Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4806 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4806 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Albania il 24/09/1975
avverso l’ordinanza del 08/08/2024 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria redatta dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria del difensore, avv. NOME COGNOME del foro di Milano, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione proposta, a sensi dell’art. 630, lett. c), cod. proc. pen., nell’interesse di NOME COGNOME in relazione alla sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 12 dicembre 2002, irrevocabile il 29 marzo 2003, la quale aveva condannato l’odierno ricorrente alla pena di quindici anni di reclusione in relazione al delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME per il ministero del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, che lamenta il vizio di motivazione. Rappresenta il difensore che, dopo avere presentato istanza di revisione il 22 luglio 2024, in data 6 agosto 2024 aveva ulteriormente depositato una integrazione “contenenti motivi logicamente differenti da quelli illustrati con il primo atto”, con cui si chiedeva alla Corte di appello di applicare i principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 113 del 2011. Orbene, il difensore deduce il vizio di omessa motivazione in relazione alle questioni dedotte con l’indicato atto di integrazione.
Il ricorso è inammissibile perché proposto da un soggetto non legittimato.
Dalla “procura speciale” rilasciata dal ricorrente per mezzo del notaio albanese NOME COGNOME in data 16 luglio 2024, allega all’istanza introduttiva, risulta che l’avv. NOME COGNOME del foro di Milano è stato costituito procuratore speciale “affinché proponga istanza di revisione ex art. 630 ss. c.p.p.”; non risulta, invece, che l’avv. NOME COGNOME sia stato nominato procuratore speciale per proporre impugnazione avverso il provvedimento di inammissibilità o di rigetto dell’istanza di revisione.
Ritiene il Collegio di dare continuità all’orientamento interpretativo, già espresso da questa Corte di legittimità, secondo il quale, ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con il quale sia stata disattesa un’istanza volta ad ottenere la revisione di un precedente giudicato è condizione di legittimazione che il difensore del ricorrente sia munito di procura speciale (da ultimo, Sez. 3, n. 18016 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276080).
Invero, il principio de quo è ricavabile dal tenore testuale dell’art. 571, comma 3, cod. proc. pen., a mente del quale si prevede che abbia ex se la legittimazione a promuovere la impugnazione dei provvedimenti giurisdizionali solo il “difensore dell’imputato” e non anche, come si verifica nel caso della revisione, il difensore di colui il quale già sia stato condannato (Sez. 6, 18 gennaio 2018, n. 1751, in motivazione; nello stesso senso, in motivazione, Sez. 5, 3 ottobre 2006, n. 32814).
Né ha un qualche rilievo la circostanza che il difensore fosse stato munito di procura speciale per la richiesta di revisione ex art. 630, come emerge dal testo dell’atto; infatti, la stessa ontologica “specialità” della procura, ove non sia chiaramente espresso che la stessa estende i suoi effetti anche agli eventuali gradi di giudizio successivi a quello per il quale la medesima è stata espressamente conferita, esclude che la stessa possa valere oltre i casi per i quali essa è stata puntualmente rilasciata.
Ad ulteriore conforto di tale conclusione, si osserva che, come stabilisce l’art. 634, comma 2, cod. proc. pen., il provvedimento con cui la Corte di appello dichiara inammissibile l’istanza di revisione è notificato “al condannato e a colui che ha proposto la richiesta, i quali possono ricorrere per cassazione”; dal che si evince che il difensore, non essendo il destinatario della notifica del provvedimento di inammissibilità, non è titolare in proprio di un potere di impugnazione, che può essere esercitato solo in quanto trovi “copertura” nella procura speciale a lui rilasciata dal condannato.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 22/01/2025.