Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25916 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25916 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da -e COGNOME ri , ato a Pavia il 10/07/1978; avverso l’ordinanza del Tribunale di Pavia del 05/12/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il provvedimento impugnato sia annullato con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 dicembre 2024, il Tribunale di Pavia, ha rigettato il ricorso con cui il terzo interessato in epigrafe aveva richiesto l’annullamento del sequestro disposto dal Pubblico Ministero con decreto del 12 novembre 2024, avente ad oggetto un telefono cellulare di proprietà dello stesso. Il motivo di interesse degli inquirenti per il telefono risiedeva nel fatto che COGNOME risultava essere “intestatario di un’utenza telefonica in uso all’indagato COGNOME“.
Avverso l’ordinanza, il ricorrente, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta la violazione degli artt. 178, 179 e 324, comma 6, cod. proc. pen. in ordine all’omessa notificazione all’interessati dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale celebrata in data 5 dicembre 2024, tempestivamente eccepita dal difensore all’udienza stessa.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso, la difesa si duole della violazione degli artt. 125 e 275 cod. proc. pen. in ordine al mancato rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza. Più precisamente, il provvedimento di sequestro non fornirebbe alcuna indicazione circa le tempistiche necessarie ai fini dell’accertamento, i criteri di selezione del materiale informatico e le ragioni per cui, rispetto ai reati di cui era stato prospettato il fumus commissi delicti, le informazioni contenute all’interno del dispositivo del COGNOME potessero dirsi pertinenti ai fini della prova. Pertanto, secondo la prospettazione difensiva, il sequestro finiva per assumere valore meramente esplorativo, in particolar modo alla luce del fatto che COGNOME risultava essere un soggetto terzo estraneo alla vicenda delittuosa. Inoltre, il Tribunale avrebbe fondato il proprio convincimento sul fatto che gli elementi di indagine acquisiti facessero ritenere l’utilizzo del dispositivo da parte di un pubblico ufficiale accusato di corruzione, sebbene tale circostanza fosse stata negata dallo stesso Pubblico Ministero, secondo il quale il suddetto pubblico ufficiale utilizzava nelle chat di whattsapp il nominativo di NOME COGNOME ma usando non il dispositivo di quest’ultimo, oggetto di sequestro, ma un telefono cellulare a lui intestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto, avverso il provvedimento di inammissibilità o rigetto della richiesta di riesame relativa al decreto di sequestro preventivo, dal difensore del terzo interessato non munito di procura speciale ex art. 100 cod. proc. pen., non potendo trovare applicazione, in tal caso, la disposizione di cui all’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ., per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza (ex plurimis, Sez. 3, n. 29858 del 01/12/2017, dep. 03/07/2018, Rv. 273505; Sez. 2, n. 310 del 07/12/2017, dep. 09/01/2018, Rv. 271722).
Nel caso di specie, non è presente nel fascicolo alcuna procura speciale, ovvero un documento che faccia riferimento agli specifici atti che il difensore dovrà compiere. E la sua mancanza, essendo causa di inammissibilità dell’atto introduttivo, è d’ufficio rilevabile in questa sede di legittimità.
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NOME
2. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato
che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 10/04/2025