Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1904 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1904 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME NOMENOME nato a Napoli il DATA_NASCITA, contro la sentenza n. 9062/2023 della C:orte di RAGIONE_SOCIALEzione,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2.5.2022 la Corte di appello di Napoli aveva riformato, parzialmente, quella del Tribunale partenopeo che aveva riconosciuto il ricorrente,
tra gli altri imputati, responsabile dei fatti di reato a lui ascritti e lo a condannato alla pena di anni 7 di reclusione, con statuizione in tal caso integralmente confermata in secondo grado;
il ricorrente aveva proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi vagliando i quali, in data 16.12.2022, con specifico riguardo alla posizione del NOME (unitamente a quelle del NOME e di NOME COGNOME), la VI Sezione di questa Corte, dichiarando per il resto inammissibile il ricorso, ha annullato, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A) dell’imputazione perché estinto per intervenuta prescrizione ed ha di conseguenza rideterminato la pena inflitta al ricorrente in anni 6 e mesi 9 di reclusione;
avverso la sentenza della S.C. ricorre il NOME a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale denunziando l’errore materiale in cui sarebbe incorso il collegio non equiparando, come invece avrebbe dovuto, il trattamento sanzionatorio del NOME a quello del COGNOME cui la pena era stata ridotta da anni 7 ad anni 5 e mesi 10 di reclusione mentre per il ricorrente, a causa di un errore materiale o mera distrazione, la riduzione era stata limitata da anni 7 ad anni 6 e mesi 9 di reclusione;
la Procura Generale ha trasmesso le conclusioni scritte ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per il rigetto del ricorso: rileva, infatti, che nessun errore di fatto è ravvisabile nella sentenza impugnata che, con riferimento al COGNOME, ha puntualmente segnalato la correzione, ad opera della Corte d’appello, dell’errore in cui era incorso il Tribunale nell’indicare in mesi 3 e non già in mesi 2 di reclusione l’aumento per la continuazione per ciascuno dei reati satellite, con la conseguenza per cui la intervenuta prescrizione di quello di cui al capo A) aveva portato a rideterminare la pena da anni 6 (e non 7, come affermato dal ricorrente) ad anni 5 e mesi 10; rileva che, analogamente, la Corte ha eliminato l’aumento per la continuazione per il capo A) quanto al NOME, stabilito dai giudici di merito in mesi 3 di reclusione, con ridel:erminazione della pena da anni 7 di reclusione ad anni 6 e mesi 9 di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
È pacifico, infatti, che il ricorso straordinario di cui all’art. 625-bis co proc. pen., può essere presentato personalmente dal condannato o, a pena di
inammissibilità, da un difensore purché a tal fine munito di procura speciale ai sensi dell’art. 122 cod. proc. pen. (cfr., Sez. U, n. 32744 del 27/11/2014, COGNOME, Rv. 264048 – 01; cfr., anche, Sez. 4, n. 24120 del 09/02/2018, Rv. 273064 – 01, in cui la Corte ha spiegato che ill ricorso straordinario per la correzione dell’errore di fatto proposto personalmente dal condannato è ammissibile anche a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 ribadendo, in motivazione, che anche a seguito della predette modifiche resta inammissibile il medesimo ricorso proposto dal difensore non munito di procura speciale, trattandosi di impugnazione di carattere straordinario riservata esclusivamente al condannato; conf., ancora, Sez. 5 – , n. 18315 del 25/03/2019, Rv. 276039 – 01, COGNOME; Sez. 1, n. 12595 del 13/03/2015, COGNOME, Rv. 263207 01; Sez. 1, n. 5980 del 21/09/2016, NOME COGNOME, Rv. 269186 – 01).
È altresì ricorrente l’affermazione secondo cui, nei casi in cui nel giudizio penale sia prescritto che la parte stia in giudizio col ministero di difensore munito di procura speciale, il mandato, in virtù del generale principio di conservazione degli atti, deve considerarsi valido anche quando la volontà del mandante non sia trasfusa in rigorose formule sacramentali, ovvero sia espressa in forma incompleta, potendo il tenore dei termini usati nella redazione della procura speciale e la sua collocazione escludere ogni incertezza in ordine all’effettiva portata della volontà della parte (cfr., Sez. 3, n. 4676 del 22/10/2014, M., Rv. 262473 – 01).
Tanto premesso, nel caso di specie, il ricorso straordinario è stato presentato, nell’interesse del NOME, dall’AVV_NOTAIO “… in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato in data 23.8.2023” (cfr., pag. 1 del ricorso).
Ebbene, l’atto del 23.8.2023 è un “mandato a difendermi ed assistermi”, sottoscritto dal COGNOME, che aveva nominato l’AVV_NOTAIO “per svolgere ogni attività ed ogni azione difensiva a tutela dei miei diritti, relativament all’ottenimento della pena alternativa alla detenzione in carcere, conferendogli ogni più ampia facoltà di legge” ed in cui si precisava che “… a lui conferisco procura speciale per compiere tutte le attività difensive necessarie, compresa quella di proporre istanza di oblazione, formulare richiesta di rito abbreviato, proporre opposizione a decreto penale di condanna, presentare istanze, richiedere la scarcerazione, formulare richiesta di incidente probatorio” (cfr., dal mandato difensivo).
Il carattere “speciale” della procura implica che essa debba essere conferita e far riferimento esplicito all’atto da compiere in nome e per c:onto del soggetto
rappresentato laddove, nel caso che ci occupa, essa era stata conferita per una serie di finalità tra cui non risulta menzionata la presentazione dell’istanza per la correzione dell’errore di fatto ex art. 625-bis cod. proc. pen.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 15.12.2023