Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35811 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35811 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MODENA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro – in funzione di Giudice dell’esecuzione – ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata da NOME COGNOME, volta alla declaratoria di non esecutività della sentenza del 25/02/2021 del Tribunale di Crotone, per mancata notifica dell’avviso di avvenuto deposito della stessa, effettuato il 24/09/2021, ossia oltre il termine di novanta giorni indicato in sentenza, ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen., prorogato di ulteriori novanta dal Presidente del Tribunale con provvedimento ex art. 154 comma 4-bis disp. att. cod. proc. pen. L’avversata decisione è stata emessa a norma dell’art. 666 comma 2 cod. proc. pen., essendosi considerato il relativo incidente di esecuzione quale mera riproposizione di altra istanza di analogo contenuto, già disattesa dal Tribunale di Crotone in data 31/03/2022; nel merito, la Corte di appello ha comunque rilevato l’infondatezza della richiesta.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Il AVV_NOTAIO generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Ai fini del compiuto inquadramento della questione sottoposta al vaglio di questo Collegio, è opportuno – in via preliminare – ripercorrere la scansione storica dei fatti processuali rilevanti. Mette conto rammentare, dunque:
che la sentenza di condanna richiamata in parte narrativa è stata pronunciata nei confronti del ricorrente in data 25/02/2021, con previsione del termine di novanta giorni per la redazione della sentenza (termine destinato a scadere, pertanto, il giorno 26/05/2021);
che in data 13/05/2021 (sarebbe a dire, prima della scadenza del termine originariamente fissato per il deposito), il Presidente del Tribunale ha disposto la proroga del termine, per un periodo ulteriore pari a novanta giorni, ossia fino al 24/08/2021, ai sensi dell’art. 154, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen.;
tale provvedimento di proroga è stato comunicato alle parti, secondo quando dedotto dalla difesa stessa, il giorno 03/06/2021;
la sentenza è stata depositata in data 19/08/2021 (ossia, entro il 24/08/2021, termine come sopra prorogato) e, quindi, i relativi termini per proporre impugnazione hanno preso a decorrere dal 01/09/2021.
L’istanza è, in primo luogo, inammissibile in quanto meramente ripetitiva di precedente richiesta, avente il medesimo contenuto.
Questa Corte ha infatti ripetutamente chiarito, sul punto, come il principio della preclusione processuale, connesso al divieto di bis in idem, sia vigente anche in sede esecutiva, iscrivendosi nell’alveo di tale regola di carattere generale l’obbligo – per il giudice dell’esecuzione – di procedere a una dichiarazione di inammissibilità, attraverso l’emissione di decreto motivato, in presenza di richiesta che rappresenti niente altro, se non la pedissequa riproposizione, fondata sugli stessi elementi, di altra già rigettata (fra tante, si veda Sez. 1, n. 3736 de 15/01/2009, Anello, Rv. 242533 – 01).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la deduzione difensiva non colga comunque nel segno, occorrendo anzitutto affrontare il primo rilievo formulato nell’atto di impugnazione, ossia quello attinente all’omessa comunicazione, agli interessati, del provvedimento presidenziale di proroga dei termini per il deposito della sentenza.
Ebbene, attenendosi alla lettera dell’art. 154, comma 4-bis, dìsp. att. cod. proc. pen., il provvedimento di proroga del termine per il deposito della sentenza, pronunciato dal Presidente della Corte di appello e o del Tribunale, non deve obbligatoriamente essere notificato alle parti; esso deve, al contrario, essere comunicato esclusivamente al Consiglio superiore della magistratura, ai fini della verifica della regolarità di tipo amministrativo e, al più, per un eventuale esame di profili di natura disciplinare.
4.1. Questa Corte ha ripetutamente chiarito, quanto allo specifico tema, come il provvedimento di proroga di cui sopra assuma una rilevanza di natura processuale, nel caso in cui venga notificato alle parti; in tale situazione, infatti termine per proporre impugnazione avverso la sentenza, a norma dell’art. 585, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., prende a decorrere dalla nuova data fissata per il deposito della sentenza, ai sensi del secondo comma, lett. c) dello stesso art. 585 (Sez. 6, n. 15477 del 28/02/2014, COGNOME e altri, Rv. 258963). La notifica alle parti del provvedimento presidenziale di proroga del termine per il deposito della sentenza, in sostanza, produce l’effetto di partecipare a queste lo spostamento in avanti del termine per il deposito della motivazione, in tal modo cristallizzando il differimento del dies a quo, con riferimento alla presentazione dell’impugnazione. Allorquando il provvedimento ex art. 154, comma 4-bis isp.
att. cod. proc. pen., invece, non venga comunicato alle parti, il termine per impugnare la sentenza decorre dall’avviso di deposito della sentenza stessa, a norma del combinato disposto degli artt. 548, comma 2 e 585, comma 2 lett. d) cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 1514 del 21/10/2005 – dep. 2006, Cangiano, Rv. 233325).
Se ne deduce che, nel caso in cui il provvedimento di proroga del termine per il deposito della sentenza, emesso ai sensi dell’art. 154, comma 4-bis disp. att. cod. proc. pen., non venga comunicato alle parti, il termine utile per la proposizione dell’impugnazione non può che decorrere dalla data della notifica dell’avviso di deposito del provvedimento in cancelleria, analogamente ai casi di deposito “tardivo” della motivazione della decisione.
4.2. Il logico corollario di tale percorso ermeneutico è da rinvenire, allora, nella inesistenza di un obbligo di comunicazione alle parti del provvedimento di proroga in esame; discende da ciò che alcuna nullità – o, comunque, alcuna altra sanzione processuale – possa riconnettersi all’omissione o alla pretesa tardività di tale adempimento partecipativo. Adempimento che, qualora compiuto, produce l’unico effetto processuale di fissare il termine iniziale, ai fini della presentazio dei mezzi d’impugnazione (si vedano Sez. 2, n. 50143 del 17/10/2017, COGNOME, Rv. 271527 – 01 e Sez. 6, n. 15477 del 28/02/2014, COGNOME, Rv. 258963 01).
4.3. Coglie poi nel segno l’osservazione formulata dal AVV_NOTAIO generale in sede di requisitoria, laddove sottolinea come sia semplicemente necessario che il provvedimento di proroga risulti emesso in epoca antecedente, rispetto alla scadenza del termine di deposito fissato in origine (come pacificamente accaduto, nella vicenda ora in esame), potendo poi tale proroga essere notificata alle parti anche in un momento successivo.
4.4. Il ricorso, del resto, si limita a dedurre apoditticamente l’esistenza di una lesione alle prerogative difensive, senza però riuscire a colmare di un apprezzabile substrato contenutistico tale asserzione, ossia senza chiarire specificamente in cosa tale lesione sia consistita. Nel caso di specie, allorquando il difensore – dopo la scadenza dell’originario termine stabilito per il deposito nonché in pendenza del termine per proporre impugnazione – ha ricevuto notifìca del provvedimento di proroga, è venuto a conoscenza della fissazione di un nuovo termine per il deposito (peraltro poi ampiamente rispettato) e, consequenzialmente, della fissazione di un nuovo termine utile per appellare.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima qu ,o fissare in euro
tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi p ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della ca inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 1 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Cosi deciso in Roma, 05 giugno 2024.
Il Presiderité)
CCT E SUPREMA Di CASSAZIONE Prima SezjQneenik.