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Profitto nel furto: distruggere un bene non è reato

Un soggetto, condannato in appello per aver sottratto un carrello per l’erogazione di carburante e averlo gettato in mare, ricorre in Cassazione. La Suprema Corte annulla la condanna per furto, specificando che il dolo specifico del “profitto nel furto” non sussiste quando l’azione è finalizzata all’immediata distruzione del bene e non al suo possesso o godimento. L’impossessamento momentaneo, strumentale solo alla dispersione della cosa, esclude il reato di furto, potendo configurare al più quello di danneggiamento.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Profitto nel Furto: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Dolo Specifico

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 19203 del 2024, offre un’importante delucidazione su un elemento cardine del reato di furto: il dolo specifico di profitto. Quando la sottrazione di un bene è immediatamente seguita dalla sua distruzione, si può ancora parlare di furto? La Corte ha stabilito un principio chiaro: se lo scopo non è il godimento del bene ma la sua mera dispersione, il profitto nel furto, e quindi il reato stesso, viene a mancare.

I Fatti del Caso: Dalla Sottrazione al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una vicenda complessa. Un uomo veniva condannato in primo grado per furto aggravato, minaccia grave e danneggiamento. La Corte d’Appello, in parziale riforma, dichiarava il non doversi procedere per la minaccia per difetto di querela e rideterminava la pena per gli altri reati.

L’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, contestando la sussistenza stessa dei reati. In particolare, per quanto riguarda il furto di un carrello per l’erogazione di carburante, sosteneva che il semplice gesto di sottrarlo per poi gettarlo immediatamente in mare non potesse configurare il reato contestato, in quanto privo dell’elemento soggettivo essenziale: il fine di trarne un profitto.

La Nozione di Profitto nel Furto Secondo la Cassazione

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nell’analisi del dolo specifico richiesto dall’art. 624 del codice penale. Citando un fondamentale precedente delle Sezioni Unite (Sent. n. 41570/2023), i giudici hanno ribadito che il profitto nel furto va inteso in senso ampio, potendo includere qualsiasi utilità o vantaggio, anche di natura non patrimoniale.

Tuttavia, hanno precisato un limite invalicabile: tale profitto deve derivare direttamente dal possesso e dal godimento del bene sottratto. Nel caso di specie, l’azione dell’imputato non era finalizzata a godere del carrello, ma a distruggerlo o disperderlo. L’impossessamento è stato solo un atto momentaneo e strumentale a questo scopo finale. La condotta, quindi, esula dal perimetro del furto perché il vantaggio perseguito (se esistente, come un dispetto o una ripicca) non deriva dal possesso della cosa, ma dalla sua eliminazione. L’azione si configura più propriamente come un atto di danneggiamento o vandalismo.

Le Altre Accuse e la Rideterminazione della Pena

Per quanto riguarda le altre accuse, come il danneggiamento aggravato delle gomme di un furgone, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. I giudici hanno ritenuto che le motivazioni della Corte d’Appello fossero logiche e sufficientemente provate, basate sulla ricostruzione dei fatti e sulle testimonianze. La condanna per questi reati è stata quindi confermata.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione è cruciale per delimitare i confini tra il reato di furto e quello di danneggiamento. I giudici hanno spiegato che la funzione del dolo specifico di profitto è proprio quella di distinguere le condotte predatorie (il furto) da quelle di mero sfregio o distruzione. Quando la spoliazione del bene non si risolve in un impossessamento finalizzato a un’utilità, ma è solo il primo passo verso la sua immediata dispersione, la condotta rientra in un’altra fattispecie di reato. In questo caso, l’agente non si appropria della cosa per trarne un vantaggio, ma la elimina. Pertanto, il fatto-reato di furto non sussiste.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. Rafforza il principio secondo cui per integrare il reato di furto non è sufficiente la semplice sottrazione di un bene altrui, ma è necessario che l’autore agisca con lo scopo preciso di trarre un’utilità dal possesso della cosa. Gli atti di puro vandalismo, anche se iniziano con una sottrazione, non possono essere qualificati come furto. Di conseguenza, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza per il reato di furto, rinviando alla Corte d’Appello di Perugia il compito di ricalcolare la pena solo per i reati residui.

Gettare un oggetto in mare dopo averlo sottratto è considerato furto?
No, secondo la Corte di Cassazione non si tratta di furto se l’azione è finalizzata all’immediata dispersione o distruzione del bene. In questo caso, manca l’elemento del “profitto nel furto”, che deve necessariamente derivare dal possesso e dal godimento della cosa sottratta.

Cosa si intende esattamente per “profitto” nel reato di furto?
Il profitto è qualsiasi vantaggio, anche non di natura economica (come la soddisfazione di un dispetto), che l’autore del reato intende ottenere. Tuttavia, la sentenza chiarisce che questo vantaggio deve essere una conseguenza diretta del possesso della cosa rubata, e non della sua semplice distruzione.

Perché la sentenza è stata annullata solo in parte?
La Corte ha annullato la condanna per il reato di furto perché ha ritenuto insussistente il fatto-reato. Ha invece rigettato il ricorso per gli altri capi d’accusa (come il danneggiamento), ritenendo le prove e le motivazioni dei giudici di merito sufficienti. Di conseguenza, ha annullato la parte della sentenza relativa alla pena complessiva, rinviando a un’altra Corte d’Appello il compito di ricalcolarla solo per i reati confermati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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