Procura Speciale Appello: la Cassazione Conferma l’Inammissibilità
Con la recente ordinanza n. 30251/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su una questione cruciale della procedura penale post-Riforma Cartabia: la necessità della procura speciale appello a pena di inammissibilità. Questa decisione ribadisce la linea dura della giurisprudenza e sottolinea l’importanza di un adempimento formale che, secondo la Corte, garantisce la volontà consapevole dell’imputato di impugnare una sentenza di condanna.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Giudice di Pace per il reato di minaccia (art. 612 c.p.). L’imputata, tramite il proprio difensore, proponeva appello avverso tale decisione. Tuttavia, il Tribunale competente dichiarava l’appello inammissibile. Il motivo? L’atto di impugnazione non era corredato dalla procura speciale contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio, come richiesto dal nuovo art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.
Contro questa ordinanza di inammissibilità, la difesa proponeva ricorso per cassazione, sollevando una questione di legittimità costituzionale delle nuove disposizioni introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022).
La Questione Giuridica e la Procura Speciale Appello
Il cuore del ricorso si concentrava sulla presunta incostituzionalità dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 c.p.p. La difesa sosteneva che tali norme, imponendo requisiti formali così stringenti a pena di inammissibilità, violassero diversi principi costituzionali fondamentali:
* Art. 3 e 24 Cost.: Principio di uguaglianza e inviolabilità del diritto di difesa.
* Art. 27 Cost.: Principio di non colpevolezza fino a condanna definitiva.
* Art. 111 Cost.: Principio del giusto processo.
Secondo la tesi difensiva, l’obbligo di una procura speciale rilasciata dopo la sentenza e con elezione di domicilio rappresenterebbe un onere eccessivo e irragionevole, limitando di fatto l’accesso al diritto di impugnazione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le censure di incostituzionalità. Le motivazioni si allineano a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno chiarito che le nuove disposizioni non limitano il diritto personale dell’imputato a impugnare la sentenza. Piuttosto, esse regolamentano le modalità di esercizio di una facoltà accessoria e concorrente, quella del difensore.
La Corte ha spiegato che la ratio della norma è quella di assicurare che l’impugnazione non sia un atto automatico, ma derivi da una scelta ponderata e personale della parte. La necessità di rinnovare il mandato al difensore in limine impugnationis (all’inizio dell’impugnazione) serve a garantire che l’imputato sia pienamente consapevole delle conseguenze e voglia effettivamente procedere.
La scelta legislativa, quindi, non è considerata manifestamente irragionevole. Essa non collide con il diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza. La Corte ha inoltre ricordato che il sistema prevede già dei correttivi, come l’ampliamento dei termini per impugnare e l’estensione della restituzione nel termine, per bilanciare il rigore formale.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale per tutti gli operatori del diritto penale: la diligenza nella preparazione dell’atto di appello è diventata ancora più cruciale. La mancanza della procura speciale, rilasciata dopo la sentenza e completa di elezione di domicilio, costituisce un vizio insanabile che conduce all’inammissibilità dell’impugnazione.
Per gli avvocati, ciò significa dover prontamente contattare il proprio assistito dopo la lettura della sentenza per ottenere il nuovo mandato. Per gli imputati, implica la necessità di una partecipazione più attiva e consapevole alle fasi successive al primo grado di giudizio. La decisione della Cassazione chiude, per ora, il dibattito sulla costituzionalità della norma, rendendo la procura speciale appello un passaggio obbligato e non eludibile nel processo penale.
Perché l’appello è stato dichiarato inammissibile in primo luogo?
L’appello è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale perché l’atto di impugnazione presentato dal difensore non era accompagnato dalla procura speciale con dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputata, un requisito obbligatorio previsto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.
L’obbligo di procura speciale per l’appello è incostituzionale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo obbligo non è incostituzionale. La norma non limita il diritto personale dell’imputato a impugnare, ma regola la facoltà del difensore, assicurando che l’impugnazione sia frutto di una scelta ponderata e personale della parte, senza violare il diritto di difesa o altri principi costituzionali.
Cosa succede se si presenta un ricorso senza la procura speciale richiesta?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esamina il merito della questione (i motivi dell’appello), ma si ferma al difetto formale, rendendo definitiva la sentenza di condanna impugnata. Inoltre, come nel caso di specie, il ricorrente può essere condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30251 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30251 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CENTOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/10/2023 del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Vallo della Lucania ha dichiarat inammissibile l’appello – perché non corredato da procura speciale contenente elezione o dichiarazione di domicilio dell’imputata appellante ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso la sentenza di condanna nei confronti di costei pronunciata dal Giudice di Pace di quella stessa città in data 3 luglio 2023, in relazione reato di cui all’art. 612 cod. pen. (fatto commesso in Centola il 24 maggio 2020);
che avverso l’ordinanza illustrata ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, per i tramite del difensore, denunciando violazione di legge e di motivazione, in ragione della sussistenza di un difetto di interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni di agli artt. 89 d.lgs. 150/2022 e 581, comma 1 ter e 1 quater, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., sotto sei profili;
che tutti i profili di censura sono manifestamente infondati, posto che questa Corte ha già più volte dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ott 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, lad richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di l (Sez. 6, Sentenza n. 3365 del 20/12/2023, Rv. 285900), «trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine» (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324; Conf. Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, Rv. 285900; Sez. 6, n. 6264 del 10/01/2024, Rv. 285984);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’8 luglio 2024