Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25929 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25929 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/06/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
udito il difensore
AVV_NOTAIO conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 15 giugno 2023 la Corte GLYPH di appello di Venezia ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Venezia il 12/05/2015 con la quale, per quanto di interesse, NOME è stato condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 12 commi 3, 3 bis lett. a) e c bis) d. Igs. 286 del 1998, per avere, in concorso con altri, al fine di trarne profitto, compiuto atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni dello stesso decreto, di sette cittadine moldove; in particolare per avere accompagnato in auto, dopo averle dotate di falsi documenti di identità rumeni, le cittadine moldave, dopo averle dotate di carta di identità false. Con le aggravanti di avere procurato l’ingresso di 7 persone e per essere stato commesso il fatto da più di tre persone in concorso tra loro ed utilizzando documenti contraffatti; in Venezia, il 21/02/2007.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore di AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, articolando tre motivi di impugnazione, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1 Con il primo motivo lamenta violazione di legge processuale, ex art. 606 lett. c) cod. proc. pen., in relazione all’applicazione degli artt. 420 bis, 420 ter e 604 cod. proc. pen. L’imputato non ha avuto effettiva conoscenza del processo in quanto l’unica certezza informativa al medesimo riferibile era quella inerente la pendenza nei suoi confronti di un procedimento in fase di indagini preliminari: il COGNOME in particolare risulta avere sottoscritto il verbale di identificazione solo il 6 dicembre 2014, allorquando gli fu notificata l’ordinanza applicativa di misura cautelare non detentiva; tale verbale (allegato al ricorso), tuttavia, non contiene alcun riferimento al giudizio dibattimentale che si stava celebrando nei suoi confronti innanzi al Tribunale di Venezia. Richiamati i principi informatori del giudizio in assenza e la giurisprudenza di legittimità in tema di rescissione del giudicato, la Difesa osserva come la Corte veneziana avrebbe dovuto, d’ufficio, rilevare la nullità insanabile derivante dalla mancata vocatio in iudicium dell’imputato, e conseguentemente dichiarare la nullità della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 604 comma 5 bis cod. proc. pen. nella versione precedente alla riforma Cartabia, (essendo inapplicabile al caso di specie la nuova formulazione dell’art. 604 cod. proc. pen, in forza delle disposizioni transitorie dettate dall’art. 89 comma 1 d.lgs. 150 del 2022).
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’applicazione dell’art. 12 commi 1 e 3 d. Igs. 286 del 1998.
Censura la GLYPH Difesa la carenza motivazionale della sentenza impugnata, relativamente alla sussistenza della prova della finalità di profitto; il dolo specifico richiesto dalla norma viene apoditticamente desunto dai Giudice della Corte veneziana, sul presupposto che «l’imputato non avrebbe certamente intrapreso una operazione così pericolosa gratuitamente»; aggiunge che la somma di 12 euro percepita dall’imputato da parte dalle passeggere non può essere considerata un vantaggio patrimoniale, in quanto insufficiente a rimborsare le spese vive del viaggio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È fondato il primo, assorbente, motivo di ricorso, con il quale la Difesa lamenta l’erronea declaratoria di assenza dell’imputato, e la mancata conoscenza della pendenza del processo da parte di quest’ultimo.
Va premesso che ai fini della ricognizione della «assenza dell’imputato» (intesa come condizione derivante dalla consapevole scelta di non prendere parte alla trattazione del processo o dalla volontaria sottrazione alla conoscenza degli atti) occorre verificare l’effettiva conoscenza dei contenuti dell’accusa e della data di celebrazione del processo.
Come precisato da Sez. U COGNOME, GLYPH l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, sicché tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716-01).
È stato anche chiarito, in tema di rescissione del giudicato, che la colpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo non richiede che l’imputato si sia deliberatamente sottratto alla vocatio in iudicium con comportamenti a ciò finalizzati, essendo sufficiente che si sia posto consapevolmente e volontariamente nella condizione di sottrarsi alla conoscenza del processo, indipendentemente dai motivi di tale comportamento (Sez. 3, n. 35426 del 13/05/2021, Sejdini, Rv. 281851).
L’art. 420-bis cod. proc. pen., nel testo precedente la riforma Cartabia, applicabile al caso di specie, consentiva di procedere in assenza nel caso in cui risultasse che l’imputato si era «volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo»: Sez. U, n. 15498 del 26/11/2021, COGNOME, cit., ha chiarito come vi fosse la necessità di garantire primariamente l’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato, pur in presenza di notifiche apparentemente e formalmente valide e tuttavia incapaci di assicurare detta conoscenza e, in ultima analisi, di assicurare il giusto processo funzionale alla tutela anche della presunzione di innocenza.
In tale contesto, Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 279420, hanno ulteriormente chiarito che la volontaria sottrazione richiedeva «condotte positive», da acclarare per il tramite di «un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta», non potendosi fare «rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali la irreperibilità, il domicilio eletto etc.» e mettendo in guardia l’interprete dall’esasperare «il concetto di “mancata diligenza”» informativa dell’imputato «sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza», poiché ciò equivarrebbe al ritorno alle «vecchie presunzioni» che si era inteso superare già prima della più recente novella (testualmente: «Certamente la manifesta mancanza diligenza informativa, la indicazione di un domicilio falso, pur se apparentemente valido ed altro, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non possono essere di per sé determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della “volontaria sottrazione”: se si esaspera il concetto di “mancata diligenza” sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente è un’operazione non consentita»). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ed ancora, proprio con riferimento al caso in cui l’indagato abbia nominato un difensore di AVV_NOTAIO, le sez. Unite NOME hanno sottolineato la necessità di giungere, anche in caso di elezione di domicilio presso il difensore, ad una effettiva garanzia di conoscenza della pendenza del giudizio da parte dell’imputato. Si è in tal senso affermato che «alcun effetto conseguirà ad una impossibilità di regolare notifica: risultare sloggiato al domicilio eletto non consentirà di procedere in assenza sulla scorta della notifica quale soggetto irreperibile o presso la casa comunale; risultare irreperibile non consentirà che la pur valida notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen, prevalga sul dato sostanziale della non conoscenza; aver nominato
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un difensore di AVV_NOTAIO che ha poi rinunciato al mandato o che sia stato revocato parimenti non consentirà di procedere senza certezza della conoscenza».
È solo nel procedimento di rescissione del giudicato previsto dall’art. 629-bis cod. proc. pen. e negli altri istituti riparatori correlati alla sopravvenut comparizione personale dell’imputato dopo la celebrazione del processo o nel corso del suo svolgimento, come nei casi previsti dall’art. 420-bis, comma 4, cod. proc. pen., nonché dagli artt. 489, comma 2, e 604, comma 5-bis, secondo periodo, cod. proc. pen., che si introduce l’onere posto a carico dell’imputato della prova della incolpevole ignoranza del processo, ma in coerenza sistematica con il principio opposto che la dichiarazione di assenza al contrario richiede sempre il previo accertamento tanto della conoscenza effettiva del processo che della volontaria sottrazione a tale conoscenza, senza oneri probatori a carico della difesa dell’imputato, che, se riproposti, risulterebbero confliggenti con i principi affermati dalla Corte Edu in tema di processo in contumacia nelle note sentenze del 12 febbraio 1985, Colozza c. Italia, del 18 maggio 2004, Somogyi c. Italia, e del 10 novembre 2004, Sejdovic c. Italia, richiamate nella citata sentenza NOME delle Sezioni Unite n. 23948 del 28/11/2019 a fondamento dell’unica interpretazione possibile delle norme processuali sulla dichiarazione di assenza compatibile con tali principi sovranazionali (così sez. VI, n. 34523 del 11/05/2023, Safi, Rv. 285177 01).
Nel panorama così delineato si inserisce la recente pronuncia della sez. 5 n. 809 del 28/09/2023 dep. 2024, Rv. 285780 – 01, che ha affermato il principio per cui «In tema di sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater cod. proc. pen., la circostanza che l’imputato abbia nominato un difensore di AVV_NOTAIO nel corso delle indagini preliminari ed abbia eletto domicilio presso il suo studio non costituisce indice dell’effettiva conoscenza della pendenza del processo e della “vocatio in iudicium” notificata presso il donniciliatario, quando il difensore abbia rinunciato al mandato a seguito della definitiva perdita di contatti con l’imputato. (In motivazione la Corte ha, altresì, statuito che la negligenza informativa dell’imputato – che non abbia mantenuto i contatti con il proprio difensore e si sia reso di fatto irreperibile – non costituisce di per sé prova della volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo, valorizzabile ex art. 420-bis, comma 3, cod. proc. pen.».
La Corte, nel caso specifico testè citato, ha effettuato un’analisi della nuova disciplina del processo in assenza dettato a seguito dell’introduzione delle nuove norme della riforma Cartabia; ritiene questo Collegio che i principi enucleati siano applicabili anche in relazione al testo previgente di cui all’art. 420 bis cod. proc. pen., trattandosi di sviluppi argomentativi del tutto in linea con i principi già sopra delineati e costituente diritto vivente, ancor prima della riforma.
Venendo al caso specifico, emerge dagli atti che la dichiarazione di assenza dell’imputato non è stata preceduta dall’accertamento della effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato,
COGNOME veniva tratto in arresto il 21 febbraio 2007, e nell’occasione nominava l’AVV_NOTAIO difensore di AVV_NOTAIO ed eleggeva domicilio presso il uso domicilio; il GIP di Treviso, con ordinanza 24/02/2007, respingeva la richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti del COGNOME che veniva immediatamente liberato.
Il 26/03/2007 il GIP di Venezia emetteva nei suoi confronti la misura cautelare non custodiale del divieto di dimora nella Regione Veneto, che veniva tuttavia eseguita solo oltre 7 anni più tardi, il 6 dicembre 2014.
Già mesi prima, tuttavia,1’11/02/2014, l’AVV_NOTAIO aveva rinunciato al mandato difensivo «attesa l’impossibilità di contattare il proprio assistito ed il venir meno del rapporto AVV_NOTAIOrio».
Veniva nominato un difensore d’ufficio, AVV_NOTAIO, che partecipava all’udienza preliminare del 4 marzo 2014, nel corso della quale l’imputato veniva dichiarato contumace, e che si concludeva con l’emissione del decreto che dispone il giudizio per l’udienza dibattimentale del 4 novembre 2014.
L’udienza del 4 novembre 2014, e la successiva del 2 dicembre 2014, venivano rinviate, e solo il 13 gennaio 2015 veniva dichiarata l’assenza ex art. 420 bis cod. proc. pen. del NOME.
Nel frattempo, il 06/12/2014, come detto, l’imputato veniva fermato in Italia e gli veniva notificata l’ordinanza applicativa della misura del divieto di dimora: nell’occasione tuttavia non solo non gli veniva notificato anche il decreto che dispone il giudizio (già emesso il marzo precedente), ma nel verbale di identificazione redatto in tale occasione neppure si dava atto della pendenza del processo a suo carico. Il NOME dichiarava di essere residente in Romania, fornendo l’indirizzo, e nominava nuovamente l’AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO, il quale, il 24/02/2015, rinunciava al mandato ribadendo di non avere alcun rapporto con l’imputato.
Veniva a quel punto nominato d’ufficio l’AVV_NOTAIO, innanzi al quale si svolgeva il giudizio di primo grado e che interponeva appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Venezia.
Ebbene, così ricostruita la sequenza procedimentale, rileva il Collegio come l’intervenuta nomina di un difensore di AVV_NOTAIO costituisca certamente una circostanza valutabile, che tuttavia non pare di per sé determinante, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della «volontaria sottrazione dalla conoscenza del processo»: in linea con quanto da ultimo affermato da sez. 5
809 del 28/09/2023 dep. 2024, Rv. 285780 – 01, la negligenza informativa dell’imputato, che non abbia mantenuto i contatti con il proprio difensore, non costituisce di per sé prova della volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo, tanto più che, nel caso specifico, il COGNOME, fermato nel 2014, lungi dal rendersi irreperibile, forniva l’indirizzo della sua residenza in Romania, ove non risulta siano state attivate ricerche.
Deve, pertanto, rilevarsi la nullità della dichiarazione di assenza dell’imputato perché carente sotto il profilo della verifica del necessario presupposto dell’accertamento della conoscenza del processo o della colpevole volontaria sottrazione a detta conoscenza da parte dell’imputato.
La celebrazione del processo, in assenza delle condizioni di cui all’art. 420bis, commi 1 e 2, cod. proc. pen., determina, ai sensi dell’art. 604, comma 5-bis, la nullità della sentenza di primo grado, equiparabile, quanto al regime di rilevabilità, nel regime processuale antecedente il d.lgs. n. 150 del 2022, ad una nullità assoluta (Sez. 5, n. 37185 del 01/07/2019, COGNOME Torre, Rv. 277339), con conseguente obbligo da parte del giudice di appello di restituzione degli atti a quello di primo grado, nella specie non adempiuto.
Ne discende conclusivamente l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata – emessa dalla Corte d’appello di Venezia in data 15 giugno 2023 – e della sentenza emessa dal Tribunale di Venezia il 12 maggio 2015 nei confronti di NOME.
Gli atti debbono essere trasmessi al giudice di primo grado per la rinnovata rituale celebrazione del giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado, disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Venezia, per l’ulteriore corso.
Così deciso, il 21 marzo 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente