Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8248 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8248 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Foggia il 14/09/1978
avverso la sentenza del 31/01/2024 della Corte di appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso; lette le conclusioni del difensore, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la condanna di COGNOME NOME per il delitto di cui all’art. 624 -bis cod. pen. consistito nell’impossessarsi di un computer portatile, introducendosi nella sala parrocchiale all’interno della Chiesa di Santa INDIRIZZO.
Ricorre l’imputato , tramite il difensore, proponendo un unico motivo con il quale contesta che la sala parrocchiale possa essere assimilata la riconducibilità a un luogo di privata dimora, rilevante ai sensi dell’art. 624 -bis cod. pen.
Il ricorso, proposto entro il 30 giugno 2024, è stato trattato, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all’art. 23, comma 8 legge n. 176 del 2020 e successive modifiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il tema devoluto verte sulla riconducibilità o meno della sala parrocchiale alla nozione di luogo di privata dimora.
2.1. Il concetto di privata dimora è più esteso di quello di abitazione, anche se tra i due rileva una differenza di grado, ma non di sostanza.
La privata dimora viene in rilievo nel suo essere proiezione spaziale della persona, cioè ambito primario e imprescindibile alla libera estrinsecazione della personalità individuale: all’interno del concetto di privata dimora vanno, quindi, ricompresi luoghi che, ancorché non destinati allo svolgimento della vita familiare o domestica, abbiano comunque le caratteristiche dell’abitazione. Tanto si ricava dal piano costituzionale, laddove l’art. 14, Cost. – letto in stretta connessione con la libertà individuale – aggancia la libertà di domicilio, per un verso, al diritto di ammettere o escludere chiunque altro da un determinato luogo, e, per altro verso, al diritto alla riservatezza su quanto nei medesimi luoghi si compia.
In tal senso si è più volte espressa la giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, la quale -sulla base del presupposto rappresentato dal ‘rapporto tra la persona e un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza’ (Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Prisco) -ha affermato che rientrano nella nozione “luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare’ (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017 , COGNOME ).
In sostanza il concetto di privata dimora si ancora a tre elementi: a) l’utilizzo del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (tra cui rientra l’attività lavorativa in genere) in modo riservato e al riparo da intrusioni esterne; b) la durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, che deve essere
caratterizzato da stabilità e non da occasionalità; c) la non accessibilità del luogo da parte di estranei senza il consenso del titolare.
Da quanto precede, deriva che l’interdizione del fondo al pubblico accesso non è sufficiente ad escludere la caratterizzazione di privata dimora dello stesso: si tratta di un elemento necessario, ma non sufficiente.
Elemento necessario poiché la libera accessibilità da parte del pubblico esclude, ex se, che il luogo possa ritenersi adibito a privata dimora, in ragione della mancanza del requisito di riservatezza delle attività che ivi si svolgano. Così, si è espressa la giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n. 23641 del 29/01/2016, Della Gatta Rv. 266913 – 01 ) con riferimento all’oratorio in senso canonico, cioè ‘il luogo destinato, su licenza dell’Ordinario, al culto divino in favore di una comunità o di un gruppo di fedeli che ivi si radunano, e al quale possono accedere anche altri fedeli con il consenso de l Superiore competente’ (art. 123 codice di diritto canonico).
Elemento non sufficiente, posto che non è dato ricavare dalla sola chiusura al pubblico del luogo la qualità di privata dimora (Sez. 2, n. 23981 del 20/05/2016, Matera, Rv. 267204 – 01).
In realtà il criterio dirimente è di carattere funzionale, giacché postula che le attività che si svolgo no all’interno del luogo siano assimilabili a quelle manifestazioni di vita privata tipiche dell’abitazione, sicché esse rimandino alla proiezione spaziale della libertà personale su cui si basa l’art. 14, Cost.
In tal senso questa Corte ha riconosciuto il carattere di privata dimora della sagrestia, in quanto ‘luogo funzionale allo svolgimento di attività complementari a quelle di culto e di attività ben più riservate rispetto a quelle che si svolgono nella chiesa, tra cui la vestizione dei celebranti, la preparazione delle attività liturgiche, l’attività di ricevimento riservato di determinati fedeli da parte del parroco, l’espletamento di attività di gestione della parrocchia caratterizzate da profili di riserva tezza’ (Sez. 4, n. 13492 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 279002 -01).
Rimane ferma la necessità di esaminare in concreto le caratteristiche dell’ambiente all’interno del quale si è consumata la condotta criminosa, perché non può escludersi che all’interno di un luogo in cui si svolgano attività non funzionalmente riconducibili a manifestazioni di vita privata esistano spazi adibiti, invece, a simili attività (si pensi al bagno privato di uno studio professionale o a un locale adibito a spogliatoio).
2.2. Applicando gli illustrati principi alla fattispecie in esame, si ottiene che il giudice di appello non ha fornito adeguata motivazione sulla effettiva sussistenza, nel caso concreto, di caratteristiche idonee a connotare il locale definito ‘ sala parrocchiale ‘ come luogo di privata dimora.
La Corte distrettuale fa leva sul fatto che: a) quando non utilizzata, la sala è chiusa a chiave dal parroco che ne ha l’ esclusiva disponibilità; b) il rapporto tra la sala parrocchiale e il parroco è connotato da stabilità, trattandosi di locale destinato allo svolgimento di attività extra-canoniche, il cui ingresso è riservato a persone selezionate; c) è un luogo funzionale allo svolgimento di attività, complementari a quelle liturgiche, caratterizzate da maggiore riservatezza rispetto a quelle legate in senso stretto all’esercizio del culto dei fedeli. In particolare, si tratta di un luogo adibito alla catechesi, al ricevimento riservato di determinati fedeli da parte del parroco, nonché all’esercizio di attività ludiche con o senza il coinvolgimento di volontari.
I primi due requisiti sono -come detto -condizione necessaria, ma non sufficiente ai fini del concetto di privata dimora, sicché la loro presenza non orienta in senso risolutivo l’analisi.
Il terzo fa riferimento anch’esso ad aspetti non dirimenti, poiché non costituiscono manifestazione di vita privata né l’esercizio di attività ludiche ( se così fosse anche una sala giochi dovrebbe essere luogo di privata dimora) né il ricevimento riservato di fedeli (altrimenti anche uno studio professionale dovrebbe qualificarsi come privata dimora essendo funzionalmente dedicato al ricevimento riservato dei clienti).
3. Consegue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Il giudice di rinvio, esaminando in concreto le caratteristiche dell’ambiente , dovrà verificare se il furto sia avvenuto in uno spazio funzionalmente adibito a manifestazioni della vita privata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari. Così deciso il 14/02/2025