Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19158 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19158 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Firenze il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del 17.10.2023 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17.10.2023 la Corte d’appello di Firenze ha respinto l’istanza di rescissione che era stata presentata nell’interesse di NOME COGNOME ed avente ad oggetto la condanna emessa, nei suoi confronti, dal Tribunale del capoluogo toscano in data 13.4.2022, irrevocabile il successivo 13.10.2022, per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.;
ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del difensore e procuratore speciale che deduce inosservanza di norme processuali stabilite e pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza: rileva la erroneità della decisione della Corte d’appello non conforme al principio secondo cui il giudice deve verificare l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale e di informazione tra il legale domiciliatario e l’indagato che, nel caso di specie, è del tutto mancato; aggiunge che, alla data della prima udienza, il ricorrente si trovava ristretto agli arres domiciliari per altra causa e, successivamente, ristretto presso la Casa Circondariale di Sollicciano; rileva che, ciò non di meno, la Corte d’appello ha respinto l’istanza di rescissione sull’unico rilievo della regolarità formale dell notifiche;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. concludendo per l’inammissibilità del ricorso: rileva, infatti, che la Corte territoriale ha correttamente giudicato addebitabile all’odierno ricorrente la mancata conoscenza del processo; aggiunge che l’art. 420-bis cod. proc. pen. disciplina una serie di ipotesi in cui è consentito procedere in assenza e che, oltre alla accertata l’effettiva conoscenza del processo, comprendono anche l’ipotesi della volontaria sottrazione dell’imputato all’onere di diligenza che si declina nel dovere di informarsi sullo stato e la progressione del procedimento, anche nelle fasi successive a quella investigativa; assume che il provvedimento impugnato ha dato correttamente séguito a tale principio rilevando che l’indagato, rifiutandosi di eleggere domicilio, si è reso ‘colpevole’ della mancata conoscenza della celebrazione del processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
NOME COGNOME, tramite il proprio difensore e procuratore speciale, in data 14.2.2023 aveva presentato l’istanza di rescissione della sentenza resa dal Tribunale di Firenze, irrevocabile il 13.10.2022, assumendo di avere avuto conoscenza della condanna soltanto a séguito della notifica dell’ordine di esecuzione intervenuta il giorno 19.1.2023; a sostegno della richiesta, aveva
spiegato che il procedimento si era svolto interamente in sua assenza in quanto tutte le notificazioni erano state eseguite sempre e soltanto presso lo studio del difensore di ufficio con cui, tuttavia, non si era instaurato alcun rapporto professionale.
La Corte, premessa la tempestività dell’istanza, ha spiegato che il ricorrente era certamente consapevole dell’esistenza di un procedimento a suo carico ma che, colpevolmente, si era rifiutato di eleggere o dichiarare un domicilio ove recapitarne gli atti.
Ha perciò giudicato “colpevole” la ignoranza del processo tenuto anche conto del fatto che il ricorrente avrebbe potuto mettersi in contatto con il difensore di ufficio, facilmente rintracciabile anche sulla rete digitale.
2. L’affermazione della Corte d’appello è errata in diritto.
Le Sezioni Unite, con la sentenza COGNOME, hanno infatti chiarito che, ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (cfr., Sez. U – , n. 23948 del 28/11/2019 Ud. (dep. 17/08/2020) Rv. 279420 – 01; conf., tra le tante, Sez. 3, n. 11813 del 24/11/2020 (dep. 29/03/2021), COGNOME, Rv. 281483 – 01; Sez. 1 – , n. 3048 del 15/09/2023 (dep. 24/01/2024), NOME, Rv. 285711 – 01).
Le stesse Sezioni Unite, d’altra parte, avevano anche sottolineato che, per poter affermare di essere in presenza di un “finto inconsapevole” e, in particolare, che vi sia stata la volontaria sottrazione «alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento», è necessario che ricorrano condotte positive, rispetto alle quali si rende necessario un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta, non potendo farsi rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali la irreperibilità, il domicilio eletto et similia; si è affermato che “… la manifesta mancanza diligenza informativa, la indicazione di un domicilio falso, pur se apparentemente valido ed altro, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non possono essere di per sé determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della volontaria sottrazione” poiché “… se si esaspera il concetto di mancata diligenza sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della
consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente è un’operazione non consentita” (conf., Sez. 6, n. 34523 del 11/05/2023, Safi, Rv. 285177 – 01 in cui, più recentemente, la Corte ha ribadito che in tema di giudizio in assenza, la mancanza di diligenza dell’imputato nel tenersi informato della celebrazione del processo a proprio carico, dopo l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio effettuata al momento dell’arresto, non integra automaticamente la volontaria sottrazione alla conoscenza del processo e non fonda alcuna – non consentita – presunzione di conoscenza della vocatio in iudicium, la quale deve essere accertata dal giudice in positivo al fine di procedere in assenza, quale conoscenza effettiva, senza inversione del relativo onere probatorio).
L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze che, in sede di rinvio, procederà a riesaminare la vicenda alla luce dei principi sopra richiamati.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze. Così deciso in Roma, il 14.3.2024