Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25550 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25550 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME Rocco COGNOME nato a Pescara il 28/11/1976 avverso la sentenza del 24/10/2024 della Corte d’appello di L’Aquila Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara del 15.06.2023, che condannava NOME COGNOME per il reato di furto in abitazione, avente ad oggetto beni custoditi all’interno di un borsone, posto su un motociclo, parcato all’interno della proprietà privata di Marsico Maurizio, alla pena ritenuta di giustizia, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata recidiva.
Contro l’anzidetta sentenza, l ‘ imputato propone ricorso, affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta inosservanza o erronea applicazione di legge e vizi motivazionali, in relazione alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di cui a ll’ art. 624 cod. pen. Si deduce che la Corte di merito non si sarebbe confrontata con il motivo di appello, che richiamava la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 23/03/2017, n.31345), che limita il concetto di privata dimora, per i luoghi di lavoro, a quelli costituenti area riservata alla sfera privata della persona offesa, non aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, e che, nella specie, il parcheggio, antistante lo studio medico, non poteva rientrare in tale concetto, in quanto tale luogo, al momento del fatto, era i n orario di chiusura, l’accesso era aperto al pubblico e non vi era alcun cancello all’ingresso dell’area.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
L’art. 624 bis cod.pen. -che punisce chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto, mediante introduzione in un edificio o in un altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa- intende tutelare non solo la privata dimora in sé ma, come si evince testualmente dalla formulazione della norma, anche i luoghi costituenti pertinenza di essa. ( Sez. 5, Sentenza n. 1278 del 31/10/2018, dep. 2019, Rv. 274389 -01) . Il riferimento della norma è dunque ad un luogo che sia stato adibito (in modo apprezzabile sotto il profilo cronologico) allo svolgimento di atti della vita privata, dovendo intendersi questi ultimi non limitati soltanto a quelli della vita familiare e intima (propri dell’abitazione).
2.1 Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la nozione di “privata dimora” nella fattispecie di furto in abitazione è più ampia di quella di “abitazione”, in quanto va riferita al luogo nel quale la persona compia, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata (Sez. 5, n. 30957 del 02/07/2010 -dep. 03/08/2010, COGNOME, Rv. 247765): infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che «l’ipotesi di reato delineata dall’art. 624 bis cod.pen. (introdotto dalla L. n. 128 del 2001, art. 2), in tema di furto in abitazione, esplicitamente ha ampliato la portata della previsione, così da comprendere in essa tutti quei luoghi nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata:
studi professionali, stabilimenti industriali, esercizi commerciali (Cass. 17-9-2003 n. 43671; Cass. 26-2-2003 n 18810; Cass. 18-9-2007 n. 43089; Sez. 5, Sentenza n. 2768 del 01/10/2014, dep. 2015, Rv. 262677 – 01).
Le Sezioni Unite di questa Corte (n. 31345 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 270076) hanno, poi, affermato che, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624-bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale.
Muovendo dalla lettera del testo normativo – alla luce della pronuncia del Supremo consesso – si deve affermare che, nella previsione dell’art.624 bis cod. pen., debbano includersi i luoghi che siano stati adibiti «in modo apprezzabile sotto il profilo cronologico allo svolgimento di atti della vita privata, non limitati questi ultimi soltanto a quelli della vita familiare e intima (propri dell’abitazione)», nonché i luoghi che, ancorché non destinati allo svolgimento della vita familiare o domestica, abbiano, comunque, le caratteristiche dell’abitazione. Nella sentenza si è affermato che «l’esigenza di maggior tutela dei luoghi destinati a privata dimora non viene meno solo perché il furto è commesso in orario notturno o diurno, in orario di apertura o di chiusura, oppure in presenza o in assenza di persone», dovendosi individuare nel domicilio, inteso come luogo in cui sia inibito l’accesso ad estranei e che sia tale da garantire la riservatezza, il bene giuridico tutelato dalla norma, con la precisazione che il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente. Elemento discriminante, in tal senso, è il requisito della stabilità, «perché è solo questa, anche se intesa in senso relativo, che può trasformare un luogo in un domicilio, nel senso che può fargli acquistare un’autonomia rispetto alla persona che ne ha la titolarità». In definitiva, si è ritenuto che per poter sussumere il fatto nell’ipotesi delittuosa contemplata dall’art.624 bis cod. pen. dovessero concorrere indefettibilmente tre elementi: a) l’utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) la durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) la non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare ( Sez. 5, Sentenza n. 35677 del 10/06/2022, Rv. 283593 -01).
2.2 Nella specie, la Corte territoriale, confrontandosi con il motivo di appello, con motivazione immune da vizi e censure, ha accertato che la condotta illecita è stata commessa all’interno di un’area di proprietà privata della persona offesa, dotata di un sistema di videosorveglianza, non accessibile a terzi non autorizzati,
luogo, consistente pertinenza di privata dimora, e segnatamente del luogo di lavoro della persona offesa (studio medico), in cui si svolgano non occasionalmente atti della vita privata.
2.2.1 Invero il rapporto tra cosa principale e pertinenza non attiene ad una connessione materiale o strutturale, come nell’incorporazione, ma si configura come rapporto di strumentalità e complementarità funzionale, sicché il vincolo pertinenziale può sussistere anche tra opere dotate di autonomia strutturale (Cass. Civ. Sez. 2 n. 2804 del 02/02/2017 e Sez. 2, n. 12855 del 10 giugno 2011).
Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell’appartenenza di entrambi al medesimo soggetto, nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale è necessario che il bene accessorio arrechi una “utilità” al bene principale, come appunto nella fattispecie in esame, ove l’area di proprietà privata, delimitata da un cancello, assolve appunto a tale funzione ed è strumentale e complementare alle abitazioni dello stabile contiguo.
2.2.2 Ai fini della qualificazione giuridica del fatto, nella specie non rileva la presenza o meno di persone all’interno dello studio medico al momento del furto – come in qualunque altro luogo di privata dimora, sia esso un’abitazione, una sua pertinenza o un luogo di lavoro -in quanto assumono rilievo la destinazione del sito a privata dimora, essendo il titolare – munito dello ius excludendi – libero di accedervi in qualunque momento, e la non occasionalità degli atti di vita privata che possono svolgersi all’interno di esso.
I giudici di merito hanno evidenziato che l’area , dove la moto era parcheggiata, rientra nel concetto di privata dimora, in quanto di proprietà privata della persona offesa, delimitata da un cancello e dotata di un sistema di videosorveglianza . L’area non era, dunque, aperta al pubblico, né accessibile ai terzi, senza il consenso del titolare, e costituiva pertinenza del luogo dove la persona offesa svolgeva stabilmente e in maniera non occasionale attività lavorativa, trattandosi del proprio studio medico.
La circostanza che, al momento del fatto, il cancello di ingresso fosse aperto, non vale ad escludere che l’area, in quanto privata e chiusa, non fosse accessibile da parte di terzi, senza il consenso del titolare.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 15/05/2025.