Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30503 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30503 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 07/02/1989
avverso la sentenza del 19/07/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento senza rinvio con trasmissione atti al Tribunale di Bologna per un nuovo giudizio udito il difensore L’avv. NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in premessa la corte di appello di Bologna riformava in senso favorevole all’imputato, limitatamente alla determinazione dell’entità del trattamento sanzionatorio, la sentenza con cui il tribunale di Bologna, in data 7.3.2025, aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione al reato di cui agli artt. 110, 624 bis, cod. pen., in rubrica ascrittogli.
Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, lamentando, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge, in relazione al disposto dell’art. 420 bis, c.p., posto che la corte di appello ha erroneamente ritenuto, rigettando l’eccezione difensiva sul punto, che il tribunale avesse correttamente dichiarato l’assenza del COGNOME nel giudizio di primo grado, procedendo alla relativa celebrazione del dibattimento, al quale il prevenuto non ha preso parte.
Rileva, in particolare, il ricorrente di essere stato tratto a giudizio innanzi al giudice di primo grado sulla base di un decreto di citazione emesso ex art. 550, cod. proc. pen., notificato presso il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME presso il quale egli aveva eletto domicilio, ai sensi dell’art. 161, co. 4, cod. proc. pen.
Tuttavia, prima dell’inizio del processo, fissato per il giorno 13.9.2021, il difensore di fiducia aveva rinunciato al mandato, con dichiarazione del 19.7.2021, ragione per la quale il successivo 22.7.2021 al Nizar era stato assegnato un difensore di ufficio nella persona dell’avv. NOME COGNOME che lo aveva assistito per l’intero dibattimento, proponendo anche appello avverso la sentenza di condanna con cui si era concluso il giudizio di primo grado.
Sulla base di tali presupposti il ricorrente eccepisce la mancata conoscenza del processo di primo grado da parte dell’imputato, in quanto, conformemente al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la formale regolarità della notifica effettuata presso il difensore di fiducia, quale domiciliatario, non è un indicatore univoco di conoscenza della vocatio in ius da parte del prevenuto, tanto più ove si consideri che nel caso in esame è intervenuta una rinuncia al mandato ancor prima dell’inizio del giudizio di primo grado e in atti non vi sono
ulteriori elementi da cui desumere che egli si sia sottratto volontariamente alla conoscibilità del processo.
Sotto questo profilo, osserva inoltre il ricorrente, rileva la circostanza, debitamente documentata, che il prevenuto è detenuto senza soluzione di continuità dal 22.6.2020, data del suo arresto, sicché, se avesse saputo del giudizio a suo carico, avrebbe probabilmente chiesto di partecipare alle udienze, anche solo per valutare la possibilità di accedere a un rito alternativo.
Né va taciuto che il Níl,w, dopo avere ricevuto la notifica a mani proprie, in carcere, del decreto di citazione per il giudizio di appello, primo atto attraverso il quale ha avuto conoscenza della pendenza del processo a suo carico, ha prontamente nominato un difensore di fiducia, chiedendo di partecipare all’udienza innanzi alla corte di appello-
Con requisitoria scritta del 16.4.2025, da valere come memoria, essendo stata chiesta, nelle more, la discussione in forma orale del ricorso, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, nella persona del dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso venga accolto.
Il ricorso va rigettato, essendo infondato, per le seguenti ragioni, il motivo che lo sorregge.
4.1. La questione giuridica da risolvere attiene alla legittimità della dichiarazione di assenza dell’imputato, che, secondo la doglianza del ricorrente, il giudice di primo grado avrebbe adottato in assenza dei presupposti previsti dall’art. 420 bis, cod. proc. pen., in quanto, nella prospettiva difensiva, la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado effettuata a mani del difensore di fiducia del Nazir, presso il quale quest’ultimo aveva eletto domicilio nel corso delle indagini preliminari, essendo intervenuta rinuncia al mandato difensivo da parte del suddetto difensore di fiducia prima della celebrazione del giudizio, non avrebbe consentito al prevenuto di avere effettiva conoscenza della pendenza del processo a suo carico innanzi al tribunale e, di conseguenza, di parteciparvi personalmente, in modo da esercitare il suo diritto di difesa.
4.2. Al riguardo vanno svolte alcune considerazioni di carattere generale.
4.2.1. L’art. 23, comma 1, lett. c), d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 15 – in attuazione dei criteri posti dall’art. 1, comma 7, legge 27 settembre 2021, n. 134 (contenente la delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari) – ha riformulato il testo dell’art. 420-bis, cod. proc. pen., prevedendo che si proceda in assenza dell’imputato nelle ipotesi in cui «a) l’imputato è stato citato a comparire a mezzo di notificazione dell’atto in mani proprie o di persona da lui espressamente delegata al ritiro dell’atto; b) ha espressamente rinunciato a comparire o, sussistendo un impedimento ai sensi dell’articolo 420-ter, ha rinunciato espressamente a farlo valere» (comma 1); ovvero quando il giudice «ritiene altrimenti provato che lo stesso ha effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all’udienza è dovuta ad una scelta volontaria e consapevole» (con la precisazione che «a tal fine il giudice tiene conto delle modalità della notificazione, degli atti compiuti dall’imputato prima dell’udienza, della nomina di un difensore di fiducia e di ogni altra circostanza rilevante» (comma 2); infine, «anche fuori dai casi di cui ai commi 1 e 2, quando l’imputato è stato dichiarato latitante o si è in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo» (comma 3).
Come è stato opportunamente evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultima, in particolare, Sez. 5, n. 809 del 28/09/2023, Rv. 285780), in conseguenza dell’intervento riformatore (cfr. Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, p. 279) è oggi possibile procedere in assenza solo se consti la conoscenza da parte dell’imputato del «processo», segnatamente della vocatio in ius, e non del «procedimento» (segnatamente della fase delle indagini preliminari) e che la mancata comparizione dell’imputato sia frutto di una scelta volontaria di non parteciparvi: sotto tale profilo la riforma ha inteso disporre in conformità alla Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (cfr. Relazione cit., p. 280), e a ben vedere ha prediletto gli approdi della giurisprudenza di legittimità che aveva individuato il presupposto per procedere in assenza (già alla luce
della disciplina anteriore) in «una situazione di piena conoscenza personale (o comprovato rifiuto) della chiamata in giudizio» (cosi Sez. U n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, 279420, che ha argomentato pure alla luce di Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716, in tema di restituzione nei termini, e ha ricostruito l’evoluzione normativa alla luce della giurisprudenza della Corte E.D.U., a partire dalla sentenza 12/02/1985, Colozza c. Italia, nonché della citata Direttiva; cfr. Sez. 3, n. 48376 del 09/11/2022′ Naouar, Rv. 284062; cfr. pure Sez. 6, n. 34523 del 11/05/2023, Safi, Rv. 285177; Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279680 – 01). E ciò in maniera convergente con la nuova disciplina – efficacemente definita rafforzata -delle notificazioni degli atti introduttivi del giudizio (cfr. in particolare il nuovo art. 157-ter cod. proc. pen., inserito in attuazione dell’art. 10, comma 1, lett. I), d.lgs. n. 150 del 2022, che regola la notificazione degli atti in discorso all’imputato non detenuto) e la più ampia sfera operativa, pure frutto della riforma, dei rimedi (che si affiancano all’istituto della rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen.) nei casi in cui emerga che la dichiarazione di assenza è avvenuta in mancanza dei presupposti o l’imputato fornisca la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non essere potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto, ivi compresa la restituzione nel termine per impugnare (cfr., in particolare, i novellati artt. 604, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater), e 623, comma 1, lett. b-bis), cod. proc. pen., nonché 175, comma 2.1, cod. proc. pen.)”.
4.2.2. Nel caso che ci occupa, tuttavia, la dichiarazione di assenza è stata resa all’udienza dibattimentale celebratasi in data 13.9.2021, dunque, ben prima della entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia, con la conseguenza che la disciplina applicabile è quella antecedente all’intervento riformatore, ai sensi della disposizione transitoria prevista dall’art. 89 d.lgs., n. 150/2022, secondo il cui disposto “Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione,
di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato”.
Occorre, GLYPH pertanto, GLYPH brevemente soffermarsi GLYPH sulla elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte, formatasi in relazione al disposto del precedente testo dell’art. 420-bis, comma 1 e 2, cod. proc. pen, secondo cui “1. Se l’imputato, libero o detenuto, non è presente all’udienza e, anche se impedito, ha espressamente rinunciato ad assistervi, il giudice procede in sua assenza.
2. Salvo quanto previsto dall’articolo 420-ter, il giudice procede altresì in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo”.
A tal fine appare utile partire dalle riflessioni svolte dalle Sezioni Unite Penali con le sentenze n. 28912 del 28 febbraio 2019, COGNOME, Rv. 275716, e n. 23984 del 28 novembre 2019, Ismail, Rv. 279420. Con tali arresti le Sezioni Unite si sono occupate, tra l’altro, delle situazioni tipizzate nell’art. 420 bis, comma 2, cod. proc. pen., nel testo vigente prima della entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, e, in particolare, della rilevanza da attribuire, ai fini della dichiarazione di assenza, agli indici sintomatici della conoscenza del processo costituiti dalla dichiarazione od elezione di domicilio; dalla sottoposizione dell’imputato ad arresto, fermo o misura cautelare; dalla nomina di un difensore di fiducia.
Come è stato chiarito nella menzionata decisione delle Sezioni Unite “Innaro”, «La nuova disciplina prevede che vi sia la necessaria effettiva conoscenza del processo perché si possa procedere. Inoltre, non valorizza la “colpa” in generale nella mancata acquisizione della notizia del processo ma introduce previsioni di alcune particolari situazioni tipiche in cui l’interessato (con la dichiarazione, elezione domicilio, sottoposizione a misura cautelare e, comunque, la nomina di un
difensore di fiducia) ha avuto adeguata contezza delle accuse e, quindi, ha un onere di “tenersi informato”».
Particolare attenzione, tra i casi tipizzati di “conoscenza”, viene dedicata alla dichiarazione, all’elezione di domicilio e alla nomina di un difensore di fiducia, atti tutti, che «appaiono prima facie indicare un livello di conoscenza del procedimento anche nella fase iniziale da cui deriva una sorta di onere a carico della parte di “tenersi informato”. È quindi un livello di conoscenza ritenuto adeguato alla partecipazione al processo».
Pertanto solo al di fuori dei suddetti casi «è richiesta o la notifica personale dell’avviso della “udienza”, quindi soltanto la vocatio in iudicium, o la certezza di conoscenza del “procedimento”.
Si ribadisce che il processo in assenza non prevede alcuna forma di “conoscenza presunta” ma solo, a determinate condizioni, la “volontaria sottrazione” alla conoscenza.
Tale volontaria sottrazione alla conoscenza è, invero, oggetto di una presunzione relativa in caso di inottemperanza all’onere di informazione che deriva dalle situazioni tipizzate dall’art. 420-bis cod. proc. pen., con possibilità per l’assente di fornire prova contraria».
Il tema viene ripreso dalla richiamata Sez. U “NOME“, relativa a un caso, diverso da quello in esame, in cui l’imputato, uno straniero non residente in Italia, ritenuto dedito al trasporto di immigrati clandestini, dopo il suo arrivo in Italia con un “barcone”, nel corso dei primi atti di polizia giudiziaria, aveva eletto domicilio presso il difensore di ufficio nominatogli in quel contesto, per poi divenire irreperibile.
Il principio affermato al riguardo dalle Sezioni Unite è che ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa.
Quel che preme evidenziare in questa sede è l’interpretazione che le Sezioni Unite “RAGIONE_SOCIALE” forniscono alla rilevanza da attribuire ai casi tipizzati di “conoscenza” del processo contemplati dall’art. 420 bis, co. 2, cod. proc. pen., ai fini della celebrazione in assenza.
Orbene, pur muovendosi nel solco della precedente decisione “Innaro”, con la sentenza “Ismail” le Sezioni Unite hanno escluso la natura di «presunzioni di conoscenza della vocatio in ius del tutto astratte da una conoscenza effettiva», delle situazioni tipizzate ex art. 420-bis, co. 2, cod. proc. pen., che, invece, «necessitano di caratteri di effettività rispetto alle modalità con cui sono realizzate», come, ad esempio, l’efficacia della scelta del domicilio, l’attitudine della misura cautelare disposta nei confronti dell’imputato ad assicurargli l’effettiva conoscenza del procedimento, la realizzazione del rapporto con il difensore di fiducia, che accetti la nomina.
Approfondendo lo sguardo sulla menzionata disposizione normativa, le Sezioni Unite “RAGIONE_SOCIALE” hanno chiarito «che l’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., nell’ottica di una comprensibile “facilitazione” del compito del giudice, ha tipizzato dei casi in cui, ai fini della certezza della conoscenza della vocatio in ius, può essere valorizzata una notifica che non sia stata effettuata a mani proprie dell’imputato.
Letto nel contesto della disposizione, quindi, l’aver eletto domicilio, l’essere stato sottoposto a misura cautelare, aver nominato il difensore di fiducia, sono situazioni che consentono di equiparare la notifica regolare ma non a mani proprie alla effettiva conoscenza del processo. Non si tratta, quindi, di una presunzione che consenta di ritenere conosciuto il processo e non più necessaria la prova della notifica, ma di casi in cui, nelle date condizioni, è ragionevole ritenere che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificato secondo le date modalità».
In conclusione «l’art. 420-bis cod. proc. pen. estende la possibilità di procedere in absentia ai casi in cui, ricorrendo le date situazioni, tali da giustificare una esigibile diligenza dell’interessato, la notifica sia stata “possibile” a mani di soggetti diversi dall’interessato. In questi soli casi, si “tipizza” la certezza di conoscenza della chiamata in giudizio per il dato giorno Con una tale interpretazione, fedele al dato testuale ed alla ratio, il sistema risulta pienamente conforme ai principi e alla evoluzione di quanto già era stato raggiunto nel 2005: si procede solo a fronte della certezza della conoscenza del processo (o della volontaria sottrazione alla conoscenza). Vi corrisponde anche la disciplina della rescissione del giudicato che (pur ragionevolmente non potendo certo
escludersi che venga dedotto l’errore di valutazione del giudice nel considerare la parte a conoscenza della chiamata in giudizio) fa chiaramente riferimento non al superamento di una presunzione ma alla indicazione di vicende concrete, non note al giudice, che hanno impedito la partecipazione al processo».
Sulla questione ritorna Sezioni Unite, n. 15498 del 26 novembre 2020, Lovric, Rv. 280931, chiamata ad affrontare il diverso tema del rapporto tra l’incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., e la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen.
In tale arresto, invero, le Sezioni Unite hanno fatto proprio l’orientamento, secondo cui «l’art. 629-bis, cod. proc. pen., si pone in stretta correlazione con le previsioni dell’art. 420-bis, cod. proc. pen., offrendo una forma di tutela all’imputato non presente fisicamente in udienza, mediante la possibilità di proposizione di un mezzo straordinario di impugnazione, che realizza la reazione ripristinatoria del corretto corso del processo per situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, in dipendenza dell’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo stesso, che non siano state intercettate e risolte in precedenza in sede di cognizione. Ignoranza che non deve essere a lui imputabile, né come voluta diserzione delle udienze, né come colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere.
4.2.3. Alla luce dei principi sintetizzati nelle pagine precedenti, è, dunque, possibile affermare che, pur non rivestendo la natura di presunzioni di conoscenza della vocatio in ius del tutto astratte da una conoscenza effettiva, i casi tipizzati di conoscenza ex art. 420-bis, co. 2, cod. proc., assumono indiscutibile rilievo, sotto un duplice profilo.
Da, un lato, infatti, essi consentono di conseguire certezza in ordine alla conoscenza della vocatio in ius, da parte dell’imputato, pur in assenza di una notifica effettuata a mani proprie di quest’ultimo, in quanto, in presenza di tali condizioni, è ragionevole ritenere che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificato secondo modalità diverse dalla notifica a mani proprie, come, per l’appunto, nel caso in cui la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado sia stata effettuata presso il domicilio del difensore di fiducia
nominato dall’imputato, in uno con l’elezione di domicilio presso il suddetto difensore, nella fase delle indagini preliminari.
Dall’altro, una volta che si sia “tipizzata” la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio per un determinato giorno, in conseguenza del verificarsi di una delle situazioni previste dall’art. 420-bis cod. proc. pen., sorge a carico dell’imputato un onere di “esigibile diligenza”, che si concretizza in un onere di “tenersi informato”.
In questa prospettiva, come si è visto, le Sezioni Unite “RAGIONE_SOCIALE” hanno evidenziato che, pur non potendo escludersi la denuncia dell’errore di valutazione del giudice nel considerare la parte a conoscenza della chiamata in giudizio, come accaduto nel caso in esame, l’imputato potrà sempre far valere attraverso la richiesta di rescissione del giudicato, ai sensi dell’art. 629 bis, cod. proc. pen., la presenza di vicende concrete, non note al giudice, che gli hanno impedito la conoscenza del processo, non consentendogli di parteciparvi.
In tale ottica ermeneutica, si è così ritenuto, in una decisione piuttosto risalente, che, in tema di processo in assenza, l’ignoranza incolpevole, rilevante ai sensi dell’art. 6 della CEDU, è esclusa in tutti i casi in cui l’imputato, attraverso singoli atti della progressione processuale quali l’elezione di domicilio, la nomina di un difensore di fiducia oppure l’arresto, il fermo o la sottoposizione a misura cautelare, sia venuto a conoscenza dell’esistenza del procedimento a suo carico, derivando da ciò un onere di diligenza di mantenere i contatti con il proprio difensore di fiducia (cfr. Sez. II, 20 novembre 2020, n. 34041, Rv. 280305).
In un più recente arresto, si è affermato il principio, secondo cui, per superare l’indice di effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza, costituito dalla nomina di difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio, occorre che il condannato alleghi quantomeno la sussistenza di situazioni che, dopo la nomina del difensore di fiducia, gli abbiano impedito di seguire le vicende del procedimento penale che lo riguardavano, precisandosi, inoltre, che deve trattarsi di un’allegazione non generica, dovendo invece colui che intende provare la sua incolpevole mancata conoscenza del prosieguo del procedimento penale a suo carico, nonostante la nomina di un difensore di fiducia e l’elezione di domicilio presso lo stesso, “spiegare in maniera circostanziata – anche se non provare – il rapporto che sussiste
tra il fatto occorsogli e il venir meno della possibilità di seguire la vicenda processuale a suo carico” (cfr. Sez. IV, 23 marzo 2022, n. 13236, Rv. 283019).
Ne consegue che non può vanificarsi il valore attribuito dall’art. 420-bis, co. 2, cod. proc. pen., all’elezione di domicilio, alla nomina di un difensore di fiducia ed agli altri casi tipizzati ivi indicati, semplicemente prospettando, come, pur in presenza di tali atti e, in particolare della nomina di un difensore di fiducia intervenuta nella fase delle indagini preliminari con contestuale elezione di domicilio presso di lui per le notificazioni degli atti processuali, il rapporto fiduciario tra imputato e difensore, di cui tali atti sono inequivocabile manifestazione, non sia, in realtà, effettivo, senza alcuna indicazione di circostanze ulteriori sulla base delle quali sia possibile affermare che l’imputato non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che tale mancata conoscenza non sia dipesa da un ingiustificato disinteresse per la vicenda processuale (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 19630 dell’1.4.2025, n.m.).
Pertanto, se è vero, come è stato affermato in sede di interpretazione del disposto dell’art. 420 bis, co. 3, cod. proc. pen., nella formulazione introdotta dalla c.d. riforma Cartabia, che, in tema di volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo, non si richiede “nessun automatismo, nessuna presunzione, nessuna esasperazione dell’onere di informazione, nessuna eccessiva estensione degli oneri di diligenza e di attivazione dell’imputato o del condannato – al fine di essere messo a conoscenza dell’accusa nei suoi confronti – in ragione della nomina di un difensore di fiducia, con elezione di domicilio presso lo studio di questi, conferita in una fase non già di vocatio in iudicium, quanto, piuttosto, nello svolgimento delle indagini preliminari e divenuta, successivamente, priva di effetti concreti per un evento peculiare quale la rinuncia al mandato (cfr., Sez. 6, n. 24729 del 07/03/2024, Rv. 286712), è altrettanto vero, come si è già detto, che in presenza della nomina di un difensore di fiducia intervenuta nella fase delle indagini preliminari con contestuale elezione di domicilio presso di lui per le notificazioni degli atti processuali e dell’avvenuta regolare notifica del decreto di citazione a giudizio presso il suddetto difensore, la mancata conoscenza della vocatio in ius da parte dell’imputato non può
affermarsi solo in ragione del successivo venir meno del rapporto fiduciario tra l’imputato e il difensore presso il quale egli aveva eletto domicilio.
Tanto premesso, applicando i principi ora enunciati al caso in esame, non si ravvisa la denunciata violazione di legge.
Come si evince dalla motivazione della sentenza oggetto di ricorso, infatti, non contestata sul punto dal ricorrente, e dalla lettura degli atti, consentita essendo stato dedotto un error in procedendo, il Nt 31f, in data 24.9.2019, in sede di redazione del verbale di polizia giudiziaria ex artt. 349 e 161, cod. proc. pen., nominava quale difensore di fiducia l’avv. NOME COGNOME con contestuale elezione di domicilio per la notifica degli atti processuali presso lo studio del suddetto difensore.
In data 30.1.2020 era stato emesso decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti del ricorrente per l’udienza del 13.9.2021, che era stato notificato in data 31.1.2020 al difensore di fiducia, in proprio e come domiciliatario del Nazir.
Solo in data 19.7.2021 il difensore di fiducia aveva formalmente rinunciato al mandato, dimostrando, in tal modo, di avere accettato l’incarico professionale conferitogli e l’effettiva sussistenza del rapporto professionale con il ricorrente, che, per l’appunto, poteva essere risolto solo attraverso una rinuncia all’incarico professionale ricevuto, rapporto che in assenza di elementi di segno opposto, deve ritenersi effettivamente sorto il 24.9.2019 e durato sino al 19.7.2021, quando intervenne la rinuncia al mandato.
Di conseguenza quando il decreto di citazione a giudizio è stato regolarmente notificato presso lo studio del difensore di fiducia, si è cristallizzata in capo al Ní zarla conoscenza della vocatio in ius, senza che la successiva rinuncia al mandato, intervenuta, si badi, a distanza di quasi due anni dalla nomina fiduciaria e dall’elezione di domicilio, possa ritenersi idonea a far venir meno tale conoscenza, anche in ragione dell’onere di tenersi informato configurabile a carico del ricorrente, che, in definitiva, per un lungo periodo di tempo si è disinteressato delle sorti del processo, non dimostrando quel minimo di diligenza che sarebbe stata esigibile nei suoi confronti.
Né, al riguardo, assume rilievo lo stato di detenzione cui il Nt2-2r è stato sottoposto, a partire dal 22.6.2020, successivamente, dunque,
all’avvenuta notifica del decreto di citazione a giudizio presso il domicilio eletto, in quanto tale condizione non gli impediva di mettersi in contatto
con il suo difensore di fiducia, che solo dopo un anno da tale momento avrebbe rinunciato al mandato ricevuto, come dimostrato indirettamente
dalla circostanza che lo stato di detenzione non ha certo impedito al ricorrente, come si è visto, di nominare un difensore di fiducia nel
momento in cui ebbe a ricevere la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello mentre si trovava in carcere.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 14.5.2025.