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Profitto non patrimoniale in ricettazione e doping

Un soggetto viene condannato per ricettazione di farmaci anabolizzanti, sostenendo di averli usati solo per migliorare il proprio aspetto fisico. La Corte di Cassazione conferma la condanna per ricettazione, stabilendo che il “profitto non patrimoniale”, come il miglioramento estetico, è sufficiente per integrare il reato. Tuttavia, la condanna per il reato di doping viene annullata per prescrizione, in quanto i motivi di ricorso su tale punto non sono stati ritenuti manifestamente infondati.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Profitto non Patrimoniale: Cassazione su Ricettazione e Doping

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8054/2024) offre importanti chiarimenti su due fronti del diritto penale: il reato di ricettazione e le normative sul doping. Il caso riguarda un individuo condannato per aver ricevuto farmaci anabolizzanti illegali, sostenendo di averlo fatto non per guadagno economico, ma per un fine puramente personale: migliorare il proprio aspetto fisico. La Corte ha stabilito che anche un profitto non patrimoniale, come quello estetico, è sufficiente per configurare il reato di ricettazione.

I Fatti di Causa

Il percorso giudiziario inizia con la condanna in primo grado e in appello di un uomo per i reati di ricettazione e violazione della legge sul doping (art. 9, L. 376/2000, oggi art. 586-bis c.p.). L’imputato aveva ricevuto farmaci anabolizzanti la cui vendita non è autorizzata in Italia. Contro la sentenza d’appello, l’uomo ha proposto ricorso per Cassazione, basandosi su due motivi principali:

1. Sulla ricettazione: L’assenza del dolo specifico, ovvero il fine di profitto. Secondo la difesa, il desiderio di migliorare le proprie prestazioni fisiche e il proprio aspetto non poteva essere equiparato al “profitto” richiesto dalla norma.
2. Sul reato di doping: La mancanza degli elementi costitutivi del reato, in quanto l’imputato non svolgeva alcuna attività sportiva a livello professionistico o agonistico, ma assumeva le sostanze solo per fini estetici.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato separatamente i due motivi, giungendo a conclusioni opposte.

La Ricettazione e il Concetto di Profitto non Patrimoniale

Sul primo punto, la Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, allineandosi alla sua consolidata giurisprudenza. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il “profitto” nel reato di ricettazione non deve essere necessariamente di natura economica. Può consistere in qualsiasi utilità, vantaggio o piacere, anche di natura puramente personale e non patrimoniale. Pertanto, l’obiettivo di ottenere un miglioramento fisico attraverso l’uso di sostanze illecitamente acquisite rientra a pieno titolo nella nozione di profitto richiesta per la configurabilità del reato. La condanna per ricettazione è stata quindi confermata.

Il Reato di Doping e l’Effetto della Prescrizione

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo al reato di doping, la Corte ha ritenuto la censura difensiva non manifestamente infondata. La sentenza d’appello aveva sostenuto che il reato di doping non richiedesse lo svolgimento di un’attività sportiva agonistica. La Cassazione, invece, ha richiamato una sentenza della Corte Costituzionale (n. 105/2022) che distingue nettamente tra le diverse fattispecie previste dalla legge sul doping.

In particolare, la legge punisce diversamente:
– L’assunzione di sostanze “al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” (primo comma), che richiede un dolo specifico legato alla competizione.
– Il commercio di sostanze dopanti (settimo comma), che punisce la condotta a prescindere dall’uso in ambito sportivo, tutelando la salute pubblica in generale.

La Corte ha rilevato che la sentenza impugnata non chiariva adeguatamente in quale fattispecie rientrasse la condotta dell’imputato. Questa “non manifesta infondatezza” del motivo di ricorso ha avuto un effetto processuale decisivo: ha consentito alla prescrizione, maturata dopo la sentenza di appello, di estinguere il reato. Di conseguenza, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza limitatamente a questo capo d’imputazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su due pilastri giuridici distinti. Per la ricettazione, il fondamento è l’interpretazione estensiva del concetto di profitto, inteso come qualsiasi vantaggio soggettivo che spinge l’agente a commettere il reato. Questa lettura garantisce un’ampia tutela contro la circolazione di beni di provenienza illecita, a prescindere dalla natura (economica o meno) del vantaggio perseguito. Per il reato di doping, la motivazione si centra sulla necessità di una rigorosa applicazione del principio di legalità e tassatività. La Corte Costituzionale ha evidenziato che non tutte le condotte legate al doping sono uguali: è essenziale distinguere tra l’uso finalizzato all’alterazione della performance sportiva e il mero commercio, poiché le norme tutelano beni giuridici diversi e richiedono elementi soggettivi (dolo) differenti. La poca chiarezza della sentenza di merito su questo punto cruciale ha reso il motivo di ricorso meritevole di considerazione, aprendo la strada all’estinzione del reato per prescrizione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza offre due importanti lezioni. In primo luogo, conferma che chiunque acquisti o riceva beni di provenienza illecita per un qualsiasi vantaggio personale, anche non economico come il miglioramento estetico, rischia una condanna per ricettazione. Il concetto di profitto non patrimoniale è ampiamente riconosciuto e applicato. In secondo luogo, il caso evidenzia la complessità della normativa sul doping e l’importanza per l’accusa di qualificare correttamente la condotta contestata, distinguendo tra le diverse fattispecie previste dalla legge, ciascuna con i propri specifici requisiti.

Migliorare il proprio aspetto fisico con farmaci di provenienza illecita può essere considerato “profitto” nel reato di ricettazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il concetto di profitto nel reato di ricettazione include qualsiasi utilità o vantaggio, anche di natura non patrimoniale come il miglioramento dell’aspetto fisico.

Perché la condanna per il reato di doping è stata annullata in questo caso?
La condanna è stata annullata perché il reato si è estinto per prescrizione. Ciò è stato possibile perché la Corte ha ritenuto “non manifestamente infondato” il motivo di ricorso dell’imputato, il quale contestava la configurabilità del reato in assenza di un’attività sportiva agonistica.

L’uso di sostanze dopanti è sempre reato, anche se non si è atleti professionisti?
La sentenza evidenzia che la legge distingue diverse ipotesi. Alcune condotte, come il commercio di sostanze dopanti, sono punite per tutelare la salute pubblica a prescindere dall’attività sportiva. Altre, come l’assunzione per alterare la performance, sono specificamente legate alle “prestazioni agonistiche”. È quindi fondamentale analizzare la singola fattispecie contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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