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Procura speciale: requisiti per il riesame del terzo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società contro un sequestro preventivo di oltre 16 milioni di euro. La decisione si fonda sulla mancanza di una valida procura speciale al difensore, ritenendo insufficiente un mandato generico che non specifichi l’atto da impugnare. Viene ribadito che il terzo interessato, a differenza dell’indagato, necessita di una procura ad hoc per contestare misure cautelari reali.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procura Speciale: la Cassazione fissa i paletti per l’impugnazione del terzo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di impugnazioni cautelari: la procura speciale conferita dal terzo interessato al proprio difensore deve possedere requisiti di specificità, pena l’inammissibilità del ricorso. Il caso analizzato riguarda una società che si è vista respingere la richiesta di riesame di un sequestro preventivo per un valore di oltre 16 milioni di euro, proprio a causa di un vizio formale nel mandato difensivo.

I Fatti di Causa

Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma disponeva un sequestro preventivo per un importo di € 16.079.064, corrispondente a crediti d’imposta presenti nel cassetto fiscale di una società per azioni, nell’ambito di un’indagine per reati penali a carico del suo legale rappresentante e di un’altra persona.

La società, in qualità di “terzo interessato” (ovvero un soggetto non indagato ma titolare dei beni sequestrati), proponeva richiesta di riesame avverso il provvedimento. Tuttavia, il Tribunale di Roma dichiarava la richiesta inammissibile, sostenendo che il difensore della società fosse privo di una valida procura speciale per presentare l’impugnazione.

Contro tale decisione, la società proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’errata interpretazione della legge processuale e sostenendo la validità della procura conferita.

La Procura Speciale del Terzo e la sua validità

Il nodo centrale della questione risiede nella natura del mandato conferito al difensore. Secondo il Tribunale del riesame, l’atto depositato, pur qualificato come “procura speciale”, era in realtà generico e indefinito. Mancava, infatti, qualsiasi riferimento specifico al provvedimento da impugnare e all’attività processuale da compiere.

La difesa della società sosteneva che la procura, inviata direttamente al Tribunale insieme alla richiesta di riesame, contenesse il riferimento al procedimento e manifestasse chiaramente la volontà di impugnare il sequestro. Inoltre, la presenza del legale rappresentante della società all’udienza di riesame avrebbe dovuto confermare tale volontà. Questi argomenti, tuttavia, non sono stati ritenuti sufficienti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno innanzitutto chiarito che la posizione del terzo interessato, titolare del bene sequestrato, è equiparata a quella delle altre parti private diverse dall’imputato (come la parte civile o il responsabile civile). Per stare in giudizio, tale soggetto deve necessariamente avvalersi di un difensore munito di procura speciale ai sensi dell’art. 100 del codice di procedura penale.

La Corte ha specificato che, sebbene non siano richieste formule sacramentali, dalla procura deve emergere in modo inequivocabile la volontà di affidare a un determinato professionista il compito di svolgere una specifica attività difensiva in una data procedura. Nel caso di specie, l’atto depositato era una tipica procura rilasciata dall’indagato al proprio difensore, con ampie facoltà di difesa per ogni fase e grado del procedimento, inclusa la generica possibilità di “proporre ogni tipo di impugnazione”.

Secondo la Cassazione, tale mandato era del tutto insufficiente per il terzo interessato. Mancava infatti l’elemento essenziale della specialità: un chiaro riferimento alla volontà di proporre richiesta di riesame contro lo specifico decreto di sequestro preventivo emesso in una data precisa. La Corte, esercitando il suo potere di esaminare direttamente gli atti processuali, ha constatato la genericità del documento, assimilandolo a un mandato valido per l’indagato ma non per la società terza proprietaria dei beni.

Infine, la Corte ha precisato che né l’invio dell’istanza di riesame, né la tardiva produzione di una procura corretta, né la semplice presenza del legale rappresentante in udienza possono sanare il vizio originario. La validità della procura è un requisito di ammissibilità che deve sussistere al momento della proposizione dell’impugnazione.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio rigoroso ma cruciale per la tutela dei diritti nel processo penale. Il terzo che intende contestare un sequestro sui propri beni deve conferire al proprio avvocato una procura speciale che non lasci dubbi sull’oggetto del mandato. Deve essere chiaramente indicato il provvedimento che si intende impugnare e il mezzo di impugnazione prescelto. Un mandato generico, per quanto ampio, espone il ricorso a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguenza di precludere nel merito la discussione sulla legittimità della misura cautelare subita.

Perché il ricorso della società contro il sequestro è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il difensore della società non era munito di una valida procura speciale. L’atto depositato era generico e non specificava né il provvedimento da impugnare (il decreto di sequestro) né il mezzo di impugnazione (la richiesta di riesame).

Qual è la differenza tra la procura dell’indagato e quella del terzo interessato?
La procura dell’indagato può essere più generica e conferire ampi poteri per tutte le fasi del procedimento. Quella del terzo interessato, invece, deve essere speciale ai sensi dell’art. 100 c.p.p., ovvero deve indicare specificamente l’atto da compiere (es. impugnare un determinato provvedimento), manifestando una volontà chiara e inequivocabile in tal senso.

La presenza in udienza del legale rappresentante della società può sanare il vizio della procura?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la presenza in udienza del legale rappresentante, così come la produzione tardiva di una procura valida, non può sanare il vizio di inammissibilità originario, che deve essere valutato al momento della presentazione dell’atto di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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