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Procedura esecutiva: la decisione senza udienza è nulla

Un condannato ha richiesto la revoca e la rideterminazione di alcune pene a seguito di modifiche normative e di una declaratoria di incostituzionalità. La Corte d’appello ha rigettato la richiesta senza fissare un’udienza. La Corte di Cassazione ha annullato tale provvedimento, stabilendo che in questi casi la procedura esecutiva deve garantire il contraddittorio tra le parti attraverso un’udienza camerale. La decisione presa ‘de plano’ è affetta da nullità perché non consente una valutazione completa del merito e viola il diritto di difesa.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Procedura Esecutiva: Quando la Decisione Senza Udienza è Nulla

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 47359 del 2024, ribadisce un principio fondamentale nella procedura esecutiva penale: quando si decide nel merito di un’istanza complessa, come la revoca di una sentenza per abolitio criminis o la rideterminazione della pena, è obbligatorio procedere con un’udienza in contraddittorio. Una decisione presa de plano, ovvero senza udienza, è illegittima e deve essere annullata. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni della Suprema Corte.

Il Caso in Esame

Un soggetto condannato presentava un’istanza alla Corte di appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, chiedendo due distinti interventi:
1. La revoca di una sentenza di condanna divenuta definitiva, a causa dell’abolizione del reato per cui era stato condannato (abolitio criminis).
2. La rideterminazione della pena inflitta con un’altra sentenza, a seguito di una dichiarazione di incostituzionalità della norma incriminatrice da parte della Corte Costituzionale.

La Corte di appello, anziché fissare un’udienza per discutere l’istanza, la rigettava con un’ordinanza emessa de plano, ovvero basandosi unicamente sugli atti presentati, senza sentire le parti. Contro questa decisione, il difensore del condannato proponeva ricorso per cassazione, lamentando proprio la violazione delle norme procedurali che impongono il contraddittorio.

La Procedura Esecutiva Corretta secondo la Cassazione

Il ricorso si concentrava su un punto cruciale: la Corte di appello aveva violato l’art. 666 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, di regola, il giudice dell’esecuzione deve decidere dopo un’udienza in camera di consiglio, garantendo alle parti (pubblico ministero e difensore) la possibilità di interloquire e presentare le proprie argomentazioni.

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente questa tesi, affermando che il rigetto nel merito di un’istanza come quella presentata richiede necessariamente l’adozione della procedura camerale partecipata. Le procedure semplificate, come quella de plano prevista dall’art. 667, comma 4, c.p.p., sono applicabili solo in casi specifici e tassativamente indicati dalla legge, tra i quali non rientrano né la revoca per abolitio criminis né la rideterminazione della pena a seguito di incostituzionalità.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha chiarito che il potere del giudice di dichiarare un’istanza manifestamente infondata de plano (art. 666, comma 2, c.p.p.) è strettamente limitato. Può essere esercitato solo quando l’infondatezza deriva da un palese difetto delle condizioni di legge (vizio di legittimità) e non quando la decisione implica una valutazione discrezionale e di merito. Nel caso di specie, la Corte di appello era entrata nel merito della richiesta, valutando le ragioni per cui, a suo avviso, la pena non dovesse essere rideterminata. Questo tipo di analisi richiede un confronto dialettico tra le parti, che può avvenire solo in un’udienza. L’omessa celebrazione dell’udienza ha comportato una violazione del diritto di difesa, configurando una nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178, lett. c), del codice di procedura penale.

Conclusioni

La sentenza in commento rafforza le garanzie difensive nella fase di esecuzione della pena. Stabilisce in modo inequivocabile che le decisioni che toccano il merito della libertà personale, come quelle relative alla revoca di una condanna o alla modifica di una pena, non possono essere prese con procedure sommarie che escludono il contraddittorio. L’ordinanza della Corte di appello è stata quindi annullata con rinvio, obbligando il giudice a procedere a un nuovo esame della richiesta, questa volta nel rispetto delle forme procedurali corrette, ovvero convocando un’udienza e garantendo il pieno diritto di difesa.

Quando il giudice dell’esecuzione deve necessariamente fissare un’udienza in contraddittorio?
Secondo la sentenza, l’udienza in contraddittorio (procedura camerale ex art. 666, comma 3, c.p.p.) è obbligatoria quando il giudice deve decidere nel merito su un’istanza di revoca di una sentenza per abolitio criminis o su una richiesta di rideterminazione della pena a seguito di una declaratoria di incostituzionalità.

È possibile per il giudice rigettare un’istanza di questo tipo ‘de plano’, cioè senza udienza?
No. La procedura semplificata ‘de plano’ non può essere utilizzata per rigettare nel merito istanze di questo tipo. Tale procedura è riservata a casi specifici o a decisioni di manifesta infondatezza per difetto delle condizioni di legge, che non richiedono una valutazione discrezionale.

Cosa comporta la violazione di queste regole procedurali da parte del giudice dell’esecuzione?
L’omessa osservanza delle forme procedurali, in particolare la mancata celebrazione dell’udienza quando prevista, determina una nullità di ordine generale dell’atto per violazione del diritto di difesa (art. 178, lett. c, c.p.p.). Di conseguenza, il provvedimento emesso è illegittimo e deve essere annullato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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