Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12006 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12006 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato in ROMANIA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIB. della LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la memoria del NOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; ricorso tratto con contraddittorio scritto ex art. 23 co. 8 d.l. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Reggio Calabria, sezione del riesame, ha confermato l’ordinanza di rigetto della richiesta di attenuazione della misura cautelare emes dal Giudice del Tribunale di Locri nei confronti dell’imputato.
La difesa dell’imputato deduce con un unico motivo il vizio di motivazione (art.606 let c.p.p.) in relazione agli articoli 125 comma 3, 275, 299 c.p.p. e 13 Cest..
Si sostiene che la decisione impugnata contenga una motivazione apparente che non affronta il tema sollevato dalla difesa, della proporzione tra la durata della misura cautelare (ad oltre due anni) e la pena irrogata in primo grado (due anni e nove mesi di reclusione).
Con memoria inviata per mail il AVV_NOTAIO NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto per le seguenti ragioni. Nell’appello cautelare avverso il provvedim del G.i.p. che aveva respinto la richiesta ex art.299 c.p.p. di revoca o attenuazione della mi in atto, un ruolo centrale (seppure non esclusivo) dell’argomentazione difensiva era il tema de permanente proporzionalità degli arresti domiciliari, alla luce dell’intervenuta senten condanna alla pena di due anni e nove mesi di reclusione per i reati contestati al COGNOME.
1 r
L’ordinanza impugnata, che pure si profonde nel respingere gli ulteriori profili sol nell’appello cautelare (dalla durata della misura alla vetustà dei fatti) e che ribadisce la del quadro indiziario o il tema del ‘tempo silente’, non affronta la questione della proporzio della misura cautelare in atto, che impone una costante verifica della idoneità della misur fronteggiare le esigenze cautelari a fronte del decorso di un periodo di tempo in reg custodiale o comunque domiciliare solo di poco inferiore alla pena irrogata in primo grado.
Infatti, in relazione al perimetro della valutazione cautelare richiesta dal tribunale, que può ritenersi circoscritto ai soli temi della sussistenza del quadro indiziario o dell’epoca di esecuzione della misura, dovendo, comunque, il tribunale confrontarsi con il novum costituito dalle sopravvenienze processuali di merito in grado di incidere anche sulla valutazione adeguatezza della misura, in quanto la valutazione dei presupposti e delle condizioni della cautela costituisce l’antecedente logico -giuridico del tema specificamente devoluto.
Ciò posto, venuta meno, a seguito della pronuncia della sentenza di primo grado, l’incertezz sull’entità massima della pena detentiva irrogata all’imputato all’esito del giudizio, occorre il tribunale si confrontasse con il tema della necessità degli arresti dorniciliari, in una comp valutazione di adeguatezza che tenesse conto anche degli elementi che consentono di ritenerla superata, in ragione del tempo trascorso dai fatti e della entità del “presofferto”.
Non può infatti sottacersi il significato, non meramente aritmetico, da annettere alla sof restrizione, carceraria o domiciliare, allorquando si modifichino i parametri di valutazione prospettiva temporale (Sez. U. n. 16085, del 31/3/2011, Rv. 249324: il principio proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza, opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento de scelta e della adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello ste imponendo una costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggia le esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minor compressione possibile della libertà personale).
Il tribunale, che non ha colto, o quanto meno adeguatamente valorizzato, l’elemento di novi rilevante costituito dalla sopravvenuta condanna in misura non particolarmente superiore a presofferto cautelare, ha pertanto sviluppato una analisi dei presupposti e delle condizioni cautela fondata su una visione parziale della situazione cautelare.
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria, competente ai sensi dell’art. 309 comma 7 cod. proc. pen., che si atterrà principio sopra esposto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabri competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, 28 febbraio 2024.
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