LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Processo in absentia: domicilio non basta

Un cittadino straniero, condannato per inottemperanza a un ordine di espulsione, ha impugnato la sentenza sostenendo di non aver mai avuto conoscenza del procedimento. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna, stabilendo che per un valido processo in absentia, la semplice elezione di domicilio non è sufficiente. Il giudice deve verificare l’effettiva conoscenza della vocatio in iudicium da parte dell’imputato o la sua volontaria sottrazione al processo, altrimenti deve sospenderlo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Processo in absentia: perché l’elezione di domicilio non basta?

Il processo in absentia rappresenta una delle questioni più delicate del diritto processuale penale, bilanciando l’esigenza di celebrare i processi con la tutela del diritto di difesa dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la semplice elezione di domicilio non è una prova sufficiente per ritenere che l’imputato sia a conoscenza del processo. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un cittadino straniero condannato in primo grado dal Giudice di Pace per il reato di inottemperanza a un ordine di espulsione. L’imputato, tuttavia, non era mai comparso in aula. La sua difesa ha impugnato la sentenza, sostenendo la nullità della decisione proprio perché pronunciata nei confronti di un imputato assente che non aveva mai avuto effettiva conoscenza della chiamata in giudizio.

Durante le prime fasi delle indagini, l’uomo aveva dichiarato un domicilio, ma successivamente si era allontanato rendendosi irreperibile, tanto da essere cancellato dall’anagrafe della popolazione residente. La notifica del decreto di citazione a giudizio era avvenuta per compiuta giacenza presso quel domicilio, ma senza alcuna prova che l’imputato ne fosse mai venuto a conoscenza.

La Decisione della Corte sul Processo in Absentia

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna e rinviando il caso al Giudice di Pace per un nuovo giudizio. I giudici supremi hanno sottolineato che il sistema del processo in absentia, introdotto dalla riforma del 2014, presuppone che l’imputato sia stato portato a conoscenza certa e personale della vocatio in iudicium.

La possibilità di procedere in assenza si fonda sulla “consapevolezza” dell’imputato, non su presunzioni legali. L’elezione di domicilio è considerata un “indice di conoscenza”, ma non una prova assoluta. Spetta al giudice il compito di verificare, caso per caso, se questo e altri elementi dimostrino che l’imputato sappia del processo o si sia volontariamente sottratto ad esso.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la dichiarazione di domicilio, per essere un valido presupposto per procedere in assenza, deve corrispondere a un collegamento “serio e reale” tra la persona e il luogo eletto. Se questo collegamento viene meno, come nel caso di specie dove l’imputato era divenuto irreperibile, la notifica formale, pur valida, non garantisce l’effettiva conoscenza dell’atto.

Il legislatore ha voluto superare il vecchio meccanismo del processo contumaciale, basato su notifiche meramente formali, per rafforzare le garanzie partecipative. Pertanto, in assenza di prove concrete che l’imputato abbia ricevuto la notifica o sia al corrente del procedimento, il giudice non può dichiararne l’assenza. Invece, deve disporre la sospensione del processo ai sensi dell’art. 420-quater del codice di procedura penale, ordinando nuove ricerche per rintracciare l’imputato.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di civiltà giuridica: nessuno può essere giudicato senza avere avuto la concreta possibilità di difendersi. L’elezione di domicilio non può trasformarsi in una trappola processuale. Il giudice ha il dovere di accertare scrupolosamente la sussistenza dei presupposti per il processo in absentia, garantendo che la celebrazione del giudizio non avvenga a discapito dei diritti fondamentali dell’imputato. La decisione ha importanti implicazioni pratiche, specialmente nei casi che coinvolgono soggetti vulnerabili o di difficile reperibilità, imponendo all’autorità giudiziaria un onere di verifica rafforzato prima di procedere in loro assenza.

La semplice elezione di domicilio è sufficiente per dichiarare un imputato assente e procedere con il processo in absentia?
No, la Cassazione chiarisce che la dichiarazione o elezione di domicilio è solo un “indice di conoscenza”. Non basta a fondare la certezza che l’imputato sia a conoscenza del procedimento.

Cosa deve fare il giudice prima di procedere in assenza dell’imputato?
Il giudice deve verificare, anche in presenza di un domicilio eletto, che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza della chiamata in giudizio (vocatio in iudicium) o si sia volontariamente sottratto alla stessa. Deve esaminare altri indici, come l’instaurazione di un rapporto professionale con il difensore.

Cosa succede se non si raggiunge la prova della conoscenza del processo da parte dell’imputato?
Se non vi è la certezza che l’imputato sia a conoscenza del procedimento a suo carico, il processo non può svolgersi in sua assenza e deve essere sospeso, come previsto dall’art. 420-quater del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati