COGNOME attraverso l’esame delle immagini estrapolate dal circuito di videosorveglianza dello sportello bancomat dove sono stati effettuati i prelievi di denaro, ma anche sulla base dell’identità degli effetti personali trovati in possesso dell’imputato il giorno successivo;
che il motivo di ricorso risulta volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, e avulso da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito;
che , in ogni caso, questa Corte nel suo massimo consesso ha chiarito che la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per
– Relatore –
Ord. n. sez. 15291/2025
cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’articolo citato, attraverso il richiamo all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936 – 01);
Rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 04/11/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME