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Processo in assenza: la nomina del legale non basta

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione della Corte d’Appello, stabilendo che, ai fini di un valido processo in assenza secondo la Riforma Cartabia, la mera nomina di un difensore di fiducia non è sufficiente a dimostrare la conoscenza effettiva del procedimento da parte dell’imputato. La Suprema Corte ha sottolineato la necessità di elementi concreti che diano la certezza della conoscenza della pendenza del processo e di una scelta volontaria di non partecipare, rinviando il caso per una nuova valutazione più approfondita.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Processo in Assenza: la Nomina del Difensore Non Basta a Provare la Conoscenza del Processo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nel diritto processuale penale, specialmente alla luce della Riforma Cartabia: per celebrare un processo in assenza, non è sufficiente che l’imputato abbia nominato un difensore di fiducia. È necessaria la prova certa della sua effettiva conoscenza del procedimento. Questa decisione chiarisce i nuovi e più stringenti requisiti per procedere senza l’imputato, rafforzando le garanzie difensive.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un cittadino straniero condannato in primo grado dal Tribunale. Il processo si era svolto in sua assenza, poiché, pur avendo nominato un avvocato di fiducia durante la fase delle indagini ed eletto domicilio presso il suo studio, non aveva mai avuto contatti diretti con il legale. A seguito della condanna, divenuta definitiva, l’imputato presentava una richiesta di rescissione del giudicato, sostenendo di non aver mai avuto conoscenza del processo a suo carico.

La Corte d’Appello rigettava la richiesta, ritenendo che la nomina del difensore e l’elezione di domicilio fossero elementi sufficienti a fondare una presunzione di conoscenza. Secondo i giudici di secondo grado, l’imputato aveva mostrato un’inerzia colpevole, non attivandosi per mantenere i contatti con il proprio legale e, di conseguenza, si era volontariamente posto nella condizione di non ricevere notizie sul procedimento. Contro questa decisione, il difensore proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il processo in assenza

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza della Corte d’Appello e rinviando il caso per un nuovo esame. La Cassazione ha chiarito che, con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), le regole per il processo in assenza sono state rese significativamente più rigorose. L’obiettivo del legislatore è stato quello di superare le vecchie presunzioni, richiedendo al giudice di accertare in modo concreto che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza sia il frutto di una scelta volontaria e consapevole.

L’impatto della Riforma Cartabia sul Processo in Assenza

La Corte ha evidenziato come il nuovo testo dell’art. 629-bis del codice di procedura penale sposti l’onere della prova. Non è più l’imputato a dover dimostrare la sua incolpevole mancata conoscenza, ma è sufficiente che provi di essere stato dichiarato assente senza i presupposti richiesti dall’articolo 420-bis c.p.p. La celebrazione del processo è legittima solo se esistono elementi idonei a dare la “certezza” che l’imputato sia a conoscenza della vocatio in iudicium.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Cassazione ha smontato il ragionamento della Corte d’Appello, definendolo basato su presunzioni non più ammissibili. La mera nomina di un difensore di fiducia, soprattutto se avvenuta in una fase iniziale e fluida come quella delle indagini preliminari, e la semplice regolarità formale delle notifiche presso il suo studio, non costituiscono prova sufficiente della conoscenza effettiva del processo.

Richiamando anche precedenti pronunce delle Sezioni Unite (come la nota sentenza “Ismail”), la Corte ha ribadito che elementi formali, come l’elezione di domicilio, non possono automaticamente tradursi in una prova di conoscenza. Al contrario, il giudice deve verificare l’esistenza di un effettivo rapporto professionale tra l’imputato e il suo legale, tale da far ritenere con certezza che il primo sia stato informato dell’avvio del processo.

Trasformare la “mancata diligenza” informativa dell’imputato in una “volontaria sottrazione” al processo è un’operazione logica non consentita, che riporterebbe in vita le vecchie presunzioni che la riforma ha inteso superare. La Corte d’Appello, quindi, ha errato nel non effettuare una verifica sostanziale, limitandosi a un controllo formale e attribuendo all’imputato una colpa per non aver mantenuto i contatti con il legale.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento garantista fondamentale: il diritto dell’imputato a partecipare al proprio processo è un pilastro del giusto processo. La decisione impone ai giudici un dovere di controllo più stringente e sostanziale prima di dichiarare l’assenza. Non basta più la correttezza formale degli atti; occorre accertare, attraverso dati fattuali concreti, che l’imputato sia stato messo nelle condizioni di conoscere il processo e abbia deliberatamente scelto di non presenziare. La nomina di un avvocato, senza un rapporto professionale attivo e dimostrabile, resta un indizio troppo debole per sacrificare un diritto così fondamentale.

Dopo la Riforma Cartabia, la nomina di un difensore di fiducia è sufficiente per procedere con un processo in assenza?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mera nomina di un difensore di fiducia, specialmente se avvenuta in fase di indagini e senza successivi contatti, non è di per sé sufficiente a dimostrare la conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato.

Cosa deve verificare il giudice prima di dichiarare un imputato assente?
Il giudice deve verificare, sulla base di elementi concreti e non di mere presunzioni, che vi sia la certezza che l’imputato abbia avuto conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza sia dovuta a una sua scelta volontaria e consapevole. Deve quindi andare oltre la regolarità formale delle notifiche.

Cosa succede se viene provato che un imputato, condannato in assenza, non era a conoscenza del processo?
L’imputato può chiedere la rescissione del giudicato, ovvero un mezzo di impugnazione straordinario che consente di annullare la sentenza di condanna e ottenere un nuovo processo, come accaduto nel caso di specie in cui la Cassazione ha annullato con rinvio la decisione di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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