Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47359 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47359 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il 02/12/1965
avverso l’ordinanza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso “per la conversione del ricorso per cassazione in opposizione, con trasmissione degli atti al giudice dell’impugnazione competente”.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 18 marzo 2024 la Corte di appello di Venezia, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata da NOME COGNOME per ottenere:
la revoca ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen. della sentenza del G.u.p. dei Tribunale di Padova, in data 6 giugno 2007, parzialmente riformata dalla Corte di appello di Venezia con pronuncia del 20 novembre 2008, divenuta irrevocabile il 20 novembre 2008, per abolizione del reato di cui all’art. 71 d.P.R. n. 309 del 1990;
la rideterminazione della pena inflitta dalla sentenza della Corte di appello di Venezia in data 8 febbraio 2023, irrevocabile il 13 aprile 2023, per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 a seguito della declaratoria di incostituzionalità di tale norma incriminatrice da parte della Consulta con decisione n. 40 del 2019.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, avv. NOME COGNOME deducendo due motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo denuncia la violazione dei commi terzo e quarto dell’art. 666 cod. proc. pen. , ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
Il Giudice dell’esecuzione ha emesso la decisione de plano senza fissare la camera di consiglio e senza dare possibilità al detenuto di conferire con il Magistrato di sorveglianza.
2.2. Con il secondo motivo denuncia ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. inosservanza dei principi enunciati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019.
Il giudice dell’esecuzione ha negato l’applicabilità della declaratoria di incostituzionalità erroneamente ritenendo che la pena inflitta al condannato fosse stata determinata in sede cognitiva partendo dal minimo edittale di sei anni, in luogo di quello di otto anni. In ogni caso, avrebbe dovuto rinnovare l’intera valutazione relativa alla commisurazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato ed assorbente.
E’ pacifico approdo della giurisprudenza di legittimità che il giudice dell’esecuzione, ove rigetti per motivi di merito tanto l’istanza di revoca per sopravvenuta “abolitio criminis” della sentenza di condanna esecutiva quanto la richiesta di rideterminazione della pena a seguito di declaratoria di incostituzionalità, deve adottare la procedura camerale prevista dall’art. 666, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 42900 del 27/09/2013, Rv. 257159 – 01; Sez. 1, n. 14040 del 27/03/2007, COGNOME, Rv. 236216; Sez. 6, n. 1759 del 16/05/1995, COGNOME, Rv. 201896).
Non può essere adottato lo schema procedimentale semplificato previsto dall’art. 667 comma 4 cod. proc. pen. posto che l’art. 676 cod. proc. pen. individua specifici i casi in cui può farsi ricorso a tale strumento tra i quali non sono annoverati quelli oggetto del presente procedimento.
E’, invece, possibile applicare l’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., che consente al giudice dell’esecuzione di dichiarare la manifesta infondatezza di una
richiesta con decreto motivato, emesso de plano, senza fissare l’udienza ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen.
La norma, però, limita tale procedura ai casi di una richiesta meramente reiterativa di una istanza già rigettata, o di una richiesta manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge, e la giurisprudenza di legittimità ne ha, da sempre, fornito una interpretazione restrittiva, a tutela dei diritti difensivi esercitabili in modo efficace solo in un’udienza svolta in contraddittorio.
E’ orientamento giurisprudenziale consolidato che in materia di esecuzione il potere di dichiarare, ex art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., l’inammissibilità di una richiesta per manifesta infondatezza derivante dal difetto delle condizioni di legge, può essere esercitato soltanto quando tale difetto sia riscontrabile in ordine a requisiti che non implichino alcuna valutazione discrezionale (ex plurimis Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260971 – 01; Sez. 5, n. 34960 del 14/06/2007, Stara, Rv. 237712 – 01), e che «Il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., soltanto quando essa sia riscontrabile per difetto delle condizioni di legge e’ cioè, per vizio di legittimità e non per ragioni di merito» (Sez. 1, n. 6558 del 10/01/2013, Rv. 254887).
Il provvedimento impugnato, tuttavia non ha fatto riferimento a nessune delle ipotesi previste dall’a. 666, comma 2, cod. proc. pen. ed ha esaminato nel merito la richiesta.
L’omessa osservanza delle forme procedurali prescritte dalla legge processuale ha dato causa ad una nullità di ordine generale a norma dell’art. 178 cod. proc. pen., lett. c) ritualmente dedotta.
Deve pertanto pronunciarsi l’annullamento dell’ordinanza con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Venezia.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Venezia.
Così deciso, in Roma 7 novembre 2024.