Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44336 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a IVREA il 14/02/1975
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Procuratore generale , che h concluso per il rigetto del ricorso
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato l’istanza di rescissione della sentenza di condanna emessa il 4 maggio 2021 dal Tribunale di Ancona nei confronti di COGNOME NOME per plurime violazioni dell’art. 624 bis cod. pen. in continuazione tra loro. La Corte territoriale ha ritenuto che, nel processo svoltosi dinanzi al tribunale, la dichiarazione di assenza sia stata emessa legittimamente in quanto l’interessata, dopo aver ricevuto la notificazione dell’avviso di cui all’art. 415 bis cod. proc. pen., ha ricevuto la notificazione del decreto di citazione diretta a giudizio. La notificazione era avvenuta, a seguito di ordine di rinnovazione disposta dal giudice all’udienza del 13/07/2017, mediante raccomandata del 20/11/2017 ricevuta da un familiare convivente, tale NOME COGNOME come attestato dal postino, in data 23/11/2017. La Corte ha anche valorizzato il rapporto tra la COGNOME e il suo difensore di fiducia, considerando colpevole la circostanza che l’interessata non si fosse attivata per mantenere contatti periodici con il difensore.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza con unico, articolato, motivo per violazione di norme processuali, segnatamente degli artt. 178 lett. c) e 179 cod. proc. pen., per essere stata dichiarata l’assenza in mancanza dei presupposti di cui all’art. 420 bis cod. proc. pen., e per carenza o manifesta illogicità della motivazione. La ricorrente ritiene che la Corte territoriale abbia illogicamente valutato l’allegazione fornita dall’imputata in merito alla mancata conoscenza della vocatio in ius per non averne avuta notizia da parte di NOME COGNOME che, come documentato, ha costituito un autonomo nucleo familiare sin dal 1 gennaio 2017, ossia prima di ricevere la raccomandata. Altrettanto illogica risulta la decisione nel passo in cui ha addebitato alla ricorrente la mancata conoscenza del procedimento per assenza di rapporti con il difensore di fiducia, riconducendo a colpa della medesima la revoca dell’incarico e il fatto di aver cambiato il numero di telefono senza comunicarlo al difensore. La pronuncia impugnata, si assume, è anche illegittima per non aver applicato l’art. 420 bis cod. proc. pen. nella formulazione introdotta a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 23 d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150.
.,./ 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità in quanto le doglianze sono manifestamente infondate.
Dall’esame degli atti, consentito dalla natura del vizio dedotto, è emerso quanto segue:
l’imputata ha ricevuto il 17/12/2014 l’avviso ex art. 415 bis cod. proc. pen. e ha nominato difensore di fiducia l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Ancona;
all’udienza del 13/07/2017, alla quale non era presente il difensore di fiducia, il giudice, rilevata l’omessa notifica all’imputata del decreto di citazione diretta a giudizio, ne ha disposto la rinnovazione al domicilio eletto e presso lo studio del difensore di fiducia ai sensi dell’art. 157, comma 8, cod. proc. pen.;
la notificazione del decreto di citazione diretta a giudizio è avvenuta mediante raccomandata a.r. del 20/11/2017 e l’atto è stato ricevuto da un familiare convivente, NOME COGNOME in data 23/11/2017;
alla successiva udienza del 1/02/2018, alla presenza del difensore di fiducia mediante delegato, è stato disposto procedersi in assenza dell’imputata;
nel corso del processo di primo grado il difensore di fiducia ha costantemente presenziato, direttamente o per mezzo di delegati, al dibattimento svolgendo attività difensiva (cfr. verbali udienza del 19 febbraio 2019, del 21 maggio 2019, del 7 luglio 2020, del 3 novembre 2020);
La Corte di merito ha escluso la incolpevole mancata conoscenza del processo da parte della ricorrente in base a plurime considerazioni. In particolare, l’avvenuta notificazione del decreto di citazione diretta a mezzo posta all’indirizzo indicato nella dichiarazione di domicilio (identico all’indirizzo ove era stato recapitato personalmente l’avviso ex art. 415 bis cod. proc. pen.) mediante consegna a persona qualificatasi come ‘figlio convivente’, la considerazione che non è onere dell’addetto alla consegna verificare se la dichiarazione di convivenza corrisponda o meno al vero, il rilievo che il rapporto di convivenza dichiarato non è incompatibile con una diversa residenza anagrafica e che comunque la certificazione anagrafica prodotta non attesta la situazione esistente al momento della notifica in quanto reca la data del 1/01/2017, l’argomento che la mancata ricezione da parte dell’imputata di comunicazioni da parte del difensore di fiducia sia da ascriversi a colpa della medesima COGNOME, la quale ha revocato la nomina e non ha comunicato al medesimo difensore il cambiamento del suo numero di telefono.
Occorre, in primo luogo, ricordare che, qualora le norme processuali mutino nel corso del giudizio, in mancanza di una disciplina transitoria che detti disposizioni diverse, deve trovare applicazione il fondamentale principio di diritto intertemporale, secondo il quale tempus regit actum, principio che non consente di ritenere caducato e privo di effetti l’atto legittimamente formatosi (ed acquisito al processo) sulla scorta delle norme processuali vigenti al momento del suo compimento. Tale principio subentra nel caso in cui manchi una disciplina transitoria che, rispetto alla disciplina invocata dalla ricorrente, nel caso in esame è invece presente. L’art. 89, comma 1, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, così dispone: «Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato». La disposizione di riferimento, ratione temporis, in relazione alla dichiarazione di assenza effettuata all’udienza del 1/02/2018, dopo la rinnovazione della notificazione, è dunque l’art. 420 bis, comma 2, cod. proc. pen. nella formulazione introdotta con l’art. 9, comma 2, I. 28 aprile 2014, n.67, che dispone quanto segue: «2. Salvo quanto previsto dall’articolo 420-ter, il giudice procede altresì in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riguardo al merito della decisione, presupposto per la rescissione del giudicato è che il giudice accerti che la dichiarazione di assenza sia stata emessa in difetto dei presupposti di cui all’art. 420 bis cod. proc. pen.
E’ stato affermato che, ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla modifica operata con legge n. 67/2014, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatío in iudicium, sicché tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo
restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716 – 01).
Il principio così affermato è stato applicato anche all’istituto previsto dall’art. 629 bis cod. proc. pen. in ragione della unicità del presupposto della effettiva conoscenza della celebrazione del processo da parte dell’imputato, la cui mancanza incolpevole – pertanto – non può essere esclusa dalla notifica allo stesso soggetto dell’avviso di conclusione delle indagini; con riguardo alla notificazione della vocatio in iudicium, è stato affermato che ai fini dell’effettiva conoscenza non è sufficiente la materiale notifica del decreto di citazione a giudizio a persona diversa dall’imputato ancorchè convivente in quanto, per questo aspetto, come affermato dalla stessa citata decisione Sez. U Innaro, il sistema di conoscenza legale in base a notifiche regolari non incide sulla questione della conoscenza effettiva del procedimento. Le enunciazioni di principio devono, tuttavia, essere lette alla luce del caso concreto ed è importante precisare che tale ultimo enunciato si attaglia al caso in cui sia stata allegata e documentata una situazione di conflittualità tra il destinatario della vocatio in iudicium e il familiare convivente che ha ricevuto l’atto, sottolineandosi il mutamento di regole rispetto al passato, ossia il superamento della rilevanza della mera regolarità formale della notificazione (Sez. 6, n. 43140 del 19/09/2019, COGNOME, Rv. 277210 – 01).
In un altro precedente di questa Corte, è stato quindi precisato, richiamando un passo di Sez. U Innaro, che la presunzione relativa di conoscenza, che le stesse Sezioni Unite fanno derivare dalle situazioni tipizzate dall’art. 420 bis, cod. proc. pen., con specifico riguardo all’ipotesi della dichiarazione/elezione di domicilio, opera soltanto nel caso in cui la notificazione della vocatio in iudicium sia avvenuta presso il domicilio indicato, ancorché non a mani del destinatario bensì di altro soggetto legittimato a ricevere l’atto (familiare convivente, portiere dello stabile, collaboratore domestico, dipendente e così via): soltanto in questo caso, infatti, in ragione della stretta relazione intercorrente tra l’imputato e colui che, per esso, ha ricevuto l’atto, è ragionevole presumere che il primo ne sia venuto a conoscenza, sì da ritenere giustificato l’onere, a suo carico, di dimostrare il contrario (Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279680 01, in cui ricorreva una delle situazioni tipiche previste dall’art. 420 bis cod. proc. pen., ovvero l’elezione di domicilio effettuata dall’indagato nel corso delle indagini preliminari, alla quale era tuttavia seguita la notificazione per “compiuta giacenza” della vocatio in iudícium).
Successivamente le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute sul tema (Sez. U n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420 – 01)
precisando che le situazioni previste dall’art. 420 bis, comma 2, cod. proc. pen. non contemplano altrettanti casi in cui opera la presunzione di conoscenza del procedimento.
6. La pronuncia di Sez. U NOME esamina il valore da attribuire alle condizioni, indicate nell’art. 420 bis, comma 2, cod. proc. pen. (dichiarazione od elezione di domicilio, previa applicazione di misura cautelare o precautelare, nomina di difensore di fiducia), atte a consentire il processo in absentia anche quando l’imputato non abbia ricevuto personalmente la notifica dell’udienza. Dopo avere dato conto dell’evoluzione normativa in tema di garanzie della partecipazione effettiva dell’imputato al processo penale, e di come il sistema previgente sia stato modificato perché inadeguato ai principi del processo equo (anche sulla scorta delle decisioni della Corte EDU, 18/05/2004, Somogyi c. Italia e 10/11/2004, Sejdovic c. Italia), le Sezioni Unite si soffermano sull’assoluta prevalenza del dato della conoscenza effettiva sul dato formale della regolarità della notifica, che ha portato il legislatore a superare il processo in contumacia, introducendo, in conformità al tradizionale principio dell’ordinamento interno che riconosce anche il pieno diritto di non partecipare al processo, il processo in assenza “volontaria” dell’imputato; diverso rispetto al processo in contumacia, che si svolgeva sulla sola base della notifica formalmente regolare, riconoscendosi all’imputato inconsapevole il solo diritto alla impugnazione. Le Sezioni Unite, nella pronuncia Ismail, evidenziano ancora che, nell’apparente linearità di tale sistema si inseriscono quei particolari “indici di conoscenza” del processo che sono: la dichiarazione o elezione di domicilio; l’applicazione di misure precautelari che abbiano portato alla udienza di convalida o la sottoposizione a misura cautelare; la nomina di un difensore di fiducia. La conclusione cui pervengono Sez. U NOME (cfr. § 8.7 della motivazione) è che «…non è in alcun modo sostenibile che gli indici dell’art. 420 bis cod. proc. pen. siano forme di presunzioni reintrodotte surrettiziamente proprio con quella normativa che intendeva superare definitivamente il sistema del processo in contumacia e della estrema valorizzazione del sistema legale delle notifiche. Non solo, difatti, non vi è corrispondenza con il testo della disposizione, ma una tale interpretazione non potrebbe mai essere consentita perché in violazione delle disposizioni convenzionali quali interpretate dalla Corte EDU». Si tratta, comunque, di situazioni che anche per Sez. U Ismail necessitano di caratteri di effettività; si fa riferimento, in tal senso, ad aspetti quali l’effic della scelta del domicilio, il consentire la misura cautelare l’effettiva conoscenza del procedimento, la realizzazione del rapporto con il difensore di fiducia che accetti la nomina. Con specifico riferimento alla dichiarazione di domicilio, le Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sezioni Unite evidenziano che l’elezione di domicilio deve essere “seria” e “reale”, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto e il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti. L’art. 420 bis, comma 2, cod. proc. pen. indica, in altre parole, i casi in cui, sul presupposto della regolarità delle notifiche, il giudice, in fase di costituzione delle parti, verificati gli avvisi, po procedere al processo ritenendo che vi sia assenza “volontaria”. Su questi presupposti si comprende che l’art. 420 bis, comma 2, cod. proc. pen., nell’ottica di una comprensibile “facilitazione” del compito del giudice, ha tipizzato i casi nei quali, ai fini della certezza della conoscenza della vocatio in ius, può essere valorizzata una notifica che non sia stata effettuata a mani proprie dell’imputato. Letto nel contesto della disposizione, quindi, «l’avere eletto domicilio, l’essere stato sottoposto a misura cautelare, avere nominato il difensore di fiducia, sono situazioni che consentono di equiparare la notifica regolare, ma non a mani proprie, alla effettiva conoscenza del processo», in quanto in tali situazioni è ragionevole ritenere che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificatogli anche non a mani proprie.
Tanto è sufficiente per ritenere manifestamente infondato il ricorso, ove si consideri che la Corte territoriale ha ritenuto inidonea a dimostrare la mancata conoscenza della vocatio in ius la certificazione di residenza anagrafica del consegnatario dell’atto, COGNOME in luogo diverso dal domicilio dichiarato dalla Lafforè. Si tratta di argomento logico ineccepibile, non essendo in discussione che il consegnatario si trovasse presso il domicilio della destinataria al momento della notificazione e non essendo stata allegata alcuna particolare situazione tale da indurre a dubitare che il Ferrari abbia a sua volta comunicato alla Lafforè l’avvenuta consegna dell’atto. E’ logico affermare che la residenza anagrafica del consegnatario qualificatosi come “familiare convivente” presso altro indirizzo non sia di per sè idonea ad escludere la conoscenza della vocatio in ius da parte della destinataria.
A ciò si aggiunge che l’asserita assenza di contatti dell’imputata con il difensore di fiducia è stata logicamente ricondotta a negligenza della COGNOME; in relazione a tale indice di conoscenza il ricorso difetta di autosufficienza in quanto si limita ad escludere la presenza del difensore all’udienza del 13/07/2017 e a reiterare l’allegazione dell’avvenuto mutamento di numero telefonico dell’assistita, senza altro aggiungere. In precedenza, la difesa aveva allegato all’istanza di rescissione, insieme alla relata di notificazione del decreto di citazione a mezzo posta all’imputata, la copia illegibile di una relazione di notifica a mezzo pec senza ulteriori specificazioni. In merito a tale profilo di censura, si attaglia al caso concreto il principio che questa Corte ha già affermato a proposito del fatto che, in tema di rescissione del giudicato, la mancata
conoscenza del processo celebrato in assenza non può ritenersi incolpevole nel caso in cui l’interessato non si sia attivato autonomamente per mantenere col difensore di fiducia contatti periodici essenziali per essere informato sullo sviluppo del procedimento (Sez. 3, n. 15124 del 28/03/2024, Z., Rv. 286146 01).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso il 12 novembre 2024
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