Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2772 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2772 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MODENA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/se COGNOME e le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Modena, con sentenza emessa in data 25/10/2018, irrevocabile il 19/1/2019, ha affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 110, 56, 393 cod. pen. (capo “a” della rubrica), 61 n 2 e 624 cod. pen. (capo “h” della rubrica); 61 n. 2, 582 cod. pen. (capo “e” della rubrica).
Il processo si è svolto in assenza dell’imputato.
L’esponente ha investito la Corte di appello di Bologna della richiesta di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 629bis cod. proc. pen., rappresentando di avere appreso la notizia della esistenza della condanna dal difensore che lo aveva assistito in altro procedimento e che lo aveva reso edotto, in data 14/11/2022, della condanna annotata nel certificato del casellario giudiziale.
La Corte di appello di Bologna ha rigettato la richiesta con ordinanza del 16/6/2023.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, articolando un motivo unico, nel quale ha dedotto la violazione dell’art. 629-bis cod.proc.pen. per non essere stata riconosciuta, in capo ad esso ricorrente, l’incolpevole mancata conoscenza del processo celebrato in sua assenza.
All’uopo rappresenta che la Corte di appello non ha tenuto conto della rinuncia al mandato intervenuta da parte del difensore di fiducia all’atto della notifica dell’avviso 415-bis cod. proc. pen., motivata proprio sull’assenza di contatti tra difensore e assistito.
Le circostanze della vicenda in esame rivelerebbero come non si sia instaurato alcun rapporto fiduciario ed informativo tra il difensore ed il ricorrente.
Nel tracciare i confini di ammissibilità del processo in assenza, la Corte di Cassazione ha rimarcato la necessità che l’indagato abbia conoscenza del processo e non semplicemente dell’esistenza di un’indagine a suo carico. Il sistema richiede, quindi, che la parte sia personalmente informata del contenuto dell’accusa e della vocatio in iudicium; il processo in assenza, infatti, è ammesso solo quando vi sia certezza della conoscenza da parte dell’imputato.
L’assenza dell’imputato nel giudizio è stata dichiarata sulla base di un mero formalismo, non avendo il Giudice per le indagini
preliminari neppure disposto la notifica ad opera della Polizia giudiziaria, come previsto dall’art. 420-quater cod. proc. pen. nella formulazione vigente all’epoca dello svolgimento del processo. I principi richiamati dalla Corte di appello di Bologna sono assolutamente estranei al caso concreto esaminato, caratterizzato da una rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia e da notifiche al difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., senza che il giudice abbia mai disposto la notifica ad opera della Polizia giudiziaria.
È consolidato il principio in base al quale l’imputato non possa essere dichiarato assente nel caso di nomina di un difensore di fiducia non accettata, o per la quale sia intervenuta rinuncia prima ancora dell’inizio del processo. L’imputato non potrà essere dichiarato assente nel caso in cui non abbia eletto domicilio presso il difensore d’ufficio o nel caso in cui la notifica non sia stata disposta personalmente, ad opera della Polizia Giudiziaria, presso il domicilio dichiarato.
Apodittica appare l’affermazione della Corte d’appello di Bologna laddove contesta a COGNOME di non aver comunicato all’Autorità giudiziaria procedente alcun mutamento del domicilio dichiarato. Non vi è prova certa che, al momento della notifica dell’atto di citazione a giudizio, il COGNOME avesse effettivamente mutato il proprio domicilio, considerato che manca l’attività di notifica ad opera della P.G.; in secondo luogo, non è chiaro a quale A.G. l’imputato avrebbe dovuto comunicare l’asserito mutamento, visto che il verbale di identificazione redatto dai Carabinieri della Stazione di Modena, non riportava neppure gli estremi del procedimento penale instaurando, tanto meno l’indicazione dell’Autorità giudiziaria procedente. In ogni caso, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza COGNOME, hanno ribadito che per la sussistenza della volontà di sottrarsi alla conoscenza del processo devono essere individuate condotte positive, sorrette dall’elemento soggettivo, da accertarsi in concreto, non assumendo rilevanza comportamenti omissivi meramente colposi. Vi deve essere, pertanto, certezza sulla volontarietà di sottrarsi alla conoscenza del giudizio.
Ciò che è precluso, in ogni caso, è qualsivoglia automatismo nella dichiarazione di assenza dell’imputato. La «manifesta mancanza di diligenza informativa» imputata al ricorrente deve eventualmente essere corroborata da ulteriori circostanze, suscettibili di dimostrare
che l’imputato abbia fatto ricorso a precisi espedienti per sottrarsi al processo, ad esempio scientemente indicando un recapito inesistente, inveritiero o inadeguato; non potrà dirsi tale, invece, il solo fatto che l’imputato abbia soltanto dimenticato di comunicare, magari a distanza di anni dalla relativa dichiarazione o elezione, un sopravvenuto mutamento di domicilio. È, dunque, priva di pregio la decisione del Giudice della rimessione nella parte in cui fa derivare la volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento da una mancanza di diligenza.
Nel caso de quo, la Corte di appello di Bologna ha disatteso una serie di evidenze documentali determinanti per il giudizio di rescissione, dalle quali emerge limpidamente la mancanza della prova della consapevolezza del giudizio.
Risulta dagli atti che il difensore fiduciario non ha espletato alcuna attività professionale nel suddetto procedimento, emergendo già nella richiesta di rinvio a giudizio del 18/5/2016 e nel decreto che dispone il giudizio del 24/11/2016 la nomina del difensore d’ufficio. E’ certo, pertanto, che, antecedentemente all’emissione del primo atto contenente la vocatio in iudicium il COGNOME fosse sprovvisto di un effettivo difensore di fiducia. Agli atti, poi, non si rinvengono notifiche contenenti la vocatio in iudicium; la cartolina dell’avviso di mancata consegna, evidentemente riferita al decreto di citazione a giudizio per l’udienza del 4 maggio 2017, diretta al prevenuto nel domicilio eletto in INDIRIZZO, attesta, con una formale dicitura, l’irreperibilità del destinatario perché trasferito senza che sia stata tuttavia disposta una nuova notifica ad opera della P.G. per accertare, nella sostanza, l’eventuale inidoneità del domicilio dichiarato.
La Corte d’Appello sorvola sulla circostanza della palese erroneità dell’ordinanza di constatazione dell’assenza pronunciata dal G.i.p. di Modena in data 24/11/2016, laddove “spunta”, nel foglio prestampato, l’incompleta ed incongruente dicitura “ha dichiarato o eletto domicilio presso il difensore”.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni che seguono.
Occorre, per maggiore chiarezza della questione che occupa, ripercorrere sinteticamente la vicenda che ha riguardato l’insorgenza del procedimento e l’instaurazione del giudizio a carico del ricorrente. La Corte di appello, nel provvedimento impugnato, ha posto in rilievo che:
il 9 dicembre 2012 veniva redatto verbale di identificazione del COGNOME, il quale, avuta contezza della querela sporta nei suoi confronti da COGNOME NOME per violenza privata, sequestro di persona e lesioni personali, dichiarava domicilio presso la propria abitazione in Modena, alla INDIRIZZO, e nominava difensore di fiducia l’AVV_NOTAIO;
pur risultando alla data del 25/02/2016 ancora anagraficamente residente presso il domicilio dichiarato, il COGNOME non veniva ivi reperito in data 1/4/2016, all’atto della notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen.; pertanto, la notifica dell’avviso predetto era eseguita presso il difensore d’ufficio all’uopo nominato a seguito della rinuncia al mandato depositata dal difensore di fiducia il 29/03/2016;
AVV_NOTAIO, nel depositare la rinuncia al mandato, evidenziava di conoscere il COGNOME, ma di non essere stata contattata da costui a seguito della nomina, precisando di essere a conoscenza del fatto che il COGNOME non fosse più residente al domicilio dichiarato.
Da tali circostanze fattuali la Corte territoriale ha dedotto che il COGNOME si fosse consapevolmente sottratto alla conoscenza del processo.
In diritto, l’istituto della rescissione del giudicato è destinato ad offrire tutela all’imputato non presente fisicamente in udienza, attraverso la previsione di un mezzo straordinario di impugnazione diretto al superamento dei giudicato ed alla nuova instaurazione ab initio del processo in situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, dipesa dall’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo per cause che non siano state comprese e risolte in precedenza in sede di cognizione.
L’art. 420-bis cod. proc. pen., a cui è necessario fare riferimento nella comprensione dell’istituto, attesa l’intima connessione con l’art. 629-bis cod. proc. pen., nel disciplinare il regime dell’assenza, individua alcune situazioni che, pur non rappresentando delle presunzioni di conoscenza del giudizio, costituiscono tuttavia elementi sulla scorta dei quali il giudice può condurre l’accertamento circa
l’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. In particolare, è legittimo procedere in assenza dell’imputato non solo quando sia accertata l’effettiva conoscenza del processo, ma anche quando, sulla scorta di positivi comportamenti dell’imputato, sia accertata la sua volontaria sottrazione alla conoscenza del processo. Tale ultimo profilo è quello che interessa esaminare nel caso che occupa alla luce dei criteri ermeneutici dettati dalla giurisprudenza di legittimità.
Secondo il dettato dell art. 629-bis cod. proc. pen., nella versione vigente all’epoca di celebrazione del giudizio a carico dell’imputato, prima delle modifiche apportate dal d.lgs 150/22, «il condannato (…) con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo».
Come detto in precedenza, la norma deve essere letta congiuntamente con quanto previsto dall’art. 420-bis cod. proc. pen., riguardante l’assenza dell’imputato, che, al primo comma, prevede che si proceda in assenza se vi è stata espressa rinuncia da parte dell’imputato e, al secondo comma, individua i casi in cui si procede in assenza pur se non vi è stata alcuna manifestazione espressa da parte dell’imputato («il giudice procede altresì in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo»).
Bisogna quindi COGNOME intendersi sul significato di “volontaria sottrazione”, la cui definizione discende dalla valutazione di aspetti in fatto, non predeterminati, la quale sfugge al sindacato della Corte di cassazione ove sia sorretta da motivazione congrua, non manifestamente illogica ed incoerente.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno più volte evidenziato lo stretto legame esistente fra l’art. 629-bis, l’art. 625-ter e l’art. 420bis del codice di rito: nella lettura offerta dalla sentenza n. 32848 del
17/07/2014, COGNOME, Rv. 259990, confermata anche da Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931, l’art. 629-bis si pone in stretta correlazione con le previsioni di cui all’art. 420-bis, onde è necessario ricavare dal coordinamento fra le due disposizioni e dalla funzione assegnata all’istituto della rescissione le coordinate per ricostruire il significato della suddetta formula.
La norma di cui all’art. 420-bis, a sua volta, va ricollegata al successivo art. 420-quater cod. proc. pen. (“Sospensione del processo per assenza dell’imputato”), secondo il quale, se non ricorrono le condizioni dell’art. 420-bis cod. proc. pen., «…. il giudice rinvia l’udienza e dispone che l’avviso sia notificato all’imputato personalmente …».
Il tema della effettiva conoscenza del processo e del portato del coordinamento dell’istituto della rescissione con il regime dell’assenza ha formato oggetto di diverse pronunce delle Sezioni Unite, susseguitesi in un breve arco temporale.
Con la sentenza n. 28912 del 28/2/2019, AVV_NOTAIO, Rv. 275716, le Sezioni Unite furono chiamate a pronunciarsi sulla nozione di “effettiva conoscenza del procedimento” – alla quale l’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella previgente formulazione (introdotta dal d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, conv. dalla legge 22 aprile 2005, n. 60, e poi modificata con la legge 28 aprile 2014 n. 67), ricollegava effetti preclusivi alla restituzione in termini per l’impugnazione e ne trassero spunto per tracciare i confini di ammissibilità del processo in absentia in termini coerenti con le indicazioni provenienti dalla normativa e dalle pronunce delle Corti sovranazionali ivi specificamente richiamate. In tale contesto ebbero ad affermare che un processo svoltosi in assenza può considerarsi conforme all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, solo se l’imputato ne abbia avuto conoscenza effettiva, non essendo sufficiente a tal fine che egli fosse informato dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico.
Muovendo da tali premesse, precisarono che la conoscenza del processo è garantita solo dalla conoscenza di un provvedimento formale di “vocatio in iudiciunn”, contenente l’indicazione dell’accusa formulata nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio;
chiarirono anche come tale conoscenza non potesse essere soltanto presunta.
Con riferimento all’art. 420-bis cod. proc. pen. ed alle situazioni ivi tipizzate, ritennero operante una presunzione di volontaria sottrazione alla conoscenza del processo, precisando, tuttavia, che tale presunzione è soltanto relativa, potendo essere superata ove l’imputato (nel caso previsto dall’art. 420-bis, co. 4, cod. proc. pen.) o il condannato (nel caso previsto dall’art. 629-bis co. 1 cod. proc. pen.) dimostrino la “incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo”.
Secondo il dictum di COGNOME AVV_NOTAIO, dunque, se da un lato non basta la regolarità delle notifiche o la nomina del difensore di fiducia a dare certezza in ordine alla conoscenza del procedimento, grava comunque sull’imputato l’onere di provare la sua incolpevole mancata conoscenza dei successivi sviluppi dello stesso.
Le Sezioni Unite COGNOME (Sez. Un., n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420) sono ritornate sul tema della valenza delle condizioni indicate nell’art. 420-bis, co. 2, cod. proc. pen. atte a consentire il processo in absentia anche quando l’imputato non abbia ricevuto personalmente notifica dell’udienza (dichiarazione od elezione di domicilio, previa applicazione di misura cautelare o precautelare, nomina di difensore di fiducia).
Dopo avere dato conto dell’evoluzione normativa in tema di garanzie della partecipazione effettiva dell’imputato al processo penale e delle ragioni delle modifiche del sistema previgente (sulla scorta delle decisioni della Corte EDU del 18 maggio 2004, COGNOME c. Italia e 10 novembre 2004, COGNOME c. Italia), si sono soffermate sull’assoluta prevalenza del dato della conoscenza effettiva sul dato formale della regolarità della notifica, che ha portato il legislatore anche ad introdurre la nuova disciplina della restituzione in termini, fino alla riforma di cui alla legge 28 aprile 2014, n. 67 con la quale, al dichiarato scopo di introdurre maggiori garanzie di effettività della partecipazione al processo, si è giunti al definitivo superamento del processo in contumacia, per effetto della introduzione del processo in assenza “volontaria” dell’imputato.
In linea generale l’imputato deve essere portato direttamente e personalmente a conoscenza della vocatio in ius, restando in sua facoltà la mancata partecipazione al processo. Solo in tale caso il giudizio si svolge in sua assenza, venendo l’imputato rappresentato
dal suo difensore. Nel caso in cui, invece, non sia acquisita la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio, il processo dovrà essere sospeso.
Le Sezioni Unite, nella pronuncia COGNOME, hanno evidenziato che, nell’apparente linearità di tale sistema si inseriscono – il che rileva ai fini della valutazione del caso in esame – quei particolari “indici di conoscenza” del processo rappresentati dalla dichiarazione od elezione di domicilio, dall’applicazione di misure cautelari e dalla nomina di un difensore di fiducia.
La conclusione cui pervengono le Sezioni Unite COGNOME (cfr. § 8.7 della motivazione) è che “…non è in alcun modo sostenibile che gli indici dell’art. 420-bis cod. proc. pen. siano forme di presunzioni reintrodotte surrettiziamente proprio con quella normativa che intendeva superare definitivamente il sistema del processo in contumacia e della estrema valorizzazione del sistema legale delle notifiche”.
Nella successiva disamina hanno escluso che si tratti di situazioni suscettibili di rivelare, sulla base di un mero automatismo, casi di “volontaria sottrazione” alla conoscenza del processo, richiedendosi una valutazione in ordine alla loro effettività da parte del giudice investito della richiesta di rescissione del giudicato.
Successivamente alla pronuncia delle COGNOME NOME è intervenuta la sentenza a Sezioni Unite n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, NOME, Rv. 280931, che ha ribadito come l’art. 629-bis cod. proc. pen. sia una “norma di chiusura del sistema” con la quale si persegue “l’obiettivo del travolgimento del giudicato e dell’instaurazione ab initio del processo, quando si accerti la violazione dei diritti partecipativi dell’imputato”.
Richiamando i principi contenuti nella sentenza COGNOME, la sentenza COGNOME ha affermato che l’accertata ricorrenza delle situazioni previste dall’art. 420-bis, co. 2, cod. proc. pen., non esime il giudice della rescissione dal compito di valutare la sintomaticità dei comportamenti tenuti dall’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo, specie nel caso in cui egli abbia avuto cognizione della pendenza del procedimento. Ne consegue che, allorquando l’imputato alleghi l’ignoranza del processo a lui non imputabile, il giudice della rescissione è chiamato a valutare, al di fuori di ogni presunzione, se la decisione di procedere in assenza sia stata assunta nel pieno rispetto delle norme processuali e non si versi in un caso in
cui il giudice della cognizione avrebbe dovuto rinviare o sospendere il processo ai sensi degli artt. 420-ter e 420-quater cod. proc. pen.
Ciò perché, come evidenziato anche da Sez. 5, n. 31201 del 15/9/2020, Ramadze, Rv. 280137 – espressamente richiamata e condivisa dalla stessa sentenza COGNOME – il requisito della “incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo” ha il significato di “escludere all’assente pur sempre volontario l’accesso ad un nuovo giudizio, a colui cioè che si sia volontariamente posto nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, dimostrando così implicitamente di non volervi partecipare”.
5. Tutto ciò premesso in termini generali, sulla base delle circostanze illustrate nella motivazione della ordinanza impugnata (richiamate nel precedente paragrafo 2), la Corte territoriale ha posto in evidenza come il ricorrente, oltre a non avere comunicato all’A.G. procedente il mutamento di domicilio (la qual cosa avrebbe potuto realizzare con comunicazione ai carabinieri che lo avevano identificato), non abbia ottemperato all’onere di diligenza su di lui gravante di prendere contatti con il difensore di fiducia che aveva nominato nell’ambito del procedimento e che egli conosceva, come attestato nella comunicazione dello stesso difensore.
Sulla scorta dei richiamati elementi fattuali, la Corte territoriale ha escluso che la mancata conoscenza del processo da parte del COGNOME fosse stata determinata da “ignoranza incolpevole”, essendo essa ascrivibile, al contrario, ad una precisa volontà dell’imputato di sottrarsi alla conoscenza del processo.
Plurimi indici, dunque, sono stati posti a fondamento del convincimento espresso dai giudici in motivazione, a cui si è accompagnata nel provvedimento impugnato la considerazione della mancata allegazione nella richiesta di rescissione di elementi idonei a dimostrare la ricorrenza di impedimenti ad informare l’A.G. del cambio di residenza e ad instaurare contatti con il difensore di fiducia nominato.
La motivazione così espressa oltre ad essere coerente con le risultanze rappresentate in motivazione, risponde ai criteri ermeneutici stabiliti in questa sede.
Ed infatti, in capo all’interessato, consapevole della pendenza di un procedimento, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che si configuri un preciso onere di diligenza che si declina nel dovere di
informarsi sullo stato della progressione del medesimo procedimento, anche nelle fasi successive a quella investigativa (cfr. Sez. 2 n. 34041 del 20/11/2020, Kebaili, Rv. 280305: “In tema di processo in assenza, l’ignoranza incolpevole, rilevante ai sensi dell’art. 6 della CEDU, è esclusa in tutti i casi in cui l’imputato, attraverso singoli atti della progressione processuale quali l’elezione di domicilio, la nomina di un difensore di fiducia oppure l’arresto, il fermo o la sottoposizione a misura cautelare, sia venuto a conoscenza dell’esistenza del procedimento a suo carico, derivando da ciò un onere di diligenza di mantenere i contatti con il proprio difensore, ancor più se nominato di fiducia”; Sez. 4 n. 10238 del 03/03/2020, Rv. 278648, secondo cui “in tema di rescissione del giudicato, deve escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo nel caso in cui risulti che l’imputato abbia, nel corso dell’identificazione da parte della polizia giudiziaria, prima ancora dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, eletto domicilio presso il difensore di ufficio, derivando da ciò una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento”; conformi Sez. 4 n. 32065 del 07/05/2019, Rv. 276707; Sez. 2 n. 39158 del 10/09/2019, Rv. 277100; Sez. 4 n. 10238 del 03/03/2020, Rv. 278648).
Ebbene, delle coordinate ermeneutiche enunciate la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione, dando conto in modo logico e coerente della decisione adottata.
Il punto focale, che sfugge alla considerazione del ricorrente nella critica alla motivazione, riguarda la possibilità di individuare nel comportamento serbato dall’imputato un colpevole disinteresse per le sorti del procedimento che lo aveva attinto, della cui esistenza egli era al corrente, e la mancata allegazione delle ragioni che gli hanno impedito di informarsi, di comunicare il cambio di domicilio e di attivarsi presso il difensore di fiducia nominato.
Su tali profili la motivazione fornita dalla Corte distrettuale appare del tutto congrua e non meritevole di essere censurata. Il giudice della rescissione ha posto in evidenza come il ricorrente avesse dichiarato un domicilio rivelatosi inidoneo e che nella progressione del procedimento a suo carico avesse omesso di comunicare la successiva variazione, mancando anche di fornire adeguate giustificazioni che potessero chiarire le ragioni per le quali
egli si era trovato nella impossibilità di comunicare la variazione del domicilio dichiarato.
Vero è, come rimarcato dalla difesa nel ricorso, che l’art. 420quater cod. proc. pen. prevede che, quando il giudice della cognizione non abbia raggiunto la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio da parte dell’imputato, debba disporre la notifica «personalmente ad opera della polizia giudiziaria», tuttavia, la disposizione trova applicazione fuori dei casi di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen.
Ove, come nella fattispecie concreta in esame, non ricorrano ragioni per ritenere che fosse intervenuta una mancata conoscenza dell’udienza, il giudice non è tenuto ad attivare la procedura della notificazione mediante Polizia giudiziaria. Il rilievo è comunque superato dalla instaurazione del procedimento volto ad ottenere la rescissione del giudicato, deputato a risolvere i casi di mancata partecipazione del soggetto accusato al giudizio dipesa dall’ignoranza incolpevole.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma, così deciso il 24 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente