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Processo al latitante: si procede sempre in assenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2343/2024, ha stabilito che il processo al latitante deve sempre svolgersi in sua assenza. Annullata la decisione di un GIP che aveva dichiarato il non doversi procedere per irreperibilità di un imputato, nonostante questi fosse stato dichiarato latitante. La Suprema Corte ha chiarito che, in base alla nuova normativa (art. 420-bis c.p.p.), la condizione di latitanza crea una presunzione legale sulla volontà dell’imputato di sottrarsi al processo, rendendo superflua la prova della conoscenza della vocatio in iudicium.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Processo al Latitante: La Cassazione Conferma il Giudizio in Assenza

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2343 del 2024 affronta un tema cruciale della procedura penale, reso ancora più attuale dalla recente Riforma Cartabia: il processo al latitante. La Suprema Corte ha fornito un’interpretazione netta della nuova normativa, stabilendo che la dichiarazione di latitanza comporta automaticamente la celebrazione del giudizio in assenza dell’imputato, senza necessità di ulteriori verifiche sulla sua effettiva conoscenza del procedimento.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una decisione del Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Savona. Il GIP, nel corso di un’udienza preliminare, aveva emesso una sentenza di “non doversi procedere” nei confronti di due imputati, basandosi sulla loro irreperibilità ai sensi dell’art. 420-quater del codice di procedura penale.

Contro tale provvedimento, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo un’errata applicazione della legge. L’argomentazione del Pubblico Ministero si concentrava sulla posizione di uno dei due imputati: quest’ultimo, infatti, non era semplicemente irreperibile, ma era stato formalmente dichiarato latitante.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il processo al latitante

Il ricorrente ha evidenziato che la condizione di latitanza dell’imputato avrebbe dovuto condurre a una conclusione diversa. Secondo l’accusa, la dichiarazione di latitanza si basava su elementi oggettivi e inequivocabili: la nomina di un difensore di fiducia, il rilascio di una procura speciale per la scelta di riti alternativi e la presentazione di un’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Questi atti dimostravano, se non una conoscenza diretta del processo, quantomeno una chiara volontà di sottrarsi alla giustizia.

Di conseguenza, il GIP avrebbe dovuto applicare l’articolo 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, che impone al giudice di procedere “in assenza” quando l’imputato è stato dichiarato latitante.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, annullando la sentenza impugnata e rinviando il caso al Tribunale di Savona per un nuovo giudizio.

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione del nuovo testo dell’art. 420-bis c.p.p., introdotto dal d.lgs. n. 150/2022. La norma prevede espressamente che «il giudice procede in assenza, anche fuori dei casi di cui ai commi 1 e 2, quando l’imputato è stato dichiarato latitante».

La Suprema Corte spiega che questa disposizione introduce una presunzione legale. Si presume, cioè, che chi si è sottratto volontariamente all’esecuzione di una misura cautelare (diventando così latitante), si stia sottraendo volontariamente anche alla conoscenza del processo a suo carico.

Questa è una scelta legislativa precisa, che deroga al principio generale secondo cui, per procedere in assenza, è necessario accertare l’effettiva conoscenza della vocatio in iudicium (la citazione in giudizio) da parte dell’imputato. La latitanza, di per sé, è considerata una condizione sufficiente per procedere. Pertanto, nel caso del processo al latitante, non è più rilevante né la prova della conoscenza effettiva dell’atto di citazione, né la sua irreperibilità nella fase del giudizio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza chiarisce un punto fondamentale della Riforma Cartabia, rafforzando gli strumenti per contrastare l’elusione della giustizia. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Automatismo Processuale: La dichiarazione di latitanza innesca un automatismo. Il processo deve proseguire in assenza, senza che il giudice debba compiere ulteriori accertamenti sulla conoscenza del procedimento da parte dell’imputato.
2. Certezza del Diritto: Viene fornita una regola chiara che impedisce decisioni di “non doversi procedere” in casi dove la sottrazione alla giustizia è manifesta e formalizzata con una dichiarazione di latitanza.
3. Prevalenza della Funzione Giurisdizionale: La norma e la sua interpretazione da parte della Cassazione affermano il principio che la volontaria sottrazione alla giustizia non può paralizzare l’esercizio della funzione giurisdizionale.

Cosa succede se un imputato viene dichiarato latitante durante le indagini?
Secondo la nuova normativa (art. 420-bis, comma 3, c.p.p.), il giudice è tenuto a procedere con il giudizio in sua assenza.

Per procedere contro un latitante, è necessario dimostrare che conosceva l’atto di citazione a giudizio?
No. La sentenza chiarisce che la dichiarazione di latitanza è di per sé sufficiente per procedere in assenza, poiché la legge presume che chi si sottrae a una misura cautelare voglia sottrarsi anche alla conoscenza del processo.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del GIP?
Perché il GIP aveva erroneamente dichiarato il “non doversi procedere” per irreperibilità, ignorando che l’imputato era stato dichiarato latitante e che, pertanto, il processo doveva proseguire in sua assenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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