Proscioglimento nel Merito: Quando la Prova Evidente Supera la Prescrizione
Il dilemma tra l’estinzione di un reato per decorso del tempo e il diritto dell’imputato a vedere riconosciuta la propria innocenza con una formula piena è un tema centrale nel diritto processuale penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi confini che delimitano la possibilità di ottenere un proscioglimento nel merito quando è già maturata la prescrizione. L’analisi del provvedimento chiarisce come solo una prova ‘solare’ dell’innocenza possa superare la causa estintiva del reato.
I Fatti del Caso
Tre individui si sono rivolti alla Suprema Corte di Cassazione a seguito di una pronuncia della Corte d’Appello che aveva dichiarato l’estinzione dei reati a loro ascritti per intervenuta prescrizione. Gli imputati, tuttavia, non si sono accontentati di questa formula di chiusura del procedimento. Attraverso un unico ricorso, hanno lamentato un vizio di motivazione, sostenendo di avere diritto a una sentenza di assoluzione con formula piena, ovvero un proscioglimento nel merito, che attestasse la loro completa estraneità ai fatti contestati.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La Corte ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello era pienamente congrua e rispettosa dello standard richiesto dalla legge. Di conseguenza, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, confermando di fatto la decisione impugnata.
Le Motivazioni: Il Principio dell’Evidenza ‘Ictu Oculi’ e il proscioglimento nel merito
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in presenza di una causa di estinzione del reato (come la prescrizione), il giudice è comunque tenuto a pronunciare sentenza di assoluzione se dagli atti risulta ‘evidentemente’ che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato.
La Cassazione ha chiarito che il termine ‘evidentemente’ impone un criterio molto rigoroso. L’innocenza deve emergere in modo palese, immediato e inconfutabile, tanto da potersi percepire ‘ictu oculi’, cioè a colpo d’occhio, dalla semplice lettura degli atti processuali.
La valutazione del giudice, in questo contesto, non deve essere un ‘apprezzamento’ – che implicherebbe un’analisi critica e ponderata del materiale probatorio – ma una mera ‘constatazione’ di una situazione di innocenza liquida e pacifica. Qualsiasi necessità di approfondimento, di comparazione tra prove contrastanti o di interpretazione di elementi dubbi è incompatibile con questo standard. Se per accertare l’innocenza è necessario un esame più complesso, la causa di estinzione del reato deve prevalere.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio, ritenendo che non vi fossero le condizioni per un proscioglimento immediato e ha quindi dichiarato la prescrizione. La Cassazione ha confermato che il giudice d’appello non può compiere attività ulteriori di accertamento quando il reato è già estinto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza ribadisce un orientamento consolidato e fornisce importanti indicazioni pratiche. Per un imputato, la speranza di ottenere un proscioglimento nel merito nonostante la maturata prescrizione è legata a una condizione molto stringente: la prova della sua innocenza deve essere talmente chiara da non richiedere alcuno sforzo valutativo da parte del giudice. Questa pronuncia tutela il principio di economia processuale, evitando che i giudici si addentrino in complesse valutazioni di merito quando il procedimento è già legalmente concluso per il decorso del tempo. Al contempo, garantisce che l’assoluzione piena sia riservata solo ai casi in cui l’ingiustizia di una diversa conclusione sia manifesta e immediatamente percepibile.
Quando un giudice deve pronunciare una sentenza di proscioglimento nel merito invece di dichiarare la prescrizione?
Risposta: Un giudice deve pronunciare una sentenza di proscioglimento nel merito solo quando le prove dell’innocenza dell’imputato (l’inesistenza del fatto, la non commissione da parte sua, o la sua irrilevanza penale) emergono in modo assolutamente palese e non contestabile dagli atti, ‘ictu oculi’, senza necessità di alcuna ulteriore attività di approfondimento o valutazione.
In appello, se il reato è prescritto, il giudice può esaminare nuove prove per decidere se assolvere nel merito?
Risposta: No. Secondo l’ordinanza, in presenza di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, il giudice d’appello non può compiere attività ulteriori rispetto alla mera constatazione delle circostanze che emergono ‘ictu oculi’ dagli atti. Non può avviare un approfondimento probatorio per valutare il merito.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione chiede il proscioglimento nel merito ma non dimostra la palese innocenza richiesta dalla legge?
Risposta: Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, la Corte di Cassazione condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, perché il motivo del ricorso è ritenuto non consentito in quella sede, non rispettando i rigidi criteri previsti dall’art. 129, c. 2, c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 234 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 234 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a ANDRIA il 17/01/1960 COGNOME NOME COGNOME nato a BARLETTA il 24/08/1983 COGNOME NOME COGNOME nato a BARLETTA il 06/07/1994
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letti i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, presentati con un unico atto;
considerato che l’unico articolato motivo di cui si compone il ricorso, e che si sviluppa in due diverse censure, con cui la difesa lamenta vizio della motivazione per avere i giudici di merito emesso una pronuncia di non doversi procedere nei confronti degli odierni ricorrenti per intervenuta prescrizione dei reati loro ascritti anziché una sentenza con formula di proscioglimento nel merito, è formulato in termini non consentiti in questa sede;
rilevato che, infatti, la Corte d’appello ha reso una motivazione del tutto congrua rispetto allo “standard” previsto nel caso di intervenuta estinzione del reato quando il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (cfr., Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244274 – 01; conf., Sez. 6, n. 27725 del 22/03/2018, Princi, Rv. 273679 – 01, in cui la Corte ha ribadito che in presenza di una causa di estinzione del reato, non può il giudice d’appello, al fine di pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., compiere attività ulteriori rispetto alla mera constatazione di circostanze – emergenti “ictu oculi” dagli atti – idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua commissione da parte dell’imputato ovvero la sua rilevanza penale);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.