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Procura speciale e termini d’appello: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18450/2024, ha stabilito che l’imputato che richiede un rito alternativo, come il giudizio abbreviato, tramite una procura speciale non può essere considerato assente. Di conseguenza, non ha diritto al termine aggiuntivo di 15 giorni per proporre impugnazione, previsto per gli imputati assenti. La Corte ha chiarito che il conferimento della procura speciale equivale a una presenza legale nel processo, rendendo irrilevante l’eventuale dicitura ‘assente’ riportata in sentenza e inammissibile un appello presentato oltre i termini ordinari.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procura speciale e termini di appello: l’imputato è considerato presente

Nel processo penale, il rispetto dei termini per l’impugnazione è un pilastro fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18450 del 2024, getta luce su una questione cruciale: un imputato che sceglie un rito alternativo tramite una procura speciale può beneficiare dei termini di appello più lunghi previsti per gli assenti? La risposta della Suprema Corte è un netto no, e le sue motivazioni offrono importanti chiarimenti sulla qualificazione giuridica della presenza dell’imputato.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da un’ordinanza della Corte di appello di Bologna, che dichiarava inammissibile, perché tardivo, l’appello proposto dal difensore di un imputato. La sentenza di primo grado era stata emessa con rito abbreviato, richiesto tramite un procuratore speciale nominato dall’imputato. Il provvedimento di primo grado era stato depositato il 20 luglio 2023. Tenendo conto della sospensione feriale dei termini, la scadenza per l’appello era fissata al 7 ottobre 2023. Tuttavia, l’atto di appello veniva depositato solo il 21 ottobre, quindi oltre il termine previsto.

Il difensore ha proposto ricorso per cassazione sostenendo principalmente due punti:
1. Poiché la sentenza di primo grado indicava l’imputato come “assente”, si sarebbe dovuto applicare il termine di impugnazione più lungo previsto dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p.
2. Il giudice aveva disposto la traduzione della sentenza, ma questa non era stata ancora depositata, impedendo al termine per l’imputato di iniziare a decorrere.

In subordine, il difensore ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, ritenendo la norma discriminatoria.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla procura speciale

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni sua parte. L’analisi dei giudici si è concentrata sul valore giuridico della procura speciale nel contesto dei riti alternativi.

L’imputato con procura speciale è considerato presente

Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 420, comma 2-ter, c.p.p. Questa norma stabilisce che l’imputato che chiede per iscritto di essere ammesso a un procedimento speciale, o che è rappresentato in udienza da un procuratore speciale per tale richiesta, è considerato presente a tutti gli effetti di legge.

La Corte chiarisce che il conferimento di una procura speciale per la richiesta del rito abbreviato non è una mera formalità. Attraverso questo atto, l’imputato manifesta una volontà precisa e consapevole di partecipare al processo secondo una specifica modalità, delegando al suo rappresentante l’esercizio di un diritto personalissimo. Di conseguenza, la sua posizione non è assimilabile a quella di un imputato semplicemente “assente” nel giudizio ordinario.

L’irrilevanza della dicitura “assente” in sentenza

La Cassazione ha inoltre affermato che la dicitura “assente” riportata nell’intestazione della sentenza di primo grado è del tutto irrilevante. Ciò che conta è la situazione giuridica sostanziale. Sia l’imputato che il suo difensore erano perfettamente consapevoli che il rito abbreviato era stato richiesto tramite un procuratore speciale, il che, per legge, qualifica l’imputato come presente. L’errore materiale nell’intestazione non può quindi superare una chiara disposizione normativa.

Inapplicabilità del termine aggiuntivo e legittimità della norma

Sulla base di queste premesse, la Corte ha concluso che il termine aggiuntivo di 15 giorni per l’impugnazione, previsto dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p., si applica solo ed esclusivamente agli imputati dichiarati assenti secondo le regole ordinarie, e non a coloro che sono legalmente considerati presenti. La questione di legittimità costituzionale è stata giudicata manifestamente infondata. Le due situazioni (l’imputato assente nel rito ordinario e quello “presente” tramite procura speciale nel rito alternativo) sono oggettivamente diverse. Il legislatore ha ragionevolmente bilanciato le garanzie difensive, riconoscendo che chi sceglie un rito premiale, manifestando una conoscenza approfondita del processo, non necessita della stessa tutela rafforzata prevista per chi è giudicato in assenza.

Infine, riguardo alla mancata traduzione della sentenza, la Corte ha osservato che il diritto di impugnazione dell’imputato si era “consumato” con il conferimento del mandato speciale a impugnare al difensore. L’atto di appello, sebbene tardivo, ha assorbito la facoltà autonoma dell’imputato, dimostrando che quest’ultimo aveva avuto conoscenza della sentenza e aveva già esercitato, tramite il suo legale, il proprio diritto.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione ribadisce un principio procedurale di notevole importanza pratica. La scelta di accedere a un rito alternativo tramite una procura speciale implica la piena consapevolezza e partecipazione, seppur mediata, al procedimento. Tale scelta qualifica l’imputato come legalmente presente e, di conseguenza, lo esclude dal beneficio dei termini di impugnazione più ampi previsti per i soggetti assenti. Questa decisione sottolinea l’importanza per la difesa di calcolare con la massima attenzione i termini per l’impugnazione, senza poter fare affidamento su proroghe non applicabili al caso di specie.

Un imputato che chiede il rito abbreviato tramite procura speciale è considerato “assente”?
No. Ai sensi dell’art. 420, comma 2-ter, del codice di procedura penale, l’imputato che è rappresentato da un procuratore speciale per la richiesta di un procedimento speciale, come il rito abbreviato, è considerato presente a tutti gli effetti della legge processuale.

L’imputato che ha conferito procura speciale ha diritto a un termine più lungo per impugnare la sentenza, come previsto per gli assenti?
No. Il termine aggiuntivo di 15 giorni per l’impugnazione, previsto dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p., si applica esclusivamente agli imputati dichiarati assenti. Poiché l’imputato rappresentato da procuratore speciale è considerato presente, per lui valgono i termini ordinari di impugnazione.

Se il giudice ordina la traduzione della sentenza, il termine per impugnare per il difensore con procura speciale decorre dalla notifica della traduzione?
No. Secondo la Corte, in un caso come questo, la facoltà di impugnazione dell’imputato si è consumata per effetto del mandato speciale a impugnare rilasciato al difensore. L’impugnazione proposta dal difensore (anche se tardiva) assorbe in sé la facoltà dell’imputato, dimostrando che quest’ultimo aveva avuto conoscenza del provvedimento e aveva già esercitato il suo diritto tramite il rappresentante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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