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Protocolli Prova DNA: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, basata su una prova del DNA prelevato da un mozzicone di sigaretta. La Corte ha stabilito che il mancato rispetto dei protocolli scientifici internazionali per la raccolta e l’analisi del campione genetico ne compromette l’affidabilità, rendendolo un mero dato processuale privo di autonoma capacità probatoria. È stato quindi disposto un nuovo giudizio per verificare il rispetto dei corretti protocolli per la prova del DNA.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prova del DNA: se i Protocolli non sono Rispettati, l’Indizio non è Certo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale per il processo penale: l’affidabilità della prova scientifica dipende dal rigoroso rispetto delle procedure. In particolare, la validità dei protocolli prova DNA è cruciale per poter utilizzare i risultati genetici come grave indizio di colpevolezza. Il caso in esame riguardava un’ordinanza di custodia cautelare basata quasi esclusivamente sul DNA rinvenuto su un mozzicone di sigaretta.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva posto in custodia cautelare in carcere con l’accusa di furto aggravato e ricettazione. L’elemento probatorio principale a suo carico era costituito dalla corrispondenza tra il suo profilo genetico e il DNA estratto da un mozzicone di sigaretta trovato all’interno di un’autovettura rubata. La difesa dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, contestando la validità di tale prova.

I Motivi del Ricorso e l’Importanza dei Protocolli Prova DNA

La difesa ha sollevato diverse eccezioni, incentrate sulla violazione delle norme procedurali e dei protocolli scientifici internazionali per la raccolta e l’analisi del DNA. Nello specifico, si lamentava:

1. Irripetibilità dell’accertamento: La difesa sosteneva che l’analisi del DNA avesse consumato l’intero campione biologico, rendendo l’accertamento irripetibile e, pertanto, nullo perché eseguito senza le garanzie difensive previste dagli artt. 359 e 360 del codice di procedura penale.
2. Violazione dei protocolli scientifici: Il punto cruciale del ricorso riguardava la mancata adozione dei criteri e dei protocolli internazionali in materia di repertazione, conservazione e prelievo del DNA. La difesa ha evidenziato come fossero trascorsi mesi tra la raccolta del campione e la sua analisi, senza una chiara catena di custodia. Inoltre, la scarsa quantità di materiale genetico avrebbe richiesto procedure di analisi più rigorose e ripetute, che non sarebbero state seguite.

Queste criticità, secondo il ricorrente, minavano alla base l’attendibilità del risultato, trasformandolo in un mero dato processuale privo della necessaria certezza per fondare una misura cautelare.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale del riesame per una nuova valutazione. La Corte ha ritenuto fondato il motivo relativo alla violazione dei protocolli prova DNA.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito che nel processo penale possono entrare solo esperienze scientifiche verificate secondo canoni metodologici condivisi dalla comunità scientifica. L’affidabilità di un’analisi genetica dipende intrinsecamente dalla correttezza del procedimento seguito. I protocolli internazionali non sono mere formalità, ma compendiano gli standard di affidabilità delle analisi, cristallizzando conoscenze maturate attraverso ripetute sperimentazioni e riscontri statistici.

La Corte ha sposato l’orientamento giurisprudenziale più rigoroso, secondo cui un’analisi comparativa del DNA svolta in violazione delle regole procedurali e dei protocolli scientifici non ha il carattere di certezza necessario per conferirle una valenza indiziante. Diventa un semplice dato, privo di autonoma capacità dimostrativa e utilizzabile al massimo come elemento di conferma di altre prove. Un indizio, per essere grave, deve essere certo. Se la procedura per ottenerlo è viziata, la sua certezza viene meno.

Nel caso specifico, il Tribunale del riesame non si era preoccupato di verificare se le regole metodologiche per l’indagine genetica fossero state rispettate, nonostante i precisi rilievi della difesa. Di conseguenza, la Corte ha imposto al giudice del rinvio di valutare se e quali violazioni dei protocolli internazionali si siano verificate e quale impatto abbiano avuto sull’affidabilità del risultato genetico.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: la tecnologia e la scienza sono strumenti potentissimi di accertamento della verità, ma il loro ingresso nel processo deve essere governato da regole rigorose che ne assicurino la validità e l’affidabilità. Il rispetto dei protocolli prova DNA non è un optional, ma la condizione essenziale affinché un profilo genetico possa assurgere al rango di grave indizio di colpevolezza e giustificare misure restrittive della libertà personale.

Cosa succede se la prova del DNA viene acquisita senza rispettare i protocolli scientifici?
Secondo la sentenza, la violazione dei protocolli internazionali in materia di repertazione, conservazione e analisi del DNA comporta che i risultati non abbiano il carattere di certezza necessario per avere una valenza indiziante. Essi costituiscono un mero dato processuale, privo di autonoma capacità dimostrativa.

La prova del DNA è sempre considerata un elemento di prova certo?
No. La sua affidabilità, e quindi la sua certezza processuale, dipende dalla correttezza del procedimento seguito per la sua acquisizione e analisi. Se le regole e i protocolli scientifici vengono violati, il risultato perde il suo carattere di certezza.

Può una misura cautelare basarsi esclusivamente su una prova del DNA raccolta con procedure non corrette?
No. La sentenza chiarisce che una prova scientifica, come quella del DNA, ottenuta in violazione delle regole che ne presidiano la formazione, non può essere considerata un indizio grave, preciso e concordante. Di conseguenza, non può da sola giustificare l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale come la custodia in carcere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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