Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4935 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4935 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il 25/06/1986
avverso la sentenza della Corte di cassazione del 03/04/2024;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricors0;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga accolto con annullamento senza rinvio delle sentenze di primo e di secondo grado e trasmissione degli atti al Tribunale di Torre Annunziata per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 16819 del 3 aprile 2024 emessa dalla Sez. 2 di questa Corte è stato dichiarato inammissibile il ricorso presentato da COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 2 ottobre 2023 che, in riforma di quella di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per l’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 642 cod. pen. al
predetto ascritto. Nel ricorso COGNOME aveva eccepito la nullità della sentenza di appello perché illegittimamente pronunciata nell’assenza dell’imputato.
1.1. La Sez. 2 della Cassazione ha ritenuto il ricorso «inammissibile per la violazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. Va preliminarmente rilevato che la sentenza della Corte di appello è stata pronunciata nell’assenza dichiarata dell’imputato, per come illustrato dallo stesso difensore. A fronte di tale evenienza, l’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. richiede che l’impugnazione sia presentatkdal difensore munito di procura speciale. Procura speciale che non risulta conferita all’Avvocato che ha proposto l’impugnazione nell’interesse di Barreca. Da qui discende l’inammissibilità del ricorso, dovendosi ribadire che «In tema di impugnazioni, la causa di inammissibilità di cui all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., nella parte in cui si riferisce alla necessità di depositare lo specifico mandato a impugnare, si applica anche al ricorso per cassazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che dalla sussistenza di tale onere anche nel giudizio di legittimità non consegue alcuna lesione ai principi costituzionali e convenzionali del giusto processo, ben potendo l’imputato, che provi che la propria assenza è dovuta alla mancata conoscenza incolpevole del processo, far ricorso ai plurimi rimedi restitutori suscettibili di reintegrarlo nelle opzioni processuali che non è stato in grado di esercitare)» (Sez. 2 – , Sentenza n. 47327 del 03/11/2023, COGNOME, Rv. 285444 – 01)».
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso straordinario Barreca, deducendo un unico motivo con il quale rileva che il procedimento di appello si era svolto all’udienza del 2 ottobre 2023 in presenza dell’imputato e dunque non era necessario uno specifico mandato ad impugnare, mandato che comunque era stato conferito al difensore di fiducia e depositato unitamente all’atto di impugnazione di legittimità in data 13 dicembre 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso straordinario è fondato.
Questa Corte ha rilevato che «in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.» (così, Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686 – 01 nonché, da ultimo, Sez. 6, ord,. n. 28424 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283667 – 01).
2.1. In particolare, la pronuncia delle Sezioni Unite ora citata (richiamandosi a quanto già indicato dalla precedente Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280) ha rilevato che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso; alla luce di tale principio si è precisato che: «1) qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; 2) sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie».
2.3. E’ stato poi chiarito che «l’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625 bis cod. proc. pen. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo; ne deriva che rimangono del tutto estranei all’area dell’errore dì fatto – restando quindi fermo, con riguardo ad essi, il principio di inoppugnabilità dei provvedimenti della Corte di cassazione – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali» (Sez. 4, n. 3367 del 04/10/2016 – dep. 23/01/2017, COGNOME, Rv. 268953-01; Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, COGNOME, Rv. 273193 – 01).
Dagli atti prodotti dal ricorrente risulta che il giudizio di appello si è svolt alla presenza dell’imputato COGNOME (così espressamente indica il verbale dell’udienza del 2 ottobre 2023 nel corso della quale si è proceduto alla revoca della precedente dichiarazione di assenza). Pertanto, non sussisteva il presupposto, indicato nel comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., per richiedere a pena di inammissibilità lo specifico mandato a impugnare, rilasciato
dopo la pronuncia della sentenza e recante la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato. Alla luce di tale elemento documentale, risulta erronea anche l’indicazione nella sentenza di appello del Barreca come “assente”.
3.1. In ogni caso – come dimostrato dalla allegazione del ricorrente l’originario ricorso per cassazione era corredato dal mandato specifico a impugnare la sentenza di appello, rilasciato dopo la medesima. E’ vero che detto mandato non recava l’elezione di domicilio (neppure come mera indicazione della presenza degli stessi in atti) ma si è precisato che mentre anche nel giudizio di cassazione è necessario, sempre in caso di imputato giudicato in assenza, lo specifico mandato a impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, l’onere di allegare all’atto di impugnazione l’elezione o la dichiarazione di domicilio, previsto anch’esso dal comma 1-quater a pena di inammissibilità, opera nel solo caso in cui l’impugnazione generi la necessità di notificare il decreto di citazione a giudizio e, quindi, solo qualora si presenti un atto di appello, a nulla rilevando che l’impugnante sia stato, o meno, dichiarato assente nel precedente grado di giudizio (Sez. 2, n. 47927 del 20/10/2023, Giuliano, Rv. 285525 – 01).
3.2. Pertanto, sotto entrambi i profili ora indicati, è da ritenersi integrato l’errore percettivo da parte della sentenza di legittimità impugnata con il rimedio straordinario, in base al quale si è ritenuta – erroneamente – operativa la disciplina dell’art. 581 comma 1-quater cod. proc. pen. e, conseguentemente, è stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione.
Ciò premesso, ritiene il Collegio condivisibile l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui «in tema di ricorso straordinario per errore di fatto, disponendo l’art. 625-bis, comma 4, cod. proc. pen. che la Corte di cassazione, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore, la definizione della procedura non deve necessariamente articolarsi nelle due distinte fasi dell’immediata caducazione del provvedimento viziato e della successiva udienza per la celebrazione del rinnovato giudizio sul precedente ricorso per cassazione, potendosi adottare un’immediata pronuncia della decisione, che, se di accoglimento del ricorso, sostituisce la precedente» (da ultimo, Sez. 2, n. 48327 del 24/10/2023, COGNOME, Rv. 285586 – 01). Pertanto, – come richiesto dal PG nella sua requisitoria scritta – è possibile passare direttamente alla fase rescissoria e, quindi, al nuovo giudizio di legittimità sull’originario ricorso per cassazione.
4.1. Al riguardo, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 02/10/2023, in riforma di quella di primo grado (emessa dal Tribunale di Torre Annunziata in data 24 maggio 2018), ha, su gravame degli imputati, dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME (e del coimputato COGNOME NOMECOGNOME in ordine al reato
loro ascritto (frode ex art. 642 c.p.), perché estinto per intervenuta prescrizione, confermando nel resto l’impugnata sentenza.
Avverso la sentenza di appello COGNOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso, deducendo due motivi. Con il primo motivo, ha eccepito violazione di legge in relazione agli artt. 178 e 179 cod. proc. pen. e 420-ter cod. proc. pen. per avere la Corte territoriale emesso la sentenza impugnata all’esito di un giudizio svoltosi in assenza dell’imputato. Il ricorrente ha denunciato la nullità della sentenza pronunciata senza che ricorressero i presupposti per la legittima celebrazione del processo in absentia, attesa la mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del giudizio. Col secondo motivo si deduce vizio di motivazione per motivazione assente o insufficiente in ordine alla ritenuta responsabilità penale.
Il primo motivo è fondato.
6.1. Dalla sentenza di appello risulta che venne tentata la notifica del decreto di citazione a giudizio per il primo grado presso il domicilio eletto dall’imputato Barreca, ex art. 161 c.p.p., e non essendo stato il medesimo reperito a quell’indirizzo, la notifica è avvenuta presso il difensore nominato di ufficio. Nel giudizio di primo grado, l’imputato è restato assente e la questione è stata dedotta dal difensore di ufficio. Ferma restando la regolarità formale della notifica ex art. 161, comma 4, occorre dunque verificare il rispetto – da parte dei giudici di merito – della previsione di cui all’art. 420 bis cod. proc. pen., secondo cui in caso di notificazioni non a mani proprie o di persona delegata ovvero di espressa rinuncia a comparire, laddove l’imputato non compaia, il giudice procede in assenza “anche quando ritiene altrimenti provato che lo stesso ha effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all’udienza è dovuta ad una scelta volontaria e consapevole. A tal fine il giudice tiene conto delle modalità della notificazione, degli atti compiuti dall’imputato prima dell’udienza, della nomina di un difensore di fiducia e di ogni altra circostanza rilevante”.
6.2. Nella specie, la difesa – di ufficio – aveva eccepito in primo grado che tale requisito non sussisteva, doglianza reiterata in appello e, infine, nel ricorso per cassazione.
6.3. Sul punto, il Collegio reputa condivisibili le osservazioni formulate dal PG di legittimità nella requisitoria scritta, secondo cui «La ritualità della notifica non è di per sé sufficiente, occorrendo la certezza della conoscenza da parte dell’imputato del contenuto dell’accusa e del giorno e luogo dell’udienza. Di conseguenza non è possibile dichiarare l’assenza, se manca il ragionevole convincimento della conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato. L’art. 420-quater cod. proc. pen., a riprova che il sistema è incentrato sulla
effettività della conoscenza, prevede che il giudice, quando non ha la certezza che la mancata partecipazione sia addebitabile a libera determinazione, deve disporre che l’avviso sia notificato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. Il giudice, al fine di garantire che il processo in assenza sia legittimamente condotto, è, quindi, chiamato a verificare se la mancata comparizione dell’imputato sia riconducibile esclusivamente ad una sua scelta libera che consegue alla conoscenza effettiva del provvedimento di vocatio in iudicium. La mancata presenza in udienza può, infatti, costituire chiara espressione della abdicazione del diritto a partecipare solo ove possa essere ricondotta univocamente ad una libera rinuncia dell’imputato ad esercitare il suo diritto. Come indicato dalle Sezioni Unite, NOME «l’articolo 420-bis per la difesa dai “finti” inconsapevoli valorizza, quale unica ipotesi in cui possa procedersi oltre, pur se la parte ignori la vocatio in ius, la volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento». Si deve trattare all’evidenza di condotte positive, di vicende concrete che hanno impedito la partecipazione al processo, rispetto alle quali è necessario un accertamento in fatto, perché, come già indicato, l’articolo 420-bis non “tipizza” e non consente di tipizzare alcuna condotta particolare che possa ritenersi tale, pena il ritorno alle vecchie presunzioni (cfr. in tal senso Cass., sez. un., n. 14573 del 2022). Nel caso di specie dalla non controversa ricostruzione dei fatti si evince che l’imputato non ha avuto conoscenza della citazione in giudizio e non emerge ragione di una sua volontaria sottrazione alla conoscenza del processo. Risulta infatti che si è proceduto in assenza a fronte di una notifica ex art. 161, comma 4, al difensore d’ufficio per irreperibilità del destinatario al domicilio dichiarato. Non emerge, inoltre, che vi è stata un’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra l’imputato e il difensore d’ufficio, anche se lo stesso è regolarmente comparso in udienza. Non emergono elementi per ritenere realizzate le condizioni di un rapporto di informazione tra il legale e il suo assistito che consenta di ritenere che lo stesso avesse avuto effettiva consapevolezza dell’inizio del processo a suo carico. Considerata la necessità che la conoscenza da parte del destinatario dell’atto di citazione debba essere effettiva, non può ritenersi sufficiente la notificazione sostitutiva al difensore in mancanza di un reale contatto informativo con l’assistito non solo al momento della nomina, ma per tutto il decorso processuale. Nel momento in cui si è proceduto in assenza dell’imputato non vi era pertanto la prova dell’effettiva conoscenza della vocatio in ius da parte del Barreca. Come fondatamente dedotto dal ricorrente nel primo motivo di ricorso, la Corte di appello avrebbe dovuto annullare la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 604, comma 5-bis, cod. proc. pen.». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Pertanto, la celebrazione del processo, in assenza delle condizioni di cui all’art. 420-bis, commi 1 e 2, cod. proc. pen., determina, in virtù dell’art. 604,
comma 5-bis, cod. proc. pen., la nullità della decisione di primo grado e, di conseguenza, di quella di appello.
7.1. Non si ravvisano i presupposti per accogliere il secondo motivo di ricorso, relativo all’affermazione della responsabilità dell’imputato. Infatti, si è già precisato che «a fronte di una sentenza di appello confermativa della declaratoria di prescrizione, il ricorso per cassazione che deduca la mancata adozione di una pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., deve individuare i motivi che permettano di apprezzare “ictu oculi”, con una mera attività di “constatazione”, l'”evidenza” della prova di innocenza dell’imputato, idonea ad escludere l’esistenza del fatto, la sua commissione da parte di lui, ovvero la sua rilevanza penale» (da ultimo, Sez. 6, n. 33030 del 24/05/2023, COGNOME, Rv. 285091 – 01). Nella specie, il ricorrente si è limitato a contestare l’affermazione di responsabilità, a fronte del conforme accertamento in tal senso dei Giudici di merito, proponendo una ricostruzione alternativa dei fatti, non proponibile in questa sede; il relativo motivo risulta dunque inammissibile.
Peraltro, non si ritiene – contrariamente a quanto richiesto dal PG nelle conclusioni scritte – necessario disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado per procedere nuovamente al relativo giudizio.
8.1. Il reato contestato al Barreca è infatti pacificamente prescritto (in data 4 settembre 2018, sulla base di quanto indicato dalla sentenza di appello a pag. 3). Questa Corte ha già precisato che il principio di immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen. opera anche nel caso in cui la causa estintiva del reato ricorra contestualmente a una nullità processuale assoluta e insanabile, a condizione che l’operatività della causa estintiva – come nella specie – non presupponga specifici accertamenti e valutazioni e sia, pertanto, idonea a definire immediatamente il procedimento (ex multis, Sez. 2, n. 1259 del 26/10/2022 – dep. 16/01/2023, COGNOME, Rv. 284300 – 01).
In conclusione, vanno – relativamente alla posizione di Barreca Sergio annullate senza rinvio entrambe le sentenze di merito. A tale pronuncia consegue la revoca delle statuizioni civili a carico del Barreca, disposte con la sentenza di primo grado emessa il 24 maggio 2018 (che, una volta annullata, non può fungere da presupposto per l’applicazione dell’art. 578 cod. proc. pen.) e confermate da quella di appello.
Revoca la sentenza n. 16819 del 3 aprile 2024 della Corte di cassazione emessa nei confronti di COGNOME NOME e, in accoglimento parziale del ricorso originario, annulla senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Napoli del ottobre 2023 nonché quella di primo grado del Tribunale di Torre Annunziata emessa il 24 maggio 2018, con riferimento alla posizione di COGNOME NOME, revocando le statuizioni civili nei confronti di quest’ultimo.
Così deciso il 19 dicembre 2024
I Consigliere estensore
Il Pnlidente