Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5854 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5854 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nata a PRAIA A MARE il 04/04/1975,
avverso l’ordinanza del 08/10/2024 del TRIBUNALE di CATANZARO, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore 9enerale NOME COGNOME che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza resa in data 8 ottobre 2024 il Tribunale di Catanzaro, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, rigettava l’appello proposto da NOME avverso l’ordinanza emessa il 19 settembre 2024 dal Tribunale di Paola, con la quale era stata rigettata l’istanza di revoca del sequestro della quota del 50% dell’immobile sito in Scalea, INDIRIZZO in catasto al foglio 9, particella 407, subalterno 4.
Precisava il Tribunale di Catanzaro, con il provvedimento impugnato, che nella specie si vedeva in ipotesi di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, che il bene risultava in sequestro per la quota del 50% e che il
bene risultava anche – quantomeno per la quota del 50% – nella disponibilità del COGNOME, coniuge della COGNOME;
Avverso la detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione NOMECOGNOME per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando due motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva violazione di legge e carenza di motivazione con riferimento all’art. 321 cod. proc. pen. e al requisito del periculum in mora, assumendo che né l’ordinanza impugnata né il provvedimento di sequestro reso da Giudice per le indagini preliminari avevano rassegnato le ragioni che avevano resa necessaria l’anticipazione in via cautelare dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio.
Con il secondo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione quanto al reato di cui all’art. 644 cod. pen. e alla disponibilità del bene in sequestro da parte dell’imputato COGNOME marito della ricorrente assumendo che quest’ultimo non era nella disponibilità dell’immobile oggetto del sequestro, considerato che il medesimo COGNOME non risiedeva nel detto immobile e in atto si trovava in regime di arresti domiciliari all’interno di un immobile concesso in locazione da terzi e sito nel territorio della Basilicata, e rilevato altresì che il bene in sequestro era di proprietà esclusiva della ricorrente in virtù della donazione della nuda proprietà da pare della figlia quando la coppia COGNOME COGNOME era già in regime di separazione personale dei beni.
Il ricorso è inammissibile.
Secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo collegio, e inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riesame relativa a decreto di sequestro preventivo proposto dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale (v., per tutte, Sez. 2, n. 310 del 07/12/2017, G.T. Auto RAGIONE_SOCIALE.r.l. Rv. 271722 – 01; nella fattispecie la Corte ha ritenuto non sufficiente la procura speciale rilasciata esplicitamente per il solo riesame).
La consultazione del fascicolo processuale consente di rilevare l’assenza agli atti di una procura speciale per proporre ricorso per cassazione, rilasciata dal terzo interessato NOME, coniuge dell’imputato COGNOME al proprio difensore.
Ed invero, l’unica procura speciale che risulta agli atti del processo, irrilevante per i fini qui di interesse, ha ad oggetto la proposizione di una istanza di sblocco e restituzione di un conto corrente.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; la ricorrente deve, pertanto, essere condannata, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/02/2025